video a cura di Davide Martinotti
Da che mondo è mondo, esiste una regola universale talmente palese che nessuno ha mai nemmeno sentito il bisogno di metterla per iscritto: se una classe dirigente porta un Paese in guerra contro la volontà del suo popolo e poi la perde, deve andare a casa. Non è questione di vendetta; è una questione di igiene pubblica. Le guerre, infatti, richiedono sacrifici straordinari. Agli altri, però; per chi sta nella stanza dei bottoni, partecipare a una guerra di per sé è una scelta indolore. Anzi, può portare numerosi vantaggi: una carriera straordinaria, un angolino nei libri di storia e anche incredibili occasioni di arricchimento personale. Garantire che se quella scommessa si rivela sbagliata il prezzo da pagare diviene stratosferico è l’unico deterrente che abbiamo per far sì che scelte del genere non vengano prese a cuor leggero. Chi riempie le aule delle istituzioni e le pagine dei giornali di appelli alla armiamoci e partite deve sapere che se ha fatto male i calcoli sarà automaticamente espulso da ogni forma di vita pubblica.
E negli ultimi 80 anni mai nessuna classe dirigente aveva fatto calcoli più sballati della nostra, senza nessuna distinzione tra le due fazioni del Partito Unico della Guerra e degli Affari. Il piano di riarmo europeo deciso da Ursula von der Leyen per 800 miliardi di euro, che sospende il Patto di Stabilità per le spese in cannoni e munizioni – dopo che ci hanno detto per vent’anni che non c’erano soldi per sanità, scuole e salari – è la dimostrazione più evidente che questa politica non ha più alcuna legittimità culturale, politica, democratica. La sconfitta della linea iper-bellicista è stata così traumatica da scatenare una vera e propria guerra civile tra diverse fazioni delle oligarchie occidentali: i sacerdoti dei vincoli esterni e del pilota automatico si strappano le vesti; giornalisti, intellettuali, editorialisti che per tre anni hanno sostenuto la più dannosa propaganda, cercano ora di riconquistarsi goffamente uno spazio nel dibattito pubblico ed è la migliore prova possibile che per il 99% si tratta di una situazione potenzialmente eccellente.
Negli ultimi 40 anni, l’1% più ricco del pianeta ha portato a termine la più grande rapina della storia dell’umanità senza doversi preoccupare di chissà quale reazione popolare; le classi popolari erano troppo occupate a farsi la guerra tra loro a suon di armi di distrazione di massa create ad hoc dalla propaganda a libro paga delle stesse oligarchie. Ora che a scannarsi sono loro, non ci resta che ribaltare alla radice il rapporto e approfittarne per riprenderci tutto quello che è nostro: per questo motivo abbiamo deciso di tenerci alla larga dalle opposte tifoserie – destra o sinistra, trumpiani o anti-trumpiani – che, tra fiumi di retorica, cercano ancora una volta di arruolare, sulla base di parole d’ordine vuote e ipocrite, pezzi di consenso popolare a favore di una fazione o l’altra. Noi diciamo senza tentennamenti che devono andare #tuttiacasa. E con questo appello annunciamo l’inizio di un percorso ampio e plurale di mobilitazione popolare affinché tutti quelli che non si sono resi responsabili di questa disfatta (e che non hanno nessuna intenzione di pagarne i costi) uniscano le forze per restituire al nostro straordinario Paese l’indipendenza e la sovranità popolare delle quali ha bisogno per approfittare delle straordinarie opportunità che questa fase di cambiamenti mai visti in un secolo oggettivamente può offrire.