La religione dell’Olocausto, l’unica vera grande religione rimasta in Occidente, è uno dei pezzi forti del politicamente corretto ed è tenuta appositamente in piedi da americani e sionisti per mantenere l’Europa in uno stato di senso colpa perenne e subalternità geopolitica. Ogni anno vediamo scolaresche prendere parte a pellegrinaggi guidati ad Auschwitz, allo stesso modo dei fedeli messicani che si recano al santuario della Vergine de Guadalupe o i cinesi alla casa di Confucio; del resto, tutti gli studenti occidentali sembrano poter rimanere nella più assoluta ignoranza di tutta storia contemporanea, eccetto per gli eventi che hanno condotto alla Shoah, sulla quale sciorinano a memoria poesie, date, personaggi, battute di film. Ma perché si celebra la giornata della memoria per ricordare l’orrore della Shoah e non si celebrano, ad esempio, altre giornate della memoria dedicate ad altre stragi e ingiustizie storiche? Ad esempio una giornata della memoria per Hiroshima, per il genocidio degli armeni, per quello dei nativi americani, per il milione di iracheni morti nell’invasione illegale del 2003 o per le vittime del colonialismo? E ancora, perché continuare a parlare dell’antisemitismo come se fosse un problema ancora attuale, quando è evidente a tutti di come, in Occidente, quello ebraico sia oggi forse il popolo in assoluto più protetto e che sia invece l’islamofobia ad aver preso il posto dell’antisemitismo della prima metà del 900?
Purtroppo, essendo questa ideologia della Shoah diventata una vera e propria religione, è assolutamente inutile cercare della risposte razionali a queste domande e l’unica cosa che possiamo fare è, invece, cercare di capire la funzione ideologica di questo nuovo culto, che ha di fatto scalzato nella nostra Europa le vecchie religioni monoteistiche. Come vedremo in questo video, a porsi la questione della funzione politico-ideologica di questa strana forma di idolatria non siamo certo noi i primi (né i soli): almeno a partire dagli anni 80, infatti, un’intera storiografia ebraica si è rifiutata di studiare l’Olocausto con approcci antiscientifici e di vedere strumentalizzata la tragedia del proprio popolo per legittimare certi rapporti di forza politici o, addirittura, altre tragedie; la nuova religione espiatoria dell’Olocausto, infatti, non ha soltanto lo scopo evidente di legittimare indirettamente i crimini del sionismo e dell’occupazione militare USA del vicino Oriente, come, dal 7 ottobre in poi, forse addirittura i anche lettori di Repubblica e di Libero avranno capito, ma la sua funzione ideologica principale resta quella di eternizzare il senso di colpa dell’Europa per il tentato genocidio ebraico nazifascista e, in questo modo, eternizzare l’occupazione militare permanente da statunitense del nostro suolo.
Questa nuova pericolosa religione sussurra pressappoco così agli orecchi vergini di storia delle nuove ed ingenue generazioni di europei: i tuoi antenati hanno massacrato gli ebrei e, per questo, dovranno pagare per sempre per questo crimine a tempo indeterminato, accettando per sempre l’occupazione militare di basi americane simbolicamente investite del compito di far sì che mai più voi cattivi europei irresponsabili possiate ricadere in Hitler (o facsimili) o in Stalin (o facsimili); gli ebrei hanno subito l’Olocausto – sussurra poi non contenta con messaggi subliminali – e quindi adesso hanno acquisito una sorta di capitale morale spendibile a piacimento e un status speciale tra tutti i popoli del mondo che li legittima a impossessarsi di terre non loro in Palestina e di commettere crimini atroci con l’appoggio della comunità internazionale.
Ma quali sono, quindi, i dogmi fondamentali sui quali si fonda la religione olocaustica? Uno di questi, come si sente ripetere fino allo sfinimento, è che la Shoah sarebbe stata il male assoluto; ora, anche ad una breve e superficiale indagine razionale, l’Olocausto non può essere in alcun modo definito il male assoluto: “Nel mondo, non esistono mali assoluti, ma solamente mali umani. Ogni male umano, in quanto umano, è relativo e contingente, niente di ciò che avviene ha il carattere dell’assolutezza e mali ben peggiori sono successi in passato e potrebbero succedere in futuro” commenta Costanzo Preve in Una nuova storia alternativa della filosofia. E per quale ragione, poi, il genocidio dei nativi americani, giusto per fare un esempio, dovrebbe essere ritenuto un male minore relativo al tentato genocidio ebraico? Altro dogma fondamentale su cui si regge la religione della Shoah è che essa sarebbe stata un crimine unico, eccezionale, un qualcosa di senza paragoni nella storia; ma per quanto – a nostro modesto parere – possa essere sicuramente definito uno dei peggiori crimini della storia umana, ogni classifica non può essere che parziale e soggettiva e, probabilmente, un nativo della foresta amazzonica non sarebbe affatto d’accordo.
