Sabato sera, Donald Trump ha autorizzato una serie di attacchi contro Ansarallah in Yemen, colpendo in particolare Sanaa, la capitale del Paese. L’attacco, secondo fonti USA, avrebbe portato alla morte di alcuni leader del gruppo, notizia smentita da fonti yemenite che parlano di molti errori di mira e pochi danni reali. Il bombardamento si inserisce nel generale rialzo delle tensioni tra Casa Bianca e Teheran: gli USA sono tornati a minacciare la repubblica islamica per il supporto ad Ansarallah, mentre dai pasdaran è arrivata secca la replica di non un coinvolgimento diretto nelle vicende yemenite.
Martedì scorso, il gruppo yemenita aveva interrotto la tregua nel Mar Rosso a seguito del mancato ingresso degli aiuti umanitari a Gaza per via delle restrizioni israeliane; la risposta Houthi non è tardata ad arrivare: la portaerei USA Truman nel Mar Rosso è stata attaccata due volte nelle ultime ventiquattro ore. In ballo è la sicurezza iraniana: Cina e Russia, nei giorni passati, hanno supportato Teheran ribadendo la necessità del dialogo e l’inaccettabilità di sanzioni unilaterali. Questa mattina, il portavoce della NSC, Brian Hughes, ha minacciato l’Iran ribadendo che deve smantellare il suo programma di arricchimento dell’uranio. In mattinata, Hossein Salami il capo del corpo delle guardie rivoluzionarie, ha detto che l’Iran darà una risposta decisiva a qualsiasi attacco portato dagli USA e ha aggiunto: “L’Iran non farà la guerra, ma se qualcuno ci minaccia daremo risposte appropriate, decisive e conclusive”.