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Lo strano complotto che lega Putin, Toti e Khodorkovsky

Cosa tiene insieme l’insediamento della quinta presidenza Putin, lo scandalo che ha travolto l’amministrazione Toti e il sistema Genova e lo spazio e la visibilità che i media e i politici italiani hanno concesso, ancora una volta, a un vero e proprio pirata del volto più feroce del capitalismo globale come Khodorkovsky? Un bel pippone, ovviamente! Provo a riassumere brevissimamente la mia tesi: da Toti a Khodorkosvky, la politica nelle colonie non è altro che una forma di criminalità organizzata; nel caso di Khodorkovsky – emblema per eccellenza degli oligarchi che hanno rapinato i paesi dell’ex Unione Sovietica quando gli USA hanno vinto la guerra fredda e li hanno trasformati, appunto, in colonie dell’imperialismo – quel sistema criminale e paramafioso è stato spazzato via quando è tornato al potere un leader nazionalista che ha cominciato un processo di decolonizzazione, per quanto lungo, tortuoso e ricco di contraddizioni. Nel caso di Toti, invece, siamo in un Paese che ancora deve essere liberato e, quindi, il collasso del suo sistema criminale non è dovuto a un processo di decolonizzazione, ma molto più semplicemente alla sostituzione di un sistema criminale perdente e in declino con un altro vincente: nella guerra per il controllo delle vie del mare e della logistica della colonia italica, infatti, Toti si era legato a doppio filo alla squadra perdente, quella di Spinelli, mentre in Italia si andava imponendo l’impero di Aponte, il proprietario e fondatore di MSC che, oltre a essere il primo armatore al mondo, sarebbe pure il quarto uomo più ricco d’Italia se non fosse che, in realtà, è andato in culo all’Italia e sta in Svizzera.
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Ieri sono andate in scena contemporaneamente due idee di Russia diametralmente opposte e inconciliabili: da un lato la Russia che vorrebbero le nostre classi dirigenti che ieri hanno accolto, come un Nelson Mandela qualsiasi, in audizione alla commissione esteri della Camera l’odiatissimo oligarca pluricondannato Mikhail Khodorkovsky, reo di aver approfittato del disfacimento del potere statale sovietico per impossessarsi, a suon di truffe e raggiri, di una fetta enorme di ricchezza nazionale e essersi costruito un impero personale paramafioso di dimensioni gigantesche sul quale, poi, ha cercato di fondare una carriera politica che ne garantisse gli interessi e l’impunità di fronte alla legge; dall’altro la Russia che vogliono i cittadini russi che ieri hanno partecipato alla cerimonia di insediamento di Putin, che ha inaugurato il suo quinto mandato presidenziale con un maxidecreto omnibus che traccia “Obiettivi di sviluppo nazionale della federazione russa per il periodo fino al 2030 e per il futuro fino al 2036” che, pur con tutti i limiti e le criticità possibili immaginabili, vanno in direzione diametralmente opposta agli interessi della cleptocrazia in esilio rappresentata, appunto, da Khodorkovsky.

