Carissimi Ottoliner, come saprete tutti benissimo la minaccia di escalation che ci ha tenuto sulle spine per tutta la scorsa settimana è stata sventata: il via libera di Washington all’utilizzo dei missili a lungo raggio USA per colpire dentro al cuore della Russia alla fine non è arrivato; purtroppo, però, non si tratta di un capitolo chiuso, ma di un semplice rinvio. Un teatrino che abbiamo già visto enne mila volte e che c’avrebbe anche abbondantemente rotto i coglioni. Ve lo ricordate il tira e molla sui carri armati? Mandagli prima gli Abrams te; no, prima i Leopard te. E poi gli F-16 mandaglieli te. No, te. Il tutto immancabilmente accompagnato da decine e decine di articoli che ci raccontavano la leggenda metropolitana dell’Occidente pieno zeppo di armi capaci di mettere fine alla guerra in un battibaleno, se solo non fosse stato per le opinioni pubbliche manipolate dalla potentissima macchina propagandistica del Cremlino. Poi alla fine, come ampiamente previsto, arrivavano i carri armati sia dell’uno che dell’altro; e pure gli F-16 e tutto quello che l’Occidente ha davvero a disposizione, ma sul campo non cambiava una seganiente. E tutte le volte il solito identico copione: qualche giorno di silenzio stampa per assestare un po’ il colpo, durante il quale la guerra scompariva dalle prime pagine della propaganda, e poi riborda, una nuova arma immaginaria e un nuovo teatrino; una sceneggiata che ormai gli italiani hanno capito alla perfezione: e così, oggi, è favorevole all’invio di nuove armi in Ucraina meno di un italiano su tre. Se ci levi quelli che campano di incarichi pubblici (che hanno bisogno della benedizione di Washington e di Bruxelles), i giornalisti del gruppo GEDI e i loro parenti, la percentuale scende a uno su dieci; alla fine ne rimarranno solo due e si chiameranno Iacopo Jacoboni e il suo ex direttore Maurizio Sambuca Molinari, che si rimette un po’ in sesto e ci riprova: Ucraina, le autocrazie armano Mosca titolava il suo esilarante editoriale di domenica su La Repubblichina. Si sentiva un po’ scalzato: negli ultimi giorni, il primo gradino del podio di leader incontrastato del suprematismo metafisico gli era stato strappato da Federico bretella Rampini e dal suo Grazie, Occidente. Si doveva rimettere in pari, anche perché l’ordine di scuderia – almeno da qui a novembre – è chiaro: Ignorate i disfattisti titola il Wall Street Journal; La strategia americana sta funzionando. Certo, “Kiev è ancora lontana dalla vittoria” ammettono, “ma gli Stati Uniti stanno raggiungendo il loro obiettivo primario: contenere il potere russo”. D’altronde, nella vita, si sa: chi s’accontenta gode. Ma mentre i pennivendoli di tutto l’Occidente collettivo si inventano tesi strampalate per accontentarsi e per godere, purtroppo c’è chi si prepara in silenzio ad affrontare quello che ci stanno preparando, che non credo ci farà godere molto: Servizi per la modellazione degli effetti delle armi nucleari sui sistemi agricoli; così si intitola l’annuncio pubblicato dallo ERDC, la divisione ingegneristica delle forze armate USA; i candidati dovranno sviluppare un modello per valutare l’impatto dell’utilizzo di armi nucleari distruttive per l’ambiente e la produzione agricola nei paesi dell’ex blocco sovietico, ma tranquilli eh? “Gli Stati Uniti stanno raggiungendo il loro obiettivo”. Ma prima di addentrarci nei meandri di questa escalation rinviata, vi ricordo di mettere un like a questo video e permetterci così di combattere (anche oggi) la nostra guerra quotidiana contro la dittatura degli algoritmi e, se ancora non lo avete fatto, anche di iscrivervi a tutti i nostri canali prima che chiudano quello che sta proprio sulla piattaforma che più amavate, com’è è successo di nuovo anche domenica con il canale Youtube di RED, Revolutionary Educational Documentaries, un piccolo canale di approfondimento chiuso, con tanto di annuncio in pompa magna in conferenza stampa, da Blinken stesso.

