di Alessandro Bartoloni Saint Omer
Lo chiamano mercato, lo chiamano turismo, ma è sfruttamento legalizzato e negazione del diritto allo studio affogato nei costi fuori controllo di un posto letto. C’è un modo subdolo e straordinariamente efficace per impedire di studiare, frenare la mobilità sociale e consolidare l’ingiustizia generazionale: far schizzare alle stelle il costo degli affitti nelle città universitarie. Non si tratta solo dell’avidità di qualche proprietario disonesto: è un sistema economico che lucra consapevolmente sugli studenti e sulle loro famiglie: a dirlo non è uno sfogo qualunque, ma un’indagine di Immobiliare.it riportata in un articolo del Manifesto, che ha analizzato l’andamento dei prezzi delle stanze in affitto dal 2021 ad oggi confrontandoli con quelli di appartamenti di varie dimensioni (mono-, bi- e trilocali) nelle principali città universitarie italiane.
Il risultato? I prezzi delle singole sono esplosi in modo sproporzionato rispetto agli affitti tradizionali: a Bologna, per esempio, una stanza costa oggi il 73% in più rispetto a quattro anni fa (651 euro al mese), mentre gli appartamenti sono aumentati solo del 30%; a Padova l’aumento è del 61% (508 euro al mese), seguita da Firenze con +59% (618 euro al mese), dove i monolocali si sono fermati a +38%. A Torino il prezzo delle stanze è salito del 56% (483 euro al mese), con un divario ormai ridicolo rispetto ai monolocali: appena 20 euro. E poi c’è Milano, regina indiscussa del caro-affitto: +44%, con una stanza che tocca in media i 714 euro al mese. I bilocali? Crescono solo del 27%. A Napoli il rincaro è del 43%: una stanza oggi costa 468 euro al mese; anche lì, per affittare regolarmente, serve un 20% in più.