La Shoah non ha purtroppo nulla di unico o di eccezionale, come in lungo e in largo una certa storiografia ebraica ha invece cercato inutilmente di dimostrare con argomenti ridicoli: di tentati genocidi e di genocidi riusciti, per non parlare di stragi, massacri e pulizie etniche, sono piene le pagine di storia e con numeri anche ben più alti di quelli del tentato genocidio ebraico condotto dai nazifascisti dello scorso secolo. Ancora più grave e irrazionale, poi, è questa idea della colpa collettiva, ossia che tutti gli europei (e in particolare i tedeschi) dovrebbero per sempre sentirsi in colpa per via dei crimini commessi dai loro tris-quadrisnonni: “L’idea di responsabilità collettiva” scrive Preve “totalmente estranea allo spirito ed alla lettera della filosofia greca è una ripugnante eredità assiro-babilonese, o meglio ne è una contorta secolarizzazione. Sono nato nel 1943. Non mi sento affatto, e non sono, minimamente responsabile del cosiddetto Olocausto. Se faccio l’operazione mentale artificiale di spostarmi retroattivamente nel tempo, sarei stato contro, ed anzi spero che avrei avuto il coraggio di oppormi attivamente. Il popolo tedesco non è affatto responsabile dell’Olocausto, ma soltanto chi vi ha attivamente partecipato lo è. Il popolo americano non è responsabile per Hiroshima, ma solo la sua classe dirigente criminale lo è”. Anche oggi il popolo ebraico non è affatto responsabile per gli atti criminali del suprematismo sionista commessi nell’ultimo anno e mezzo, ma solo i suprematisti sionisti lo sono; accettando la religione olocaustica e l’irrazionale principio assiro-babilonese della responsabilità collettiva, gli europei hanno invece accettato di poter essere ricattati per sempre. Insomma: anche questa idolatria dovrà prima o poi essere abbattuta e sostituita da una riconsiderazione razionale della storia del novecento, una storia senza banalità, demoni, irruzioni del maligno o mali assoluti e, soprattutto, una storia nella quale si considerano non solo i crimini dei nazisti e di certi regimi socialisti, ma anche quelli dei cosiddetti liberali, che, in termini di genocidi e crimini contro l’umanità, sono veramente gli ultimi a poter dare lezioni di moralità persino a gente come Hitler. Buona giornata della memoria.
Prima di cominciare, vorrei qui proporvi una breve riflessione (del sempre ottimo Niccolò Biondi sulla sua pagina Osservatorio sul neoliberismo italiano), particolarmente adatta a questa giornata: al di là dell’uso strumentale che ne è stato fatto, le varie giornate della memoria sono state, per le società europee, un importante momento per capire cosa fu il nazismo, per ricordare e conoscere quale sia stata la meticolosa e spietata organizzazione dello sterminio del popolo ebraico e di varie categorie sociali ritenute indesiderabili (oppositori politici, omosessuali, nomadi, disabili, ecc.); tuttavia, senza la vita vissuta nell’ultimo anno, dall’inizio della pulizia etnica di Gaza, ci sarebbe mancata la concreta esperienza delle condizioni politiche, sociali e culturali che hanno prodotto l’Olocausto. Tutte le parole su “come sia stato possibile” che riempiono la retorica del giorno della memoria, hanno trovato una concretezza reale dal 7 ottobre 2023: “Non mi riferisco soltanto a quel pezzo di società e politica israeliana, esplicitamente e pienamente sionista, che promuove il colonialismo, il disprezzo del diritto internazionale, la volontà di potenza del popolo israeliano e lo sterminio dei palestinesi sulla base del progetto dell’espansione politico-territoriale verso la Grande Israele e sulla base di una concezione suprematista della realtà che ha fondamenti religiosi (il popolo eletto che ha diritto al suo Stato, che ricorda molto l’idea – questa tuttavia laica – del popolo tedesco che ha diritto al suo spazio vitale). In questo ordine di cose, il paragone con l’ideologia e la pratica nazifascista sarebbe fin troppo facile”; ma il riferimento più importante è a noi, alla nostra società e vita quotidiana.