Lia Quartapelle Squartapalle

A fare da maestro di cerimonie dell’ennesima figura imbarazzante dell’Occidente suprematista in declino di fronte al popolo russo non poteva che essere lei, la sempre più impresentabile Lia Squartapalle, l’impersonificazione stessa del peggior dirittumanismo imperialista e bombarolo, sempre pronta a inventarsi ogni genere di vaccata, a partire da un’idea di diritti umani all’altezza di una scolaresca di prima elementare per attaccare, in modo sguaiato e inconcludente, qualsiasi soggetto inviso alle oligarchie dell’impero. La sequenza di figure di merda colossali che la Squartapalle ha collezionata nel corso della sua lunga carriera di cane da guardia inferocito dell’impero è difficile da riassumere in poche parole; la mia preferita, comunque, è questa quando, un anno fa, aveva pubblicato la foto di questa telecamera all’esterno dell’ambasciata iraniana a Roma denunciando che era stata “montata su una forca” ad hoc come forma d’”intimidazione contro chi manifesta fuori dall’ambasciata” e aveva invitato il governo italiano a “non tollerare questo sfregio”. Peccato che, come rivelò subito dopo l’insospettabile sito Pagella Politica, in realtà la telecamera era lì “da più di 11 anni”; sarebbe stato bello poter dire che, a questo giro, s’è superata, ma con un curriculum del genere stabilire nuovi record è un’impresa tutt’altro che semplice. Senz’altro, però, possiamo dire che ce l’ha messa tutta: la compagna Lia, infatti, esordisce ricordando come il dottor Khodorkovsky “sia stato uno dei primi sostenitori del cambiamento democratico”, intendendo con cambiamento democratico la shock therapy imposta dall’imperialismo USA all’ex Unione Sovietica con la complicità di quell’alcolizzato di Eltsin e della sua corte che, in pochi anni, ha comportato più danni di una guerra civile moltiplicando, per diversi ordini di grandezza, il numero di poveri assoluti, riducendo di una decina di anni l’aspettativa di vita alla nascita e radendo completamente al suolo l’intero sistema produttivo mentre, appunto, creava un nuovo ceto di oligarchi parassiti; la compagna Lia, poi, ricorda come il dottor Khodorkovsky nel 2003 – quando, grazie alle aziende letteralmente scippate allo Stato, secondo Forbes era di gran lunga l’uomo più ricco della Russia e il sedicesimo più ricco al mondo – era stato così coraggioso da “aver criticato la corruzione endemica del Paese in un incontro televisivo con il presidente Putin” e che da allora, povera stella, è stato perseguitato da un regime che ha un cassonetto al posto del cuore e che, per meri motivi politici, ha deciso di accusarlo e poi addirittura di condannarlo per evasione fiscale e frode.
Secondo la giustizia russa, infatti, il paladino della libertà Khodorkovsky si era appropriato illecitamente di circa 12 miliardi di euro di soldi dei contribuenti; quello che la nostra cara Squartapalle si dimentica di ricordare, però, è che da allora Khodorkovsky ha impiegato una quantità di risorse inimmaginabile per riuscire a strappare una condanna per violazione dei diritti fondamentali di fronte alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo: come è noto, la legislazione sul rispetto dei diritti umani è così ampia e variegata che, con un impiego adeguato di risorse, non c’è sostanzialmente processo in Russia (come, d’altronde, anche in Italia, che viene regolarmente sanzionata – ad esempio – per il mancato rispetto delle scadenze temporali entro le quali ogni cittadino avrebbe il diritto di veder concludere il suo processo, per il quale non venga sollevata una qualche irregolarità); ciononostante, la Corte di Strasburgo, dopo aver – appunto – a più riprese sanzionato alcune violazioni relative, in particolare, alle condizioni e alla lunghezza della detenzione, ha respinto l’accusa che “la persecuzione fosse politicamente motivata” non una, non due, ma ben tre volte. La Corte ha affermato, infatti, “di non aver trovato evidenze del fatto che l’azione contro la Yukos” e, cioè, il colosso petrolifero di proprietà di Khodorkovsky, “sia stata arbitraria e ingiusta, che la Corte di Mosca abbia emesso un giudizio senza studiare in modo adeguato le prove o che alla Yukos sia stato impedito di fare ricorso in modo ingiusto”; la Corte ha inoltre affermato che “gli accertamenti fiscali per il periodo 2000 – 2003 erano legittimi e proporzionati” e che “Nessuna delle accuse contro i ricorrenti avevano riguardato le loro attività politiche, e gli atti di cui sono stati accusati non lo erano direttamente legati alla loro partecipazione alla vita politica”. E quindi “Anche nel caso vi fosse stata una motivazione impropria alla base del procedimento giudiziario, questo non esime gli accusati dal rispondere alle accuse”. Insomma: la realtà, come sempre, è l’esatto opposto di quella che la Squartapalle ha cercato di imporre approfittando del suo ruolo istituzionale; Khodorkovsky non è stato perseguitato per le sue posizioni politiche, ma – piuttosto – è diventato un oppositore politico per cercare di delegittimare la doverosa azione giudiziaria contro la sua colossale evasione fiscale.
Quando, dall’introduzione della Squartapalle, si passa alla testimonianza del povero perseguitato multimiliardario paladino della libertà, il viaggio nel mondo della post verità continua: nonostante la stessa intelligence USA abbia affermato più volte che la morte di Navalny non è attribuibile a una volontà diretta del governo, Khodorkovsky approfitta del diritto di tribuna garantitogli da Lia la svendipatria per affermare che “Putin non solo ha precluso la possibilità di partecipare a queste elezioni a qualsiasi oppositore, ma ha anche ucciso il suo oppositore politico Alexei Navalny”; ed è solo l’antipasto. Da ex capo di un impero criminale, Khodorkovsky accusa Putin di “non essere un capo di Stato, ma il capo di un raggruppamento mafioso”: “Nella maggior parte dei Paesi, tra cui l’Italia” afferma “ai gruppi mafiosi non è stata data la possibilità di prendere in mano lo Stato. Purtroppo invece in Russia ci sono riusciti. Un gruppo mafioso ha preso lo Stato, o meglio: c’è lo Stato, e poi un gruppo mafioso che lo controlla” e quindi, suggerisce, “i negoziati vanno portati avanti come si fa con dei gruppi mafiosi che hanno preso degli ostaggi” – a partire dalla questione dei fondi russi congelati che, sostiene Khodorkovsky, “non va percepito come denaro dei pensionati e dei cittadini russi”, ma come “soldi del gruppo mafioso”. E, infine, dà un terzo suggerimento prezioso: in Russia ci sono tanti dissidenti con altissime professionalità; non ci sono prove che siano dissidenti, perché hanno paura; ma garantisce Khodorkovsky. Il regime, però, anche se non sa che sono dissidenti (perché, per paura, se lo sono tenuto dentro e l’hanno confessato solo a Khodorkovsky) li tiene in ostaggio e non gli rinnova i documenti. Ecco allora che l’Europa dovrebbe accoglierli a braccia aperte anche senza documenti, che è sostanzialmente un invito ad accogliere a braccia aperte i peggio criminali perché tanto, secondo Khodorkovsky, in Russia non ci sono veri criminali, ma solo oppositori del regime dormienti; e, ovviamente, la compagna Lia gli dà ragione e sottolinea come lo stesso ragionamento andrebbe esteso anche a chi viene dalla Bielorussia e dalla Turchia, che devono godere di diritti che a tutti gli altri migranti che provengono anche da paesi dove davvero si rischia la morte per un tozzo di pane, sono ovviamente preclusi.
Che è un po’ la logica che sottolineavamo in quest’altro video a proposito dei filosionisti: le élite democratiche, sostanzialmente, stanno cercando di costruire una sorta di moderno sistema di apartheid dove chi la pensa come loro rappresenta una categoria sociale a parte, che gode di tutele e di privilegi speciali; nel caso specifico della Russia, l’obiettivo della Quartapelle è proprio quello di “fare del nostro Paese, uno di quei Paesi dove effettivamente si investe su un’idea diversa per il futuro della Russia” e, cioè, dove sostanzialmente – appunto – si riconoscono privilegi speciali a quelli che crediamo potranno rappresentare, in futuro, le nostre quinte colonne per un cambio di regime finanziato e fomentato dall’estero. Dopodiché ecco che interviene un’altra campionessa dei doppi standard e delle bombe umanitarie: la mitica Laura Boldrini che tra l’altro, negli scorsi due anni di deliri persecutori, è apparsa pure in qualche lista di proscrizione in quota putiniani di ferro; la Boldrini ringrazia Khodorkovsky il cleptomane perché “per il suo vissuto, per il ruolo che ha svolto nel suo paese e per quello che oggi sta svolgendo all’estero” ci aiuta a sensibilizzare il popolo vittima della propaganda putiniana sulle reali “condizioni di vita dei russi e delle russe”. La Boldrini che, evidentemente, nel tempo deve aver subito qualche bella strigliata, sottolinea come “molti russi non sono Vladimir Putin. Sono sinceri e democratici e rischiano la loro vita in nome di questa libertà, proprio come lei, che ne è un esempio”.

Mikhail Khodorkovsky

Segue, poi, il compagno Vincenzo Amendola, che compie un altro intervento rivelatore sulla psicologia della nostra classe politica: Amendola, infatti, sottolinea come la recente nazionalizzazione del braccio russo del gruppo Ariston rappresenti un altro episodio di quella tendenza illiberale del regime distopico del Cremlino che si era già manifestata nel 2003, quando – appunto – ad essere nazionalizzata era stata la Yukos di Khodorkovsky. Peccato che nella storia della Yukos di Khodorkovsky, appunto, non ci sia mai stato assolutamente niente di cosiddetto liberale: l’azienda, infatti – ribadiamo – era stata sostanzialmente regalata a Khodorkovsky ai tempi della shock therapy esclusivamente in base ai legami criminali con il Cremlino di allora, che era guidato da veri e propri amministratori coloniali dell’impero che avevano l’unico mandato di distruggere l’economia russa, in modo da minarne alle fondamenta la possibilità di rivendicare una qualche forma di sovranità e di consegnare quel poco che era rimasto nelle mani di una nuova classe di oligarchi totalmente subalterni all’agenda neocoloniale dell’impero che, mentre si arricchivano a dismisura, contribuivano – appunto – a sottrarre allo Stato la base economica necessaria nel futuro per emanciparsi, in qualche modo, da questa nuova forma di colonialismo; in quest’ottica, quindi, quando Amendola parla di regimi illeberali involontariamente ci rivela cosa intendono oggi i nostri politici svendipatria quando parlano di ordine liberale e, cioè, regimi politici incapaci di esercitare una qualche forma di sovranità e che operano attivamente per facilitare l’appropriazione privata di beni pubblici nelle mani di una classe di oligarchi con interessi contrapposti all’interesse nazionale, che portano avanti un vero e proprio piano eversivo anticostituzionale in nome degli interessi generali dell’imperialismo.
Nel frattempo, intanto, a Mosca il dittatore plurimorto inaugurava il suo quinto mandato con un decreto omnibus che effettivamente – se questa è l’idea di liberalismo della classe politica del giardino ordinato – è autoritario che più autoritario non si può: se durante l’epoca d’oro del liberalismo post sovietico caratterizzata dall’ascesa di Khodorkovsky – come ricorda la famosa rivista scientifica rossobruna British Medical Journal – si era registrato infatti “il più grande calo dell’aspettativa di vita in tempo di pace della storia”, ora il regime illiberale di Putin vuole costringere i suoi cittadini a campare di più e “aumentare l’aspettativa di vita a 78 anni entro il 2030 e a 81 anni entro il 2036, compresa la rapida crescita degli indicatori di aspettativa di vita in buona salute”; il decreto, inoltre, introduce l’obiettivo di “aumentare entro il 2030 il numero di cittadini anziani e di persone con disabilità che ricevono servizi di assistenza a lungo termine ad almeno 500 mila persone”, di “ridurre il livello di povertà al di sotto del 7% entro il 2030 e al di sotto del 5% entro il 2036”, di “ridurre il coefficiente Gini (che indica il livello di concentrazione dei redditi) a 0,37 entro il 2030 e a 0,33 entro il 2036” e di “garantire un aumento del salario minimo a un ritmo accelerato, compresa la sua crescita entro il 2030 di oltre il doppio rispetto all’importo stabilito per il 2023”. Il decreto, inoltre, prevede di “aumentare entro il 2030 il numero di studenti stranieri che studiano nei programmi di istruzione superiore negli istituti di istruzione superiore e nelle organizzazioni scientifiche russe a non meno di 500 mila persone”; più avanti si parla, inoltre, di “fornire ai cittadini alloggi con una superficie totale di almeno 33 metri quadrati per persona entro il 2030 e almeno 38 metri quadrati entro il 2036”, di “garantire che il tasso di crescita del prodotto interno lordo del Paese sia superiore alla media mondiale e raggiunga, entro il 2030, il quarto posto mondiale in termini di prodotto interno lordo, calcolato a parità di potere d’acquisto, anche attraverso la crescita della produttività del lavoro, mantenendo la stabilità macroeconomica ad un basso livello di disoccupazione e riducendo il livello di disoccupazione strutturale” e anche di “garantire nel periodo 2024 – 2030 che la crescita reale del reddito per dipendente di una piccola e media impresa sia 1,2 volte superiore alla crescita del prodotto interno lordo”. E la lista continua: aumentare la quota di PIL derivante dalla manifattura, aumentare l’automazione, raggiungere il 2% del PIL destinato a ricerca e sviluppo, raggiungere l’indipendenza tecnologica in una bella fetta dei settori più importanti dell’economia del futuro prossimo e remoto e via dicendo; insomma: dal welfare alla formazione, dall’industria all’ambiente, alla cura del territorio, un piano ambizioso di rilancio della Russia che “rafforzi la sovranità statale, aumenti il tenore di vita dei cittadini sulla base dei valori della giustizia sociale e delle pari opportunità” garantendo, al contempo, “l’apertura al mondo esterno e lo sviluppo economico”. E se, per ottenerlo, sarà necessario ingabbiare qualche altro Khodorkovsky, vorrà dire che i cittadini russi se ne dovranno fare una ragione; ovviamente è tutta e solo propaganda e, come la Cina, anche la Russia – da qui al 2036 – fallirà più o meno una volta l’anno (almeno lo stesso numero di volte che Putin è già morto e che il battaglione Azov ha conquistato Vladivostock).
Il punto è, tutto sommato, molto semplice: la Russia in particolare, ma – chi più, chi meno – anche tutti gli altri paesi (per quanto ognuno abbia tutti i suoi problemi), fondamentalmente sono enormemente più ricchi di quanto non si creda; messe un po’ a cuccia le oligarchie che proliferano quando si instaurano i regimi cosiddetti liberali (che di liberale non c’hanno ormai assolutamente più nulla e assomigliano sempre di più a vecchi sistemi feudali), sviluppare le forze produttive in modo da garantire una crescita consistente di tutti i principali indicatori di benessere – quando più, quando meno – è più semplice di quanto ci vogliono far credere. Putin, da nazionalista, sta approfittando della guerra che gli ha dichiarato l’Occidente collettivo per accelerare questo processo e usarlo, invece che per arricchire i Khodorkovsky, per rendere più potente la nazione russa; e se, giustamente, ci preoccupiamo del fatto che una nazione potente può essere anche molto pericolosa (perché l’appetito, comunque, mangiando viene sempre), invece che vivere nel mondo parallelo delle Squartapalle di ogni genere e pensare di spezzare le reni alla Russia a suon di fake news provocandola finché non si rigira – e senza manco avere la capacità di tenerle testa perché tutto quello che avevamo l’abbiamo raso al suolo per ingrassare il conto in banca del Khodorkovsky di turno – sarebbe il caso, magari, di tornare anche noi a occuparci dello sviluppo delle nostre forze produttive cacciando i Khodorkovsky vari e di tornare a dialogare razionalmente con i russi da pari a pari. Insomma: la questione della pace e quella dello sviluppo sono intimamente interconnesse e a ostacolarle non sono i Putin, ma i Khodorkovsky e gli analfoliberali che li trattano come dei paladini della libertà. Mandiamoli tutti a casa! Per farlo, abbiamo bisogno di un vero e proprio media che, invece che alle loro vaccate, dia voce agli interessi concreti del 99%. Aiutaci a costruirlo: aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal.

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OttolinaTV

9 Maggio 2024

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