Il primo atto del lungo ed estenuante cerimoniale che accompagna immancabilmente ogni nuova escalation s’è concluso sostanzialmente con un nulla di fatto, ma anche se il via libero definitivo dalla Casa Bianca per l’utilizzo dei suoi ATACMS per colpire direttamente il territorio russo per ora non è arrivato, la macchina s’è messa definitivamente in moto: secondo il Financial Times infatti, anche a questo giro Biden avrebbe chiesto ai vassalli europei di fare il primo passo e di assumersi tutti i rischi; si accoderanno più avanti, se e quando saranno sicuri che la risposta di Mosca sarà, anche a questo giro, tutto sommato modesta. D’altronde, per continuare a rimandare la disfatta definitiva dell’Ucraina, l’impiego dei missili a lungo raggio per colpire direttamente il suolo russo è tra le pochissime carte che rimangono prima dell’ingresso vero e proprio di truppe NATO in guerra – o meglio, diciamo che ne sono l’antipasto; a cosa servano lo ha spiegato bene Zelensky stesso in una lunga intervista di ieri alla CNN, dove ha chiarito un po’ di aspetti che, probabilmente, non sono stati particolarmente apprezzati dai NAFO più sfegatati: forse pure troppo, nella solita logica – anche comprensibile – di piangere il più forte possibile quando c’è da chiedere armi nuove per poi inventarsi, per qualche giorno, successi mirabolanti quando arrivano e poi ricominciare sempre tutto da capo. Zelensky, in pratica, ha dato ai suprematisti che seguono le cose militari la stessa quantità di sberle a quattro mani che pochi giorni fa SanMarioPio da Goldman Sachs ha dato a quelli che seguono le faccende economiche: in entrambi i casi, si è trattato di un risveglio piuttosto traumatico; Zelensky ricorda come, negli otto mesi che il congresso USA ha impiegato per approvare il nuovo pacchetto di aiuti, “Abbiamo dato fondo a tutto quello che avevamo a disposizione, sia in termini di riserve, che di equipaggiamento”. Ed ecco, così, che quando finalmente le nuove armi sono arrivate, erano messi così male che invece di riuscire ad equipaggiare adeguatamente quattordici brigate (come avevano previsto e richiesto), sono stati a malapena in grado di equipaggiarne quattro: “Non importa quante brigate riusciamo a impiegare in un settore, se metà di queste brigate non sono equipaggiate” ha sottolineato; “Non facciamo che perdere una marea di uomini, perché ad esempio mancano i veicoli corazzati”. E oltre ai mezzi corazzati, ovviamente, a mancare è anche l’artiglieria: “Per fare un confronto” dichiara Zelensky, probabilmente anche calcando un po’ la mano, quando “i russi hanno dodici munizioni, non ne abbiamo una. Uno a dodici, questo è il rapporto”. Ora, mentre loro davano fondo a tutto, i russi per otto mesi hanno avuto (e ancora hanno) mano libera nell’utilizzo della loro aviazione, dalla quale lanciano “ogni mese quattromila bombe guidate” che “hanno distrutto tutta la nostra rete elettrica: l’80%”. Le basi di partenza di questi aerei, continua Zelensky, nel tempo sono state allontanate dal confine: da 100/150 chilometri, a 300 chilometri e passa e ora “per colpirli abbiamo bisogno di nuovi permessi”; “Abbiamo bisogno di utilizzare queste armi a lunga gittata per attaccare i jet nelle basi militari” conclude.
Quindi sicuramente sarebbe un passo avanti molto utile per Kiev, ma come tutti gli altri passetti avanti, pensare possa rappresentare un svolta, così, a occhio, sembra una discreta cazzata; lo sottolineava ieri, con inusitata lucidità, anche Carlo Nicolato su Libero: “L’eventuale utilizzo di tali missili, sia quelli britannici che quelli americani” scriveva “non avrebbero un impatto significativo sulla guerra”. Il motivo principale, come sempre, è che alla fine “si parlerebbe comunque di forniture decisamente limitate, del tutto insufficienti per ribaltare le sorti del conflitto, soprattutto” sottolinea giustamente “dal momento che in questi due anni Mosca ha preso tutte e contromisure necessarie per ridurre significativamente l’efficacia degli Himars ed eventualmente degli stessi ATACMS lanciati da terra”; ciononostante, la reazione di Putin è stata piuttosto drastica: perché? Il primo punto ovviamente ha a che vedere con gli equilibri interni alla Russia: nonostante, tutto sommato, la tanto celebrata offensiva del Kursk alla Russia gli abbia fatto come il cazzo alle vecchie, cionondimeno ha rafforzato le critiche alla supposta moderazione di Putin, che viene accusato di non fare abbastanza per far rispettare le linee rosse; contro l’ipotesi di altri attacchi in territorio russo, battere i pugni sul tavolo è il minimo sindacale per non far esplodere quella sacca consistente di malcontento. E poi c’è un aspetto un po’ più delicato: come è emerso già mesi fa dalle intercettazioni tra personale militare tedesco (trapelate non si sa bene come), i sistemi d’arma che l’Ucraina va elemosinando per essere utilizzati hanno bisogno di uomini NATO sul campo; il loro utilizzo, quindi, sottintende la partecipazione diretta al conflitto di personale degli eserciti degli Stati che hanno fornito quegli armamenti e quindi, in soldoni, del loro ingresso in guerra. Ora, uomini dei paesi NATO che partecipano al conflitto sotto mentite spoglie di varia natura ce ne sono da sempre, ma fino ad oggi tutti hanno sostanzialmente preferito fare finta di niente, nascondendosi dietro a un po’ di sana ambiguità e plausible deniability che però, a questo punto, diventerebbe difficile da sostenere; e di fronte all’evidenza, non reagire indebolirebbe la credibilità (e quindi anche la deterrenza) russa, senza contare che – visto che se l’intenzione è quella di continuare il pantano anche dopo le elezioni di novembre, prima o poi qualcuno a dare manforte agli ucraini che, se non sono letteralmente finiti, poco ci manca, ci dovrà andare – questo sarebbe un pericoloso passo intermedio che avvicina anche quella soluzione. Ora, la necessità oggettiva di Putin di rispondere adeguatamente a questa eventuale ulteriore escalation, sia per motivi interni che per motivi strategici pone un problemino non da poco, perché il problema è anche (ovviamente) che non è che di questi missili a lunga gittata in Occidente ci siano i magazzini che scoppiano: quindi, se ne dai pochini fai incazzare Putin per niente; se ne dai tanti (diciamo un numero sufficiente per incidere almeno un po’ sull’andamento del conflitto) non solo fai incazzare Putin ancora di più, ma poi significa anche che hai svuotato i magazzini e, per difenderti, t’è rimasto poco o niente. La strada quindi è, come al solito, piuttosto strettina: d’altronde – e non smetteremo mai di ripeterlo – sono inconvenienti che succedono quando per 40 anni ti convinci che puoi dominare il resto del mondo a suon di dollari e di piccole guerre asimmetriche e poi, tutto d’un tratto, ti ritrovi a combattere una guerra vera; e per imporre una svolta dell’economia in direzione di una vera e propria economia di guerra, anche volendo, ti mancano proprio gli strumenti concreti.
Il quadro, poi, si complica ancora di più quando realizzi che Putin, per reagire, non deve necessariamente colpirti direttamente – che può essere un livello di scontro che anche lui per ora ancora non prende in considerazione; il problema è che siccome non sei un paesino che difende i suoi confini, ma un impero globale la cui sopravvivenza è legata necessariamente a un dominio che si estende su tutti i continenti, di fronti aperti ne hai più d’uno: e, in particolare, ce n’è uno dove un intervento più deciso da parte di Mosca potrebbe trasformarsi rapidamente in una debacle totale. Quel fronte, ovviamente, è il Medio Oriente; ed ecco così che, come per magia, il primo genocidio in dir
etta streaming della storia passa subito nel dimenticatoio e si torna a prendere di mira l’Iran; il La l’ha dato Blinken quando è passato a prendere con la sua Torpedo blu il collega britannico la scorsa settimana per portarlo in gita a Kiev: “La Russia sta condividendo tecnologie richieste dall’Iran” ha affermato durante la conferenza stampa, “inclusa quella nucleare e spaziale, per generare ancora più insicurezza nel mondo”. Nel frattempo, la scorsa settimana i tre paesi europei coinvolti nei negoziati con Teheran sul nucleare (prima che Donald Trump ne uscisse unilateralmente) hanno dichiarato che le riserve di uranio arricchito dell’Iran “sono cresciute significativamente, e ciò non può essere giustificato da un programma per scopi civili”; Mosca sparge tra le dittature il virus tecnologico della distruzione di massa titola il suo sproloquio quotidiano su La Repubblichina Di Feo. Secondo Di Feo, ovviamente, Mosca è alla canna del gas, al punto che è costretta, in cambio di armi “molto poco sofisticate”, a condividere le sue tecnologie più preziose: Di Feo riconosce, infatti, che in tema di missili a lungo raggio e di tecnologia nucleare la Russia abbia “un primato che custodisce gelosamente”, ma da quando s’è ritrovata a combattere con le pale e i chip delle lavatrici, per tutto il resto s’è dovuta arrangiare con i “droni low cost e i missili balistici imprecisi” che gli potevano fornire quei tre beduini che gli erano rimasti amici, mentre tutto il mondo civilizzato si tatuava Zelensky col lupetto color cachi sul bicipite; ed ecco, così, che “come per i virus, oggi siamo davanti a uno spillover di tecnologie di morte, e nelle fabbriche di Teheran si è a un passo dal rendere operativo un missile che vola e compie manovre a ottomila chilometri orari”, una tecnologia che “i laboratori iraniani non potrebbero mai sviluppare senza l’aiuto dei tecnici russi, che da due anni perfezionano i loro ipersonici Kinzhal e Zircon nei bombardamenti delle città ucraine”. Ma ancora “Più dei missili” allerta Di Feo, “a far paura è la condivisione dei progetti nucleari, che verrebbero messi a disposizione non solo degli Ayatollah ma anche di Kim Jong Un”: “Entrambi i Paesi” insiste “possono bruciare le tappe grazie ai consigli di Mosca e ottenere nel giro di pochi anni arsenali mostruosi in grado di destabilizzare non solo il Medio e l’Estremo Oriente ma l’intero pianeta”; “Una minaccia senza precedenti” conclude “con una proliferazione di testate in mano a Nazioni che disprezzano le convenzioni internazionali”.
Assurdo: il nucleare in mano a nazioni che disprezzano le convenzioni internazionali! Proprio ora che Israele il suo di arsenale, invece, l’aveva convertito a uso civile per creare energia gratis per i bambini di Gaza; siamo braccati dagli incivili con – come scrive Sambuca Molinari – “le autocrazie che armano Mosca”. Anche se io avevo capito il contrario, ma va bene; è La Repubblichina: scriviamo un po’ cosa cazzo ci pare. Sambuca Molinari, forte della consulenza di uno specialista di rango come il suo vice Di Feo, credo faccia un po’ di casino: definisce gli Ababil missili a corto raggio “che consentono di colpire obiettivi con estrema precisione”; a quanto mi ricordo, però, gli Ababil sono droni che l’Iran usa da sempre, e non mi pare siano particolarmente avanzati. Forse Sambuca Molinari si riferisce, invece, ai missili balistici Fath-360 che, in effetti, sì Teheran sembra abbia fornito a Mosca; Sambuca ricorda come Borrell abbia definito questa fornitura addirittura “una minaccia diretta alla sicurezza europea” anche se non si capisce in che mondo, visto che hanno una gittata di poco superiore ai 100 chilometri, ma poco importa: visto che a Mosca direttamente non c’è verso di fargli danni, ora tocca concentrarsi su Teheran, e ogni vaccata è un’occasione imperdibile per assestare un colpo a questo asse delle autocrazie. Per questo nuovo scontro di civiltà, Sambuca individua anche un nuovo paladino, uno che non le manda a dire e che, finalmente, ha avuto il coraggio di denunciare apertamente il pericolo della “collaborazione militare fra le autocrazie, accomunate dalle volontà di indebolire le nostre democrazie”; quel paladino si chiama Lindsay Graham, quel Lindsay Graham:
What did Trump do to get the weapons flowing? He created a loan system. They’re sitting on 10 to $12 trillion of critical minerals in Ukraine. They could be the richest country in all of Europe. I don’t want to give that money and those assets to Putin to share with China. If we help Ukraine now, they can become the best business partner we ever dreamed of. That 10 to $12 trillion of critical mineral assets could be used by Ukraine and the West, not given to Putin and China. This is a very big deal. How Ukraine ends. Let’s help them win a war we can’t afford to lose. Let’s find a solution to this war. But they’re sitting on a gold mine to give Putin 10 or $12 trillion, or critical minerals that he will share with China is ridiculous.
Cosa ha fatto Trump per far circolare le armi? Ha creato un sistema di prestito. In Ucraina si trovano da 10 a 12 trilioni di dollari di minerali critici. Potrebbero essere il paese più ricco d’Europa. Non voglio dare quei soldi e quei beni a Putin perché li condivida con la Cina. Se aiutiamo l’Ucraina adesso, potrà diventare il miglior partner commerciale che abbiamo mai sognato. Quei 10-12 trilioni di dollari di risorse minerarie critiche potrebbero essere utilizzati dall’Ucraina e dall’Occidente, non dati a Putin e alla Cina. Questo è un grosso problema. Come finisce l’Ucraina. Aiutiamoli a vincere una guerra che non possiamo permetterci di perdere. Troviamo una soluzione a questa guerra. Ma essere seduti su una miniera d’oro per dare a Putin 10 o 12 trilioni di dollari, o minerali fondamentali che condividerà con la Cina, è ridicolo.
Ora, intendiamoci: io non credo assolutamente che la guerra per procura in Ucraina abbia a che vedere con queste risorse; credo che la guerra per procura in Ucraina abbia a che vedere con qualcosa di molto più grosso e strutturale e, cioè, il panico che si è scatenato nell’Occidente collettivo da quando hanno realizzato che ci sono Paesi che non hanno più nessuna intenzione di obbedire alle regole dell’ordine internazionale che le ex potenze coloniali hanno costruito a immagine e somiglianza dei loro interessi, e che questi paesi sono attrezzati per imporre a tutto il pianeta la fine del dominio dell’uomo bianco e un nuovo ordine multipolare. Le affermazioni di Graham sono un tentativo disperato di convincere principalmente la sua audience di suprematisti bianchi che però, realisticamente, pensa che contro la Russia vincere militarmente sia piuttosto inverosimile; la cosa interessante è che uno spregiudicato affarista guerrafondaio profondamente razzista come Graham diventi il riferimento di uno come Sambuca Molinari, che infarcisce sempre le sue riflessioni di una quantità inverosimile di vaccate sui valori democratici e la minaccia totalitaria, un po’ come quando il pluri-criminale ultra-reazionario Dick Cheney dichiara il suo sostegno a Kamala Harris. Insomma: il re è nudo e i sondaggi lo dimostrano; “Nell’ultimo anno” scrive Ilvo Diamanti su La Repubblichina a commento del suo ultimo sondaggio, “il consenso verso gli aiuti militari all’Ucraina continua a scendere in modo continuo. E, negli ultimi mesi, si assiste a una vera caduta, quasi un crollo”. Secondo il sondaggio, la percentuale di persone che si dichiara favorevole al sostegno militare all’Ucraina è crollata sotto il 30%: “Un anno fa” ricorda Diamanti “raggiungeva il 47. E oltre il 60 i primi mesi dell’invasione”. Purtroppo, però, c’è un’eccezione: quei pochi che ancora oggi dichiarano che alle elezioni voterebbero un partito di centro-sinistra; ovviamente, su tutti svettano gli elettori di +Europa e Azione, che potremmo proprio definire i talebani del suprematismo occidentale, ma anche tra le fila del PD la voglia di guerra è ancora consistente e – cosa che tra chi non ha perso completamente ogni forma di lucidità non dovrebbe sorprendere troppo – ancora più che tra le fila del PD, tra quelle di Alleanza Verdi Sinistra. Ben il 48% degli elettori di AVS si dichiarano infatti favorevoli all’invio di aiuti militari in Ucraina: tutta colpa della propaganda putiniana, ovviamente, che è onnipotente e onnipresente; sta proprio dappertutto, anche dove non te lo aspetteresti. Dall’Argentina alla Moldavia, titolava domenica La Stampa, la rete della propaganda russa nel mirino di Washington: secondo l’inviato da Washington de La Stampa infatti, in Argentina “i russi stanno tentando di dirottare la politica del governo e creare frizioni con i paesi limitrofi”. Ma te senti cosa viene fuori, alle volte… E io che ero rimasto che in Argentina, con il sostegno degli USA, avevano fatto un golpe giudiziario per mandare a casa i peronisti; e che avevano fatto vincere le elezioni a un caso umano che, come prima uscita pubblica, s’era fatto una foto con Netanyahu e Zelensky e le bandiere ucraina e israeliana e poi aveva fatto uscire il paese dei BRICS: accidenti a questa maledetta propaganda putiniana, che ci riempie di fake news!
Contro il mondo alla rovescia dei pennivendoli di fine impero alla canna del gas, ci serve come il pane un vero e proprio media che dia voce al 99% e, già che c’è, magari che rispetti un minimo l’intelligenza di chi lo guarda. Aiutaci a costruirlo: aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal.
E chi non aderisce è Gennaro Sangiuliano