Uno degli effetti della retorica sul nazismo, infatti, è stato quello di considerare i nazisti (e i tedeschi del tempo) come dei mostri, nei quali albergava un male assoluto e quasi fuori da questo mondo; anche per questo nella nostra società non abbiamo mai provato veramente a immedesimarci nel cittadino tedesco medio dell’epoca, un nazista semplice che alimentava la vita del regime, in alcuni casi – sì – con adesione entusiastica al regime, ma molto più spesso con un misto di egoismo, menefreghismo, senso di impotenza, talvolta paura “E con la differenza che, un secolo fa, c’era molta meno conoscenza diffusa della macchina dello sterminio dei campi di concentramento, mentre oggi le immagini che arrivano da Gaza occupano persino i telegiornali”. Ecco: senza l’ultimo anno e mezzo, nonostante tutti i giorni della memoria della nostra vita, non avremmo potuto davvero comprendere come sia potuto accadere; non avremmo potuto vivere in prima persona tutta l’indifferenza, il senso di impotenza, la vergogna a parlarne nei discorsi tra amici e colleghi al lavoro, il sostegno esplicito di pezzi di società, politica e media collusi con gli ambienti di potere israeliani, la censura dei mezzi di informazione, la propaganda organizzata e diretta da centri di potere, che rendono possibile un tentato genocidio – in questo caso il primo tentato genocidio in diretta streaming della storia dell’umanità. La nostra società, conclude Biondi, dopo decenni di giornate della memoria e di mai più, si è scoperta molto più simile a quella nazista di quanto ci saremmo potuti attendere; e il cittadino tedesco dell’epoca nazista risulta oggi molto più umano e simile a noi di quello che pensavamo.
Ma torniamo alla religione olocaustica: come scrive il nostro Matteo Andriola, la storiografia è da sempre una delle armi più potenti nelle mani di leader, regimi e movimenti. Mobilitare il passato di una nazione, di un gruppo etnico, di una classe sociale o di un movimento politico ha rappresentato, negli ultimi duecento anni, un elemento fondamentale di alcune delle più importanti evoluzioni della storia europea; questo meccanismo, che non tralascia nessun tema storico, specie dell’età contemporanea, coinvolge anche una tragedia come quella dell’Olocausto, evento strumentalizzato dagli Stati Uniti e dallo Stato d’Israele e usato come mito fondativo della nuova Europa occupata e del nuovo progetto coloniale in Medio Oriente. Negli anni 80 è nata una corrente storiografica israeliana molto onesta intellettualmente, la nuova storiografia israeliana o nuova storiografia post-sionista, sviluppatasi attorno al biennio 1987-1988 e composta da studiosi israeliani come Benny Morris, Ilan Pappé, Baruch Kimmerling, Avi Shlaim, Tom Segev, Michael Cohen, Filkenstein e altri; questa corrente si è allontanata dalla tradizionale narrazione sionista della storia ebraica sfidandola in campo aperto, sottolineando come essa abbia svolto una funzione di supporto per la leadership politica del Paese, immobilizzando la memoria del passato, paralizzando il giudizio critico e il riconoscimento delle responsabilità israeliane nei confronti sia dei vicini arabi sia che dei palestinesi.
Sul rapporto tortuoso fra Israele e Olocausto, questa corrente storiografica ha dato il meglio di sé con autori come il già nominato Tom Segev e il suo saggio del 1993 The Seventh Million: The Israelis and the Holocaust: in questo libro Segev, usando diari, interviste e migliaia di documenti, ricostruisce ad esempio l’atteggiamento tenuto da ‘yishuv’ (la comunità ebraica presente in Palestina prima della fondazione dello Stato) nei confronti della Germania nazista; Segev, nonostante sia israeliano, non angelizza i pionieri del sionismo come fa la nostra propaganda e descrive i progetti comuni e i rapporti stretti tra i primi sionisti e i nazisti per il trasferimento degli ebrei in Palestina. È documentato, infatti, che l’Agenzia ebraica incaricò Arthur Ruppin, fondatore di Tel Aviv, di viaggiare nella Germania hitleriana, dove incontrerà il dottor Hans F. K. Günther, teorico del razzismo völkisch nazista, e i ministri delle Finanze e degli Esteri, negoziando col primo il prezzo per l’immigrazione degli ebrei tedeschi in Palestina.
