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Golden Dome: la bufala dorata di Trump che scatena la corsa agli armamenti e avvicina l’armageddon

OttolinaTV by OttolinaTV
14/06/2025
in I Pipponi del Marrucci, In evidenza, U.S.A.
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Ufo robot, ufo robot, ufo robot, ufo robot: esattamente come nel 1983 il suo maestro Ronald the cowboy, anche zio Donnie s’è fatto prendere dall’entusiasmo e ha deciso di trasformarsi in un razzo missile che tra le stelle sprinta e va, solo che i circuiti, invece che di mille valvole, a ‘sto giro sono fatti coi microchip di ultima generazione, a portare le alabarde spaziali oltre l’atmosfera ci penserà SpaceX e il tutto sarà gestito con l’intelligenza artificiale di Palantir (che intascheranno felici 175 miliardi di contributi pubblici); e, alla fine, il tutto non servirà a una seganiente, esattamente come le Guerre Stellari del predecessore. Il Golden Dome, annunciato in pompa magna da Mr. Taco, e la sua capacità di abbattere qualsiasi cosa chiunque decida di lanciare contro gli USA con un’affidabilità vicina al 100% è una cagata pazzesca; qualcuno lo dice e tutti lo sanno, a parte Pete Hegseth e i tanti dottor Stranamore che infestano il Pentagono. E il problema è proprio quello, perché che una lobby piuttosto che un’altra fotta altri 175 miliardi ai contribuenti statunitensi, tutto sommato, ci interessa il giusto; anzi: è un’altra vittoria dei nostri infiltrati di fare per accelerare il declino e va bene. Quello che va meno bene è che questi scappati di casa, mentre giocano coi robottini giapponesi anni ‘80, alla fine rischiano comunque di scatenare l’armageddon senza manco accorgersene.

Carissimi ottoliner, ben ritornati a questo nuovo appuntamento con i nostri pipponi: prima di inoltrarci in questo viaggio dell’orrore nei meandri della nuova, inarrestabile corsa globale agli armamenti nucleari, vi ricordo di mettere mi piace a questo video e di condividerlo come se non ci fosse un domani, per aiutarci a combattere anche oggi la nostra sporca guerra contro la dittatura degli algoritmi e, se ancora non lo avete fatto, vi ricordo anche di iscrivervi a tutti i nostri profili social e attivare tutte le notifiche; a voi costa meno tempo di quanto non impieghi zio Donnie a passare dall’idea di avviare negoziati per il disarmo ad annunciare una nuova, terrificante escalation atomica, ma per noi fa davvero la differenza e ci consente di continuare a bullizzare quelli che, a fasi alterne, vedono nell’impero del male USA la soluzione invece del problema, tanto le bimbe di Biden, prima, quanto quelle di Trump oggi.

Su una cosa ha ragione: è incredibile! Anzi, meglio chiamarla col suo nome: una puttanata; e non lo dico io, ma lui, Ted Postol, professore emerito di Science, Technology and National Security Policy al MIT e da ormai diversi decenni il più autorevole debunker al mondo di puttanate spaziali. Stupiti? C’è poco da stupirsi: sparare minchiate sui prodigi delle difese missilistiche USA è un’antichissima tradizione, che affonda le radici nel 1983 nello storico annuncio alla nazione di un altro fenomeno che illumina e ispira l’operato di Donnie e della lobby di pescecani che lo circonda e che si chiamava quasi come lui: Ronnie, Ronnie Reagan. Eccerto che ne sono certi! Quando c’è da mettere mano al portafoglio dei cittadini per metterlo nelle casse dell’industria militare, i presidenti USA sono sempre certi; su quello non deludono mai, nemmeno zio Donnie: aveva promesso tagli esemplari al budget della difesa, ha finito per aumentarlo di oltre il 15% (150 miliardi). Hegseth, il fratello stordito di Big Jim, ha detto però che ha trovato anche qualcosa da tagliare dalle spese passate: 6 miliardi, in buona parte fondi per le università, troppo gay friendly e, magari, addirittura con qualche studente che ha manifestato contro il genocidio a Gaza. Via, sciò, tagliare! Come dice Scurati, servono guerrieri, mica donnicciole.

A parte promettere una quantità imponente di quattrini a Lockheed, Boeing, Northrop, General Dynamics e il resto del grande oligopolio del comparto militare industriale, però, l’annuncio fantascientifico di zio Ronnie comportava anche qualcosa di infinitamente più grave e pericoloso: con la Strategic Defense Initiative, a soli 11 anni dalla firma dello storico trattato tra USA e Unione Sovietica sui missili anti-balistici, Reagan annunciava l’intenzione di mettere fine unilateralmente alla più importante e radicale iniziativa di controllo degli armamenti della Guerra Fredda, un gigantesco passo indietro per l’intera civiltà umana e la sua capacità di contrastare le minacce che possono mettere a rischio la sua stessa sopravvivenza, al netto delle differenze. Il trattato, firmato nel 1972 da Nixon e Breznev, è stato una delle più grandi conquiste di sempre del movimento contro il riarmo; introduceva una logica che, in quest’era di dominio della retorica bellicista da scontro di civiltà, sembra molto più fantascientifica delle stesse guerre spