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¡Desaparecinema! ep. 40 – L’infanzia di Ivan e il Maestro e Margherita

Tarkovskij, Bulgakov e il 9 maggio russo: tre film, anzi quattro, che parlano della lotta dei sovietici contro il nazismo nella Seconda guerra mondiale

OttolinaTV by OttolinaTV
11/05/2025
in ¡Desaparecinema!, Cultura, Russia
2

L’altro ieri, 9 maggio, è stata una data importante: si celebrava la Giornata dell’Europa, cioè 75 anni dalla dichiarazione Schuman, che viene considerata l’atto di nascita di quella che oggi è l’Unione europea, che ci ha dato decenni di pace, welfare e diritti. AHAHAHAHA.

Scusate ma è dal ‘69 che volevo fare questa battuta. Oggi parleremo di tre film, anzi quattro. I primi tre ambientati durante alcuni dei momenti della lotta dei sovietici contro il nazismo nella Seconda guerra mondiale: L’OPERAZIONE BAGRATION, cioè l’Operazione strategica offensiva sovietica in Bielorussia del 1944 (The Star); la battaglia di Stalingrado del 1942-1943 (Il nemico alle porte); l’intera invasione nazista dal 1941 al 1945 (L’infanzia di Ivan). Il quarto è Il maestro e Margherita. Poi vi spiego perché, ma intanto perché è tratto da un romanzo sovietico.

Allora: Venerdì scorso 9 maggio sono stati celebrati soprattutto gli 80 anni della cosiddetta Giornata della Vittoria, in ricordo della capitolazione del Terzo Reich, dopo che i nazisti avevano invaso l’Unione Sovietica nel 1941 con l’Operazione Barbarossa. Per non parlare del 2 maggio 1945, una settimana prima, quando i sovietici, guidati da Stalin, avevano preso Berlino. Ovviamente la festa del 9 maggio è scemata negli anni ’90, cioè da quando Gorbaciov – tra il 1985 e il 1991, ultimo capo dell’unione Sovietica – ha trattato con gli Stati Uniti e Calenda la fine del socialismo reale e una nuova linea politica: l’economia di mercato (l’economia è politica, ciccioli. Non fatevi fottere. L’economia è politica). Ma soprattutto la celebrazione è scemata in Russia da quando settori politici liberisti e filo-occidentali guidati dal pupazzo alcolizzato statunitense Boris Eltsin bandirono il Partito Comunista e dissolsero lo Stato Sovietico. Eltsin, come Superciuk, era una parodia dei supereroi statunitensi (rega la sto facendo facile se no non ne usciamo, ma se semo capiti). Finché dal 2000 al 2008, e poi senza interruzioni dal 2012 fino a oggi, è diventato presidente della Russia un tal Vladimir Putin. Sotto i suoi mandati il Giorno della Vittoria in Russia è diventato la più grande festa nazionale e popolare. Soprattutto a partire dal 2015: 16.000 soldati russi, 1.300 militari da 10 paesi, circa 200 mezzi corazzati, 150 aerei ed elicotteri da combattimento hanno sfilato a Mosca in quella che è stata la più imponente parata della Russia contemporanea, in ricordo delle vittime sovietiche che ci hanno salvato il culo: 27 milioni.

Lo storico britannico e reporter di guerra Max Hastings scrive nel suo libro “Inferno: il mondo in guerra, 1939-1945”: “Fu un’estrema fortuna per gli Alleati occidentali che i russi, e non loro stessi, pagassero quasi l’intero ‘conto della macelleria’ per sconfiggere la Germania nazista, e accettassero il 95% delle perdite militari delle tre maggiori potenze della Grande Alleanza”. Le epiche battaglie che alla fine frenarono l’avanzata nazista – il brutale assedio invernale di Stalingrado, lo scontro di migliaia di veicoli corazzati a Kursk (la più grande battaglia di carri armati della storia) – non ebbero paralleli sul fronte occidentale, dove i nazisti impegnarono meno mezzi militari. Anche la ferocia mostrata era di grado diverso rispetto a quella sperimentata più a ovest.

Come scrive il sito “storiatralepagine.it”, “l’obiettivo della Germania nazista era occupare l’Europa orientale per insediarvi coloni di ‘razza’ nordica, e per farlo doveva ‘fare spazio’, cioè sterminare completamente gli ebrei e uccidere un quarto della popolazione slava (il resto doveva essere deportato oltre gli Urali): gli slavi – soprattutto polacchi – erano considerati solo un gradino più in alto degli ebrei nella loro scala razziale di valori”. Si stima che i Tedeschi, abbiano ucciso quasi due milioni di civili polacchi non ebrei. Mentre come scrive il sito dell’Enciclopedia dell’Olocausto, “Tra le prime vittime della discriminazione nazista vi furono Comunisti, Socialisti, Socialdemocratici e leader sindacali. I Nazisti presero di mira anche i Rom, che furono tra i primi a essere eliminati nelle camere a gas mobili, e furono deportati nel campo di Auschwitz-Birkenau, dove la maggior parte fu uccisa nelle camere a gas.” Tutto questo per non parlare dello sterminio dei prigionieri sovietici, leader politici e militari, leader cristiani, testimoni di Geova, disabili fisici o psichici, omosessuali.

I tre film che abbiamo citato sono molto diversi tra loro. L’infanzia di Ivan, diretto da uno dei più grandi registi di sempre, Andrej Tarkovskij, autore di soli 7 lungometraggi tra cui Solaris (del 1972) – poi malamente rifatto da Steven Soderbergh esattamente 50 anni dopo – e Lo specchio (del 1975), in cui Tarkovskij ricorda la Seconda guerra mondiale, cui ha assistito da bambino, anche attraverso immagini di repertorio dei soldati dell’Armata Rossa (non è questa la puntata dedicata a Tarkovskij, lui se ne merita cinque da mezz’ora e prima o poi le farò).

Il secondo film, The Star (del 2002), è ambientato nel 1944, durante l’operazione Bagration appunto, e racconta di una squadra di esploratori sovietici inviata dietro le linee nemiche per trovare la posizione delle forze corazzate tedesche. Il regista Nikolai Lebedev, uno dei registi di maggior successo in Russia è stato, tra l’altro, sceneggiatore e regista della versione russa del programma per bambini Sesame Street.
Sia L’infanzia di Ivan che The Star sono stati prodotti dalla ormai mitica Mosfil’m, che nel 1925 produsse La corazzata Potemkin, di cui abbiamo parlato, e di Va’ e vedi, anche quello un film sulle atrocità del nazismo in Unione Sovietica. Mosfil’m che ancora è in attività e ha un canale youtube pieno di film.

Il terzo film è statunitense, Il nemico alle porte, del 2001, diretto da Jean-Jacques Annaud, regista molto altalenante del Nome della rosa e di Sette anni in Tibet. Ed è ambientato, come abbiamo detto, durante la battaglia di Stalingrado. Il protagonista è una versione romanzata di Vasily Zaitsev, cecchino ed eroe dell’Unione Sovietica durante la Seconda Guerra Mondiale. Intanto dobbiamo dire subito questo: The Star e Il nemico alle porte, nonostante il primo sia russo, hanno un impianto narrativo e spettacolare entrambi molto occidentale. Infatti Eddie Cockrell di “Variety”, la rivista dell’industria hollywoodiana, ha definito The Star “un’epopea bellica piena di ordigni” che potrebbe piacere al pubblico internazionale, ma “gli occidentali hanno già visto questa formula nell’opera di Spielberg”.

Nell’aprile 2018, il Ministero della Cultura russo ha concesso il sostegno finanziario per l’adattamento cinematografico de Il Maestro e Margherita. La regia sarebbe dovuta essere proprio di Nikolai Lebedev e le riprese sarebbero dovute iniziare nel 2019 per poi far uscire il film nel 2020. Ma, come è accaduto molte volte con questo film, i piani sono stati completamente stravolti – stavolta a causa della guerra in Ucraina – e la nuova versione de Il maestro e Margherita uscirà in Italia giovedì prossimo 15 maggio, diretto però da Michael Lockshin, nato negli Stati Uniti e residente a Los Angeles. Questa versione del formidabile libro di Bulkakov sembra scritta e diretta comunque dallo spielbergiano Lebedev, e infatti è piaciuta tanto agli americani. Uno dei più influenti critici cinematografici russi, lo ha definito “il primo buon adattamento” del romanzo di Bulgakov e il “miglior film commerciale della storia russa moderna”. Altri lo hanno definito “… il primo adattamento cinematografico degno del romanzo di Bulgakov, con parallelismi scottanti e pertinenti alla Russia di Putin”. Per molti, il film critica sottotraccia l’aumento della censura e delle repressioni nella Russia contemporanea. Come ricorda il sito Taxi Drivers, “nonostante il finanziamento da parte del Ministero della Cultura russo, il film ha suscitato forti critiche da parte dei propagandisti filo-Putin che hanno definito il film ‘spazzatura antipatriottica’. Nonostante ciò, la Ministra della Cultura Olga Ljubimova ha confermato che il film non sarebbe stato ritirato”.

Mica come qui da noi che Pina Picierno si batte per far vedere nelle case del popolo i film di Russia Today e dove Russia Today non è vietata, come in tutto l’Occidente. Insomma Il Maestro e Margherita è un film all’apparenza antiputiniano fatto sotto la presidenza Putin, che in Russia è pure diventato il maggiore incasso mai realizzato per un film vietato ai 18 anni e che ha ricevuto un record di 14 nomination e sei vittorie agli annuali Russian Guild of Film Critics Awards, tra cui quella per il miglior film. Un film che quindi, secondo la stampa occidentale tutta, non poteva essere fatto nel regime ultradittatoriale di Putin. E invece è stato fatto. D’altronde il romanzo di Bulgakov fu scritto tra il 1928 e il 1940, durante il regime di Stalin e infatti fu pubblicato solo negli anni ’60. E racconta, tra le altre cose, delle persecuzioni politiche inflitte al personaggio del Maestro da parte delle autorità sovietiche degli anni 1930. Il “Guardian”, quotidiano inglese, ha osservato che “mentre la Russia diventa sempre più repressiva, è possibile che Il Maestro e Margherita sia uno degli ultimi film del suo genere, del genere critica allo Stato”.

Dal romanzo di Bulgakov sono stati tratti, compreso l’ultimo, 9 film. Va menzionato quello del 1972, di produzione italo-iugoslava, con Ugo Tognazzi nei panni de Il Maestro. Dice: ma perché parli tanto del Maestro e Margherita se la puntata è sul 9 maggio? Alcuni motivi ve li ho detti, ma il principale è che Il Maestro e Margherita è uno dei miei libri preferiti, e spero che prima o poi qualcuno ci faccia un film all’altezza. Il che significa che spero che SMETTANO DI FARE FILM SU IL MAESTRO E MARGHERITA!

L’autore de Il nemico alle porte, Jean-Jacques Annaud, è un regista dai pochi pregi e molti difetti, come scrive il sito Quinlan. E questo film li rappresenta tutti, nel bene e nel male. Per esempio cercando di rifare, male, Sergio Leone. Ma c’è di peggio. Il film racconta, come abbiamo detto, il duello tra un cecchino sovietico e uno nazista, interpretati rispettivamente da Jude Law e Ed Harris. Una storia vera. Ma, come scrisse Alberto Crespi sull’Unità, “tutt’intorno ai due “pistoleri” (…) c’era uno scontro epocale in cui l’Armata Rossa (…) compì atti di eroismo (…). Annaud descrive invece un esercito sovietico da operetta, in balia dei deliri propagandistici di Kruscev (Bob Hoskins) e dei commissari politici. Se fosse andata così, i tedeschi avrebbero preso Stalingrado e noi, forse, oggi non saremmo qui”. Il film infatti ha ricevuto critiche poco entusiastiche in Russia. Alcuni veterani dell’Armata Rossa di Stalingrado si sono sentiti talmente offesi dalle inesattezze del film e dalla rappresentazione dell’Armata Rossa che il 7 maggio 2001, poco dopo la prima del film in Russia, hanno espresso il loro disappunto alla Duma di Stato, chiedendo la messa al bando del film, ma la loro richiesta non è stata accolta. Il film è stato accolto male anche in Germania. I critici affermarono che semplificava la storia e glorificava la guerra. Al festival di Berlino, il film fu fischiato.

L’infanzia di Ivan racconta la storia di Ivan, i cui genitori sono stati uccisi dalle forze tedesche di invasione durante la Seconda Guerra Mondiale. Come forma di reazione si trasforma in un vero e proprio soldato e si da’ da fare come informatore per l’esercito sovietico. Finché l’ultima missione di ricognizione si rivelerà estremamente pericolosa. In un’intervista del 1962, Tarkovskij dichiarò che nel realizzare il film voleva “trasmettere tutto il suo odio per la guerra” e che scelse l’infanzia “perché è ciò che contrasta maggiormente con la guerra”.

Rispetto ai film citati finora, con L’infanzia di Ivan siamo su un altro pianeta. E infatti, E COME TE SBAJI, ecco le recensioni italiane di quegli anni. Tullio Kezich ne scriveva così: “In Tarkovskij non c’è più nemmeno l’ombra di quella pienezza d’espressione, di quell’umana concretezza che caratterizzarono il cinema sovietico dal 1925 al 1940. C’è da aggiungere che L’infanzia di Ivan, come ogni prodotto di cultura decadente, si svolge in un’aura curiosamente malata e si compiace di toni morbosi”. Kezich, critico di punta, E COME TE SBAJI, di Repubblica e del Corriere della Sera, aveva stroncato, pe’ capisse, anche 2001: Odissea nello spazio, Il buono, il brutto e il cattivo, Frankenstein Junior, Il mucchio selvaggio e Profondo rosso. Oppure l’Unità, che come ricorderete ha vinto il nostro premio… E COME TE SBAJI per non aver capito un cazzo dei primi due Fantozzi di Luciano Salce.

Come scrive “Meridiano13.it”, le critiche più feroci all’Infanzia di Ivan partirono “in particolare da alcuni esponenti della sinistra italiana, ma, in difesa del giovane regista intervenne nientemeno che Jean-Paul Sartre, che decise di scrivere una lettera aperta rivolta alla redazione de L’Unità, poiché proprio lì erano apparse alcune delle critiche più aspre”. Sartre difese il film dagli attacchi che lo definivano un film dallo stile occidentale ormai sorpassato, spiegando che Tarkovskij “conosceva pochissimo il cinema occidentale. La sua cultura era essenzialmente sovietica”. Come al solito noi europei crediamo di essere al centro del mondo, mentre il resto del mondo non sa neppure chi siamo. Ma la lettera di Sartre prosegue, con un passaggio che descrive il cuore del film e di Ivan: “Ivan è folle, è un mostro; è un piccolo eroe; è la più innocente vittima della guerra: questo ragazzo al quale non si potrà fare a meno di voler bene è stato forgiato dalla violenza e l’ha interiorizzata. I nazisti l’hanno ucciso quando hanno ucciso sua madre e massacrato gli abitanti del suo villaggio. Eppure, vive. Ma altrove, in quell’istante irrimediabile nel quale ha visto cadere il suo prossimo. (…) La piccola vittima sa ciò che gli occorre: la guerra, il sangue, la vendetta. L’amore per lui è una strada sbarrata per sempre. Gli incubi, le allucinazioni, non hanno nulla di gratuito. La verità è che il mondo intero per questo bambino è un’allucinazione e che lo stesso bambino è mostro e martire…”
Tarkovskij nel 1943, anno di ambientazione del film, aveva 12 anni, come Ivan. E come Ivan aveva assistito agli orrori della guerra.

Tags: 9 maggiobulgakovcinemafederico grecogiorno della vittoriaseconda guerra mondialetarkovskij
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Comments 2

  1. Marcello Aliotta says:
    2 mesi ago

    Mia figlia si chiama Margherita. Chissà perché… Grazie Mr Greco. Al ricordo di Tarkowskij Ivan è partita un lacrimuccia. Rispetto per quel paese meraviglioso.

    Rispondi
    • Federico Greco says:
      2 mesi ago

      ❤️

      Rispondi

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