Uno storico molto citato sul nesso Israele/Shoah – e forse quello che ci aiuta meglio a capire in cosa consiste la religione dell’Olocausto – è Norman Gary Finkelstein: ebreo americano e figlio di deportati nei campi di concentramento, Finkelstein è uno storico e politologo docente alla New York e alla DePaul University. Come prevedibile, Finkelstein è stato licenziato nel 2007 a causa delle sue posizioni critiche nei confronti di Israele e delle polemiche sorte intorno alla sua definizione di industria dell’Olocausto, termine reso noto dall’omonimo libro, L’industria dell’Olocausto. Lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei, ristampato proprio lo scorso anno da Meltemi Editore di Milano: con questo termine, Finkelstein indica tutta la macchina della propaganda che si è messa in moto per strumentalizzare la Shoah a fini politici o mercantili; il testo non è direttamente collegato agli avvenimenti attuali, ma è ancora utilissimo per destrutturare il discorso sull’Olocausto sviluppatosi non dalle reali sofferenze degli ebrei d’Europa nel corso del secondo conflitto mondiale, ma dalla necessità di rafforzare l’immagine del baluardo costituito da Israele nel Medio e vicino Oriente a favore degli interessi imperialistici statunitensi. “L’informazione sull’Olocausto” – si legge nel libro – è in realtà “un’operazione d’indottrinamento e di propaganda, un ribollio di slogan e una falsa visione del mondo il cui vero intendimento non è affatto la comprensione del passato, ma la manipolazione del presente”.
Secondo lo storico ebreo americano, due assiomi centrali stanno a sostegno dell’impalcatura ideologica dell’Olocausto: il primo, di cui abbiamo già parlato, è che esso sarebbe stato un evento storico unico e senza paragoni nella storia; il secondo è che certa storiografia mainstream ha cercato di far passare l’Olocausto addirittura come l’apice dell’eterno odio dei non ebrei nei confronti degli ebrei. Secondo questa teoria, la soluzione finale di Hitler non sarebbe l’apice dell’antisemitismo nazista, ma addirittura lo sbocco dell’odio millenario e delle persecuzioni dei non ebrei nei confronti degli ebrei; insomma: una sorta di delirio paranoico portato a livelli cosmici. “È inutile cercare qualche prova storica di tale impulso omicida dei gentili (i non ebrei) nei nostri confronti” scrive Finkelstein: “Lo sforzo titanico dello storico Daniel Goldhagen ad esempio di dimostrare una variante di questa affermazione in Hitler’s Willing Executioners [I volonterosi carnefici di Hitler] sfiora addirittura il ridicolo “; “Il mondo vuole cancellare gli ebrei […] il mondo ha sempre voluto cancellare gli ebrei” ha sostenuto una volta la scrittrice ebrea Cynthia Ozick, “Ma se il mondo volesse veramente vedere morti gli ebrei” commenta Finkelstein “c’è davvero da stupirsi del fatto che essi siano vivi e che, diversamente dalla maggior parte dell’umanità, non stiano proprio morendo di fame”.
In verità, Il dogma dell’odio eterno dei non ebrei nei confronti degli ebrei è stato utile tanto per giustificare la necessità di uno Stato ebraico in Palestina quanto per rendere conto della fisiologica ostilità politica dei vicini nei confronti del loro progetto coloniale: lo Stato ebraico, secondo la religione olocaustica, sarebbe infatti l’unico baluardo contro la prossima e quasi inevitabile esplosione di antisemitismo omicida che cova in forma antropologica in tutte le persone del pianeta. Questo dogma ha contribuito a dare carta bianca a Israele nella testa di milioni di occidentali; in fondo, vista l’inguaribile e ferrea determinazione dei non ebrei nell’uccidere gli ebrei, questi hanno tutti i diritti di proteggersi come meglio credono: “Qualunque espediente a cui possano ricorrere gli ebrei, perfino l’aggressione e la tortura, costituisce in fondo solo una legittima difesa.”
Ma concludiamo questa nostra puntata dedicata alla giornata della memoria con quest’ultima considerazione di Preve: “Non c’è dubbio che una delle forme in cui il potere si manifesta è la censura delle opinioni dissenzienti e l’impedimento penale e giudiziario della libertà d’espressione. La cartina di tornasole per capire quali siano realmente i fattori ideologici di legittimazione di un sistema sociale è infallibilmente rinvenibile nelle proposizioni penalmente sanzionabili. Nel medioevo negare Dio era penalmente sanzionabile, in quanto Dio era il fondamento simbolico della legittimazione sociale feudale, mentre oggi qualunque mascalzone può vendere i jeans con Cristo che li indossa e può riempire di fango la religione fra gli schiamazzi approvativi della nuova plebe postmoderna. In compenso oggi negare l’Olocausto ebraico del 1943-45 è un reato penalmente perseguibile (del tutto indipendentemente dal fatto che il genocidio nazista sia veramente avvenuto nei termini e nella quantità simbolica del famoso 6 milioni), laddove sputare su Cristo non lo è più, perché il complesso di colpa dell’Europa deve essere mantenuto all’infinito, visto che sull’espiazione di questo complesso di colpa si basa l’appoggio al sionismo israeliano ed il mantenimento delle basi militari americane”.
E se anche a te sembrano ridicole tanto le posizioni dei negazionisti dell’olocausto – che, arrampicandosi su specchi e teorie astruse, cercano di negare l’evidenza del tentato genocidio – quanto i dogmi della religione olocaustica, e ti piacerebbe avere un canale che smonta ogni tentativo di strumentalizzare la storia per legittimare nuovi crimini, allora aiutaci a costruire questo canale e aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottosofia su PayPal e GoFundMe.
E chi non aderisce è David Parenzo
Integrazione al punto 2 del mio post di cui sopra.
Questa la puntata sulla RAI dell’altro ieri sera quando il Prof Franco Cardini ha ricordato a Paolo Mieli dell’esistenza dell’altro Olocausto:
https://www.raiplay.it/dirette/raistoria/Passato-e-Presente—Lindipendenza-dellIndia-d93957c1-6933-45c8-ae76-c2b25ff6f02b.html
1. “E se anche a te sembrano ridicole tanto le posizioni dei negazionisti dell’olocausto – che, arrampicandosi su specchi e teorie astruse, cercano di negare l’evidenza del tentato genocidio – quanto i dogmi della religione olocaustica,”, Ale
Domanda: come mai su TV e giornaloni finora hanno dato sempre largo spazio ai dogmi della religione olocaustica mentre invece agli storici revisionisti dell’olocausto, volgarmente etichettati “negazionisti”, è stato sempre negato qualsiasi spazio?
Altra domanda collegata: se sono così ridicole le loro posizioni, a maggor ragione e a rigor di logica, dovrebbero essere state sbertucciate su TV e giornaloni in lungo e in largo, come mai invece ciò non è mai avvenuto?
In pratica invece TV e giornaloni fanno come con quelli che contestano la versione farlocca ufficiale dell’11 Settembre, gli affibbiano un etichetta molto negativa nell’immaginario collettivo credulone dell’opinione pubblica, nel caso dell’11 Settembre è “complottisti” , nel caso dell’olacausto è “negazionisti”, e negano poi ogni tipo di dibattito, ergo, è evidente per chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale e indipendenza di pensero, che in entrambi i casi hanno i carboni bagnati, da notare anche che coloro che affibbiano subito queste etichette molto negative, negando anche qualsiasi dibattito aperto, sono quelli che in prima fila hanno tifato per il green pass, hanno tifato per l’Ucraina, hanno tifato per Israele, sono a favore dell’austerity degli eurocratidi Bruxelles, considerano gli USA un paese democratico, dicono senza alcuna vergogna che in Italia c’è vera libertà di stampa, ecc.. , insomma, sono loro i primi falsificatori seriali su TV e giornaloni, ma che strane coincidenze…..
Comunque , la religione olocaustica in Europa, serve anche alla sinistra governativa liberal , che di sinistra vera e propria non ha niente, in Italia PD & Company , per addossare la destra di colpe storiche criminali e malvage, in tal modo nessuna destra tradizionale è mai potuta venir fuori, e infatti ad esempio in Italia, Fini e Meloni non sono stati altro che dei servi dello Zio Sam e di Sion, poco ma sicuro!
2. L’altro Ieri sera il Prof Franco Cardini ha ricordato a Paolo Mieli dell’esistenza dell’altro Olocausto:
https://www.nuovarivistastorica.it/india-1942-1943-un-olocausto-dimenticato-a-proposito-di-un-recente-volume-di-franco-cardini/
e che ha fatto Paolo Mieli? Con la sua vocina effiminata ha continuato come se nulla fosse senza proferire un minimo commento, della serie: tale padre, tale figlio……..