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Ma è proprio vero che il raid di Hezbollah è stato un fallimento?

La Stampa: “Israele stoppa Hezbollah”; “distrutte centinaia di postazioni missilistiche”, “così l’IDF ha sventato la mossa di Nasrallah”. “Tel Aviv schiaccia l’arsenale di Nasrallah” rilancia Il Giornanale, che tramite la penna di Fiamma tricolore Nirenstein parla di “risveglio dal letargo”: “Dov’è l’aviazione? Questa fu la tragica domanda che tutta Israele si è posta il 7 ottobre” scrive la turbosionista più inviperita del giornalismo italiano, una domanda che – esulta – “ieri non ci siamo dovuti ripetere”. Per Gian Micalessinofobia s’è trattato di “un altro umiliante fallimento che impone ad Hezbollah e ai suoi alleati di abbassare le orecchie per evitare batoste peggiori”. Insomma, la propaganda occidentale a sostegno di apartheid e genocidio non ha dubbi: anche domenica mattina Israele ha dimostrato, in modo plateale, la sua superiorità nei confronti dei beduini col turbante e, come accade da due anni a questa parte anche in Ucraina, è talmente civile e progredita che anche nel bel mezzo di una guerra, i comunicati ufficiali delle sue forze armate non sono mera propaganda, ma pura e semplice verità e quindi basta ripubblicarli, cambiando qualche parola qua e là, ed ecco che l’articolo è confezionato. Potrebbe non essere esattamente il modo migliore per provare a cercare di capire qualcosa, diciamo; ora, siccome ovviamente – come nessuno dei pennivendoli a libro paga della propaganda filosionista – nemmeno noi abbiamo gli strumenti per capire in modo indipendente cosa sia successo esattamente tra sionisti ed Hezbollah domenica mattina, oggi abbiamo deciso di limitarci a offrire un servizio molto semplice: vi proviamo a illustrare il punto di vista della controparte che, diciamo, dovrebbe essere un po’ l’ABC dell’informazione. Ovviamente, essendo la controparte anch’essa coinvolta in una guerra, anche il suo punto di vista va interpretato come propaganda esattamente come quella imperialista fasciosionista e quindi va presa con le molle; però ecco, visto che parliamo di un genocidio, forse bilanciare le dichiarazioni dell’occupante criminale con quelle di chi gli resiste potrebbe aiutarci ad avere un’idea un minimo più attinente alla realtà. Ma prima di compiere questa operazione eretica di farvi sentire anche la campana di chi osa opporsi allo sterminio, vi ricordo di mettere un like a questo video per aiutarci a combattere anche oggi la nostra piccola battaglia contro la dittatura degli algoritmi e, se ancora non lo avete fatto, anche di iscrivervi a tutti i nostri canali social e di attivare tutte le notifiche: a voi costa solo pochi secondi del vostro tempo, ma per noi fa davvero la differenza e ci permette di impedire che le uniche voci in circolazione siano quelle delle Fiamme tricolori Nirenstein e dei Micalessinofobia del momento.

Hassan Nasrallah

Un primo leggerissimo sospetto che, nel descrivere le operazioni di domenica mattina, le fonti delle forze armate israeliane e la propaganda fasciosionista de noantri stessero sparando una quantità considerevole di minchiate m’è venuto quando è cominciata a circolare la prima stima del numero di missili di Hezbollah abbattuti nell’attacco preventivo di Tel Aviv: “Israele distrugge 6000 missili di Hezbollah” riportava la grafica impressa in bella mostra su Rainews24. Minchia, 6000 missili sono un po’ tantini ho pensato; cioè, quando in aprile Teheran lanciò l’operazione True promise, i missili coinvolti erano 150 e non s’è parlato di altro per giorni. 6000 missili vuol dire che ti stai preparando a una guerra vera e se Tel Aviv viene a sapere che Hezbollah sta iniziando una guerra vera, ho come l’impressione che non reagirebbe in punta di fioretto, ecco. Mi aspettavo quindi di sentir parlare di decine e decine di vittime civili; insomma, una cosa grossa. Macché: si parlava sì di 100 caccia israeliani entrati in azione, ma che alla fine avevano causato 6 vittime civili (che poi sono diventate 3), cioè meno di quante un israeliano medio di sani principi mieta nell’arco di una giornata solo perché magari i falafel che gli servi sono troppo unti o la schiuma del cappuccino è montata male. Mi sembrava una contraddizione così evidente, eppure – per quello che ho potuto sentire – a nessuno gli veniva il sospetto, manco 24 ore dopo sui giornali, dopo che hanno avuto un intera giornata per rimuginarci sopra: così hanno detto due criminali di guerra come Bibi Netanyahu e Yoav Gallant e così è. Punto.
Per non sentirmi l’unico scemo che si fa venire in mente strane idee, come spesso accade, son dovuto andare a leggermi direttamente un po’ di giornali locali – e non quelli filo palestinesi, eh? Quelli ultra-sionisti, come il Jerusalem Post, l’organo ufficiale della destra ultra-liberista e colonialista che però, siccome sa di essere in guerra e che per vincere una guerra raccontarsi le favolette non basta, ogni tanto è costretta a squarciare il velo della propaganda per babbioni creduloni; a questo giro lo fa per bocca di Tamir Hayman, che è nientepopodimeno che l’ex capo della direzione intelligence delle forze armate israeliane, che arriva alle mie stesse banali conclusioni: “Se davvero Hezbollah avesse pianificato di lanciare 6000 missili, in parte anche verso il centro di Israele, come indicano i rapporti ufficiali” avrebbe dichiarato Hayman “allora Beirut in questo momento sarebbe a fuoco e fiamme”. In realtà invece, non solo Beirut non era avvolta dalle fiamme, ma la gente era comodamente al mare e non solo a Beirut, ma anche molto più a sud, a pochi chilometri dal confine, come documenta questa foto postata sul profilo Twitter di War Monitor; “Sionisti: la gente nel sud del Libano è terrorizzata” scrive sarcasticamente nel commento. Nel frattempo, in Israele veniva dichiarato lo stato di emergenza per 48 ore, venivano bloccati i voli dall’aeroporto Ben Gurion e venivano aperti i rifugi pubblici di Tel Aviv e di tutto il nord, a partire da Haifa, dove venivano sospese tutte le attività didattiche: “Non c’è nessuna possibilità che questo fosse il piano e soprattutto che questa sia stata la risposta israeliana a un piano del genere” avrebbe ribadito Hayman; di fronte a un piano del genere la risposta sarebbe stata senz’altro quella di “iniziare una guerra totale”.
Il sospetto che la propaganda filo-sionista ci stesse prendendo un po’ per il culo si è poi fatto ulteriormente strada quando sono andato a guardare, un po’ più nello specifico, esattamente gli Israeliani cosa dicevano di aver abbattuto nel loro fantasmagorico attacco preventivo; prima, infatti, su Israel Hayom si riportava che “Secondo quanto riferito, l’IDF ha condotto un attacco su missili a lungo raggio”, quindi missili che sarebbero serviti a colpire il cuore di Tel Aviv, sostanzialmente. Poi, invece, magicamente i missili a lungo raggio si trasformavano in “razzi a corto raggio puntati sul nord di Israele” e quindi, sostanzialmente, solo per le aree del nord che sono già state evacuate da tempo, senza grossi rischi per i civili; e poi magicamente si passava a parlare non più di missili né a lungo né a corto raggio, ma di lanciarazzi, e qualsiasi versione uscisse, i nostri media non facevano che riportarla fedelmente come verità provata, senza mai porsi mezza domanda. “La narrativa sionista su quanto accaduto è piena di bugie e riflette il livello di debolezza di questa entità” ha tuonato Nasrallah durante il suo comizio, poche ore dopo il termine del raid: “Le chiacchiere del nemico sul bombardamento di missili strategici di precisione pronti a colpire Tel Aviv sono una completa menzogna” perché “noi non avevamo nessuna intenzione di usare queste armi”; Nasrallah ha affermato che “i nostri missili balistici sono ben nascosti, pronti ad essere utilizzati quando e se sarà necessario” e che “nessuno dei nostri missili strategici è stato danneggiato”. Secondo la versione di Nasrallah “Il nemico ha colpito valli che pensava contenessero piattaforme per missili balistici”, ma in realtà il comandante Fouad Shukr – e cioè proprio l’uomo che Israele ha assassinato a fine luglio a sud di Beirut scatenando questa escalation – “le aveva fatte evacuare tempo fa”; ed ecco così che, ribadisce Nasrallah, “Nessuna piattaforma di lancio è stata danneggiata prima dell’operazione, e le piattaforme dei droni non sono state esposte ad alcun danno, né prima né dopo l’operazione”.
