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Come caccia low cost cinesi e missili artigianali Houthi hanno umiliato la NATO

OttolinaTV by OttolinaTV
17/05/2025
in I Pipponi del Marrucci, In evidenza, Mondo
1

La gigantesca macchina propagandistica dell’industria militare occidentale è stata messa letteralmente in ginocchio in 2 giorni: il 6 maggio, Trump annunciava trionfante di aver imposto una capitolazione agli Houthi; secondo Foreign Policy, a capitolare sarebbe stato lui. Gli Houthi non si sarebbero mossi di un millimetro: dopo un mese e mezzo di bombardamenti indiscriminati con l’ausilio del meglio del meglio della tecnologia USA e 2 miliardi di soldi dei contribuenti bruciati, i combattenti in ciabatte più temuti del Medio Oriente avrebbero costretto l’impero a battere in ritirata; e a pesare non sarebbero stati solo i 9 Reaper da 30 milioni l’uno abbattuti o i due caccia caduti in mare dalle portaerei USA. Ci sarebbe qualcosa di più: secondo il New York Times, nonostante l’antiaerea rudimentale, gli Houthi sarebbero andati vicini a cogliere in pieno alcuni F16 e, addirittura, un F35, il caccia più evoluto al mondo. Per venderlo viene spacciato come invisibile anche ai sistemi più sofisticati: figurati a dei guerriglieri coi sandali! La peggior pubblicità possibile immaginabile! Poche ore dopo, 70 caccia delle forze aeree indiane si alzano in volo per infliggere una punizione esemplare al nemico pakistano: tra i 70 caccia c’erano anche alcuni Mirage e dei Rafale, che l’India – si stima – abbia pagato circa 100 milioni l’uno. Il Pakistan ha risposto con una cinquantina scarsi di caccia; avrebbe potuto impiegare la sua flotta di F16; ha deciso di ripiegare sui caccia low cost dei cinesi: venivano considerati inaffidabili e sono costati meno della metà del corrispettivo francese, ma, a quanto pare, hanno avuto la meglio. In Ucraina le armi fine di mondo partorite dalla superiorità tecnologica occidentale non hanno fatto un figurone, ma quella era una guerra d’attrito, roba da trogloditi; ma quando si tratta del dominio dei cieli, mettetevi l’anima in pace: non c’è partita. Lo dicono i depliant e i think tank sponsorizzati da Lockheed e Raytheon: te fidati (e paga).
Sento puzza di racket…

Il Pakistan ha dichiarato trionfante di aver abbattuto la bellezza di 5 caccia dell’aeronautica militare indiana, di cui ben 3 sarebbero prodotti della superiorità tecnologica occidentale: i temibili Rafale francesi. Come? Con una cinesata! Una vera rivoluzione: il Pakistan, infatti, è stato il primo Paese al mondo a investire massicciamente nel low cost cinese anche in campo militare. Era il 2021 e al governo c’era il leader populista e antimperialista Imran Khan: la partita prevedeva la fornitura di ben 25 caccia J-10C, per un importo mai comunicato ufficialmente, ma generalmente stimato dagli analisti tra 1 e 1,25 miliardi; il Pakistan allora era già noto per essere diventato la punta di diamante della strategia cinese della Belt and Road, che aveva portato nel Paese circa 60 miliardi di investimenti tra infrastrutture di trasporto e infrastrutture energetiche. L’acquisto dei primi caccia cinesi al mondo ad essere esportati venne considerato da osservatori e analisti occidentali come una specie di pizzo: il Pakistan, infatti, aveva già allora una consistente flotta di circa un’ottantina di F16 statunitensi; se le cose si fossero fatte serie, avrebbe senz’altro utilizzato quelli. Quelli cinesi erano una marchetta destinata a rimanere negli hangar; d’altronde, erano costati meno di 50 milioni l’uno, circa la metà degli F16 o dei 36 Rafale acquistati poco tempo prima dal rivale indiano. Perché, si sa, la roba buona costa, e che quella made nell’Occidente collettivo fosse roba buona era comprovato.

Quello che fa di un caccia un’arma moderna adatta alle battaglie aeree dei nostri giorni, infatti, è sostanzialmente la combinazione di due componenti: un radar cosiddetto AESA e missili aria-aria a lungo raggio a guida attiva. Un radar AESA è un accrocchio sofisticato composto da migliaia di piccoli moduli, ognuno in grado di emettere e ricevere segnali in modo indipendente: questo permette di scansionare istantaneamente un’area molto vasta senza dover muovere fisicamente l’antenna, come avveniva con i radar meccanici e questo comporta la capacità di tracciare decine di bersagli contemporaneamente, una maggiore affidabilità e durata (vista l’assenza di parti meccaniche) e anche una maggior resistenza ai disturbi elettronici. Un missile aria-aria a lungo raggio e guida attiva, invece, è un missile in grado di colpire bersagli ben oltre il raggio visivo del pilota e dotato, a sua volta, di un sistema radar in grado di continuare a tracciare i movimenti del bersaglio mano a mano che si avvicina: il combinato disposto di questi due elementi, che continuano a scambiarsi informazioni tra loro fino al raggiungimento dell’obiettivo, è la formula magica dei combattimenti aerei moderni. Niente più top gun, niente più manovre acrobatiche: il pilota moderno è un nerd a capo di una piattaforma di lancio volante che lancia attacchi contro obiettivi invisibili gestiti da un sofisticato apparato elettronico. Gli USA hanno iniziato a mettere a punto questa modalità a partire addirittura dal 2005, sia con gli F22 Raptor, sia con le versioni più sofisticate degli F16; i francesi ci hanno messo qualche anno in più, ma a partire dal 2013 hanno dichiarato di aver raggiunto l’obiettivo.

I cinesi hanno cominciato a perseguire gli stessi obiettivi sin da subito, ma (apparentemente) con scarsi risultati; per arrivare a un prototipo del J-10 dotato di entrambi questi elementi si è dovuto attendere fino al 2018 e, anche allora, lo scetticismo continuava a regnare sovrano: sia il radar AESA che il PL-15, il missile aria-aria a guida attiva made in China, erano – appunto – accusati di essere una cinesata, roba buona per le parate e per i depliant in grado di attrarre uno dei tanti autocrati cialtroni che insediano il giardino ordinato grazie ai prezzi stracciati e all’abilità commerciale dei cinesi, ma niente di minimamente comparabile alla credibilità e all’affidabilità della superiorità tecnologica dell’Occidente collettivo. Ed ecco, così, che quando pochi minuti dopo la mezzanotte del 7 maggio si sono alzati in volo una settantina di caccia indiani, compresi i prestigiosissimi Rafale, tutti gli analisti si sarebbero aspettati che il Pakistan avrebbe risposto con i ben più rodati F16, anche perché, nel frattempo, Imran Khan, il più fiero sostenitore dell’asse Cina-Pakistan, è stato defenestrato con un vero e proprio golpe e a Lahore si è insediato con la forza il vecchio establishment militare legato a doppio filo a Washington. E invece niente: i pakistani hanno deciso di affidarsi alle cineserie e hanno avuto la meglio, gettando nel panico gli osservatori occidentali e, soprattutto, taiwanesi: “Potremmo dover rivalutare le capacità di combattimento aereo dell’Esercito Popolare di Liberazione” ha dichiarato a Bloomberg un ricercatore dell’Institute of National Defense di Taiwan; “Potrebbero avvicinarsi o addirittura superare il livello degli schieramenti di potenza aerea degli Stati Uniti nell’Asia orientale”. Secondo The War Zone, il PL-15 è “Il primo missile aria-aria cinese che non solo è nettamente superiore alle alternative russe, ma anche alla maggior parte degli equivalenti statunitensi in termini di capacità a lunghissimo raggio”.

Modi si è trovato di fronte a un muro di critiche: poche settimane prima aveva firmato un altro mega-ordine da 7,4 miliardi per altri 26 Rafale (fanno quasi 300 milioni di dollari a pezzo, 7 volte i J-10); secondo i detrattori, potrebbe non essere stato esattamente un ottimo affare… Il punto è che F16, F22 e Rafale sono stati sì collaudati in combattimento, ma in contesti leggermente diversi: sostanzialmente, si trattava di sterminare civili disarmati per cercare di colpire nel mucchio qualche jihadista nell’ambito della war on terror, dall’Afghanistan alla Libia, dal Mali all’Iraq e la Siria; campagne di bombardamenti a tappetto indiscriminati vecchio stile o, comunque, sempre invariabilmente in condizioni di supremazia aerea indiscutibile e scontata (e così, so’ tutti boni). Il sospetto che il mito della superiorità della tecnologia militare occidentale sia più un risultato del marketing e di Hollywood che altro era già emerso con forza in Ucraina; in quel caso, però, c’era una giustificazione: contro le previsioni di Pentagono e soci, in Ucraina, infatti, si era tornati a una vecchia guerra d’attrito combattuta prevalentemente via terra. USA e alleati, invece, da decenni si erano concentrati su un modello di guerra in stile Shock and Awe: massicce campagne di bombardamento aereo in grado di annichilire l’avversario nell’arco di pochi giorni. Insomma: Himars e dintorni potevano non essere l’arma fine di mondo che era stata millantata, ma la supremazia aerea non era in discussione; e se in Ucraina non era stata messa sul tavolo era solo perché avrebbe comportato infliggere danni troppo consistenti al sanguinario dittatore plurimorto del Cremlino che, da pazzo criminale qual è, non avrebbe esitato a ricorrere al nucleare. Forse – e dico forse – le cose potrebbero essere più complesse e più complicate…

Il trionfo della tecnologia militare aerea cinese in Pakistan potrebbe non essere un caso isolato. Poche ore prima dei combattimenti aerei tra Pakistan e India, c’era stato un altro evento storico: Trump aveva annunciato un accordo di cessate il fuoco con gli Houthi. “Hanno capitolato” ha affermato Zio Donaldo: “hanno detto per favore, non bombardateci più, e non attaccheremo le vostre navi”. Secondo Foreign Affairs, però, il trionfalismo di Zio Donaldo potrebbe non essere del tutto giustificato: “Quello che lascia perplessi nell’annuncio della Casa Bianca” scrivono “è che la posizione degli Houthi rimane sostanzialmente invariata da quando l’amministrazione Trump ha avviato la sua intensificata campagna aerea il 15 marzo” ; “Fin dall’inizio della campagna statunitense” sottolinea ancora l’articolo “i leader Houthi hanno chiarito che se Washington avesse fermato i bombardamenti avrebbero smesso di attaccare le navi statunitensi, ma i loro attacchi contro Israele sarebbero continuati. Dopo l’annuncio dell’accordo da parte di Trump del 6 maggio, il portavoce degli Houthi Mohammed Abdulsalam ha ribadito esattamente questa stessa posizione”. Zio Donaldo aveva accusato rimbamBiden di essere stato “pateticamente debole” contro gli Houthi e, a partire da marzo, aveva messo in campo il meglio del meglio della potenza di fuoco statunitense senza badare a spese: due portaerei, droni MQ-9 Reaper, bombardieri Stealth B-2, Patriot, Thaad; eppure, commenta ancora Foreign Policy, “Dopo un’operazione militare statunitense costata oltre 2 miliardi di dollari, il cessate il fuoco tra Stati Uniti e Houthi non fa altro che ribadire la posizione originaria degli Houthi”. Perché?

E’ la domanda che si è posto anche il New York Times e la risposta è piuttosto inquietante: il Times ricorda che quando Zio Donaldo ha approvato l’operazione Rough Rider lo scorso 15 marzo, gli erano stati garantiti risultati tangibili entro 30 giorni, ma quando, al 31esimo giorno, ha chiesto un rapporto sui progressi compiuti, i risultati non c’erano. “Gli Stati Uniti” sottolinea il Times “non avevano nemmeno stabilito la superiorità aerea”; in compenso, durante quei 30 giorni, “gli Houthi hanno abbattuto sette droni americani MQ-9, dal costo di 30 milioni l’uno”. Ma soprattutto, riporta il Times en passant, quasi come se niente fosse, diversi funzionari statunitensi avrebbero affermato che la difese aeree Houthi avrebbero quasi colpito “diversi F-16 americani” e, addirittur,a “un caccia F-35”: due settimane dopo, Il 5 maggio, i funzionari del Comando Centrale degli Stati Uniti hanno ricevuto un ordine improvviso dalla Casa Bianca di sospendere le operazioni offensive (e graziarcazzo, direi…). Come sicuramente avrete notato, di tutte le armi fine di mondo che, dopo un po’ di tira e molla, alla fine sono state fornite per la guerra per procura in Ucraina, gli F-35 non sono mai stati nemmeno presi in considerazione: troppo rischioso, si diceva; metti caso che poi questi semiselvaggi entrano in possesso di un esemplare, poi ce lo copiano e perdiamo la nostra indiscutibile superiorità tecnologica… Però questi F-35 vanno anche venduti; e se non li usiamo mai, cosa ci scriviamo nei depliant? Lo Yemen sembra fatto apposta: figurati se questi beduini sono in grado di cogliere un F35. Rispetto agli F16 e agli F22 dotati di radar AESA e di missili aria-aria a guida attiva, l’F35, infatti, ha un’altra caratteristica che ne fa l’arma fine di mondo per eccellenza: è stealth. C’è, ma non si vede e, se non si vede, non si tira giù, soprattutto con l’antiaerea primitiva dei combattenti in ciabatte Houthi.

A quanto pare, non è andata proprio benissimo: secondo The War Zone, “Le capacità di difesa aerea degli Houthi sono in gran parte rudimentali”, ma, paradossalmente, è proprio questo che “le rende una sfida unica e spinosa per gli aerei da combattimento americani” ; “Possono apparire ovunque perché, in gran parte, sono sistemi mobili” continua l’articolo e “sfruttano sensori infrarossi passivi non tradizionali e missili improvvisati che non forniscono preavvisi”. L’idea che il caccia spacciato per il più avanzato del pianeta – nonché, di gran lunga, il più costoso – possa essere intercettato e abbattuto da dei guerriglieri in sandali, ha letteralmente gettato nel panico tutto l’apparato di marketing dell’industria bellica USA: “Gli Houthi e gli iraniani hanno optato per gli infrarossi perché è un sistema completamente passivo” provava disperato a giustificare ai microfoni della CBS il rappresentante di uno dei tanti think tank a libro paga del racket industriale militare a stelle e strisce; “Scovare questi sistemi è difficile perché non hanno alcuna traccia prima del lancio”. Un po’ come dire che se, dopo 5 mila chilometri, la tua Tesla nuova fiammante è pronta per lo sfattino non è perché è un cesso di macchina, ma perché non è adatta alle buche di Roma… Insomma: è tutto bello, efficace, futuribile, ma per i video in 4k e le simulazioni; se poi lo devi usare davvero nella vita reale, non serve a un cazzo. Come sottolinea il sempre ottimo Simplicius, la realtà è che “L’ondata di innovazioni provenienti dal Sud del mondo ha superato i modelli militari occidentali, ormai obsoleti e orientati al profitto” . Chissà: magari l’inaspettata saggezza che Zio Donaldo ha ostentato nei confronti del dossier iraniano ha a che vedere con questa storia? Avranno realizzato che se provano a entrare nello spazio aereo iraniano con gli F35 fanno la fine del maiale?

Di sicuro c’è che, nell’arco di soli 2 giorni, la possente macchina propagandistica dell’apparato militare industriale di Stati Uniti ed alleati ha subito uno smacco senza precedenti; era già accaduto in Ucraina, ma la Russia, però, non era riuscita a capitalizzare perché le armi che è in grado di produrre, per ora, se le deve tenere tutte per se. La Cina potrebbe riuscire ad approfittarne: le capacità produttive, di sicuro, non le mancano; come sempre, è un po’ scarsa nella promozione, ma un risultato concreto sul campo vale molto di più di un depliant ben fatto. La domanda, d’altronde, non manca: il mondo si è avviato verso una nuova fase di riarmo generalizzato che i produttori occidentali non sono in grado di soddisfare; e anche gli ostacoli geopolitici, forse, cominciano a venire meno. Se nessuno ancora vuole rompere definitivamente con gli USA, nonostante Zio Donaldo, un po’ tutti, ormai, stanno scegliendo la strada del multi-allineamento e della diversificazione. Le conseguenze sono potenzialmente enormi: gli armamenti, soprattutto quelli più avanzati, non sono semplici oggetti di consumo; sono vere e proprie infrastrutture che, per essere operative, richiedono un’integrazione tra fornitore e cliente a 360 gradi, dalla formazione, alla gestione dei dati, alla manutenzione.

Anche sul piano militare l’egemonia dell’imperialismo a guida USA sembra oggettivamente essere arrivata al capolinea: non ci rimane che prendere di peso tutti quelli che continuano ad opporsi all’ascesa del Nuovo Ordine Multipolare e mandarli #tuttiacasa. Per mandarceli, serve una grande mobilitazione popolare: iniziamola insieme sabato 24 maggio con la manifestazione nazionale indetta dai promotori della campagna #tuttiacasa per le ore 16 in piazza San Babila a Milano e, poi, organizziamoci per tenere la barra dritta fino a che, a questo giro, davvero non avremmo ottenuto il risultato. Per farlo, serve un vero e proprio media, indipendente, ma di parte, e che dia voce al 99%; aiutaci a costruirlo: aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal. E, da oggi, per mandarli #tuttiacasa c’è anche un codice segreto: 92054980450. E’ il codice fiscale di Multipopolare: inseriscilo nella tua dichiarazione dei redditi e contribuisci concretamente col tuo 5 per 1000 a dichiarare guerra al pensiero unico.

E chi non firma è Guido Crosetto

Tags: armi cinesiguerrail pippone del marruil pippone del marrucciindiapakistanrafale
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Comments 1

  1. Loris says:
    2 mesi ago

    Sempre fantastici e chiarissimi i papponi del Marru!
    Solo una cosa riguardo ad F35 e F22… in realtà, nel corso degli anni dello sviluppo dell’ F35 ed oltre, moltissimi esperti sia Usa che non sono stati sempre parecchio dubbiosi circa le effettive qualità di questo aereo. Inoltre, quelli che vengono venduti all’estero hanno sicuramente capacità inferiori a quelli x “uso locale “.

    Contrariamente, sembra essere decisamente migliore l’F22 che in effetti non viene venduto all’estero.

    Insomma, l’ F35 sembra essere più il solito giocattolone costosissimo che i servi degli Usa, tipo noi, sono costretti a comprare x fare guadagnare il loro apparato militare-industriale.

    Rispondi

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