Il sospetto che l’operazione portata a termine dai 100 caccia israeliani fosse più un’operazione di public relation che non una vera ed efficace operazione militare, è avallato anche dalla testata antimperialista libanese Al Akhbar: “In concomitanza con la massiccia spinta mediatica volta a fabbricare una spettacolare storia di successo a favore di Israele” scrive il giornale, “l’esercito nemico ha pubblicato un videoclip con scene dell’attacco”, ma “ciò che colpisce nel video è che nelle scene non compaiono lanciamissili o combattenti della resistenza, ma solo campi, alberi e rocce” quando in passato invece, all’inizio della guerra, i vari video pubblicati a fini propagandistici “mostravano chiaramente piattaforme missilistiche, combattenti della resistenza o veicoli militari”. Che l’attacco sia stato tutt’altro che letale è anche quello che ha denunciato, carico di delusione, il corrispondente della radio dell’esercito israeliano Doron Kadosh: “L’attacco di stamattina nel sud del Libano” avrebbe affermato “non è quello che riporterà i 60 mila coloni israeliani evacuati nelle loro case, e che imporrà a Hezbollah di smettere di lanciare missili contro gli insediamenti senza interruzione”; dopo questa messinscena “Lo scambio di attacchi continuerà come sempre, come anche la sofferenza negli insediamenti del nord”. “Quello che volevamo lanciare durante questa operazione” ha affermato ancora Nasrallah durante il suo comizio “erano 300 missili. E ne abbiamo lanciati 340. Il nemico” ha concluso “non ha ostacolato niente”. Yair Kraus, il corrispondente dal nord di Israele di Yedioth Ahronoth, il tabloid più venduto del paese, ha ricordato come “Gli israeliani sono in trepidante attesa di vedere le loro forze armate superare i confini col Libano dopo quasi un anno che vivono come anatre in un poligono di tiro”; Kraus ricorda come la mattina di domenica si trovasse nella città di Acri, l’insediamento urbano israeliano più popolato a ridosso del confine col Libano: “Dall’interno del rifugio sigillato, senza aria condizionata e luci spente a causa dei razzi che colpivano le linee elettriche” ha dichiarato Kraus “ho sentito chiaramente il frastuono dell’esplosione dovuta all’impatto di un missile intercettatore a poche decine di metri di distanza. Ho provato comunque a rassicurare tutti, dicendo che da lì in poi tutto sarebbe cambiato. Ma non è andata così”. “Poche ore dopo” ha continuato il corrispondente “è arrivata la direttiva che ci ha tolto il terreno sotto i piedi ancora una volta… l’attacco [israeliano] era stato fermato. Invece di approfittare dell’attacco preventivo, Netanyahu ha ordinato la ritirata degli aerei”; anche questa volta “Ministri e generali ci hanno ingannato con falsi slogan e promesse vuote”. “Israele ha fallito; gli abitanti del Nord non sono protetti” ha dichiarato il parlamentare del Likud Hanokh Milibitzky; “Sono i nemici di Israele a determinare i tempi e l’intensità dell’escalation. Non noi” gli ha fatto eco il leader del partito Nuova Speranza (nato da una scissione del Likud) Gideon Saar.
Insomma: per chi – alla fine – in mezzo al conflitto ci sta sul serio, il trionfalismo di Fiamma tricolore Nirenstein, di Micalessinofobia e di tutto il circo mediatico italiano sembra (piuttosto chiaramente) abbastanza fuori luogo; Nasrallah ha dichiarato che l’operazione ha ottenuto tutti gli obiettivi che si erano prefissati: in una prima fase sarebbero stati lanciati circa 300 razzi Katyusha verso 11 siti militari e caserme della Galilea e del Golan per saturare il sistema di difesa israeliano dell’Iron Dome e, a quel punto, alcuni droni sarebbero stati indirizzati verso le basi di Ein Shemer e di Hadera, che si trovano a oltre 70 chilometri dal confine col Libano, e soprattutto verso la base di Glilot, alla periferia nord di Tel Aviv, dove si trova il quartier generale della famigerata Unità 8200, l’unità militare delle forze armate israeliane incaricata di spionaggio elettronico e guerra cibernetica. Ovviamente ogni propaganda se la fa un po’ alla sua gambetta: per Hezbollah, in questo modo la resistenza ha dimostrato di essere in grado di colpire duramente in profondità Israele in qualsiasi momento e se ci sono andati con i guanti di velluto è solo perché, a differenza dei sionisti, sono responsabili e non vogliono offrire scuse per un’escalation che per Netanyahu, alla fine, sarebbe l’unico modo per ricompattare il paese e rimandare la sua disfatta – che invece sarebbe una conseguenza inevitabile di questo lungo logoramento che ha portato la vibrante e dinamica perla del Medio Oriente a entrare in una lunga (e forse irreversibile) fase di declino, anche economico; per Israele, invece, questa non è stata altro che l’ennesima dimostrazione che – alla fine – la resistenza abbaia ma non morde e che la Terra Promessa è destinata per volontà divina a trionfare sugli infedeli che la circondano. La cosa certa è che se volete provare a capire qualcosa di cosa succede in Medio Oriente, l’unico modo è che gettiate nel cestino i giornali mainstream, spegniate la Tv e accendete Ottolina Tv – e magari la aiutate anche a crescere e a diventare sempre più grande e sostenibile. Come si fa lo sapete già: basta aderire alla nostra campagna di sottoscrizione su GoFundMe e su PayPal.

E chi non aderisce è Fiamma tricolore Nirenstein

OttolinaTV

27 Agosto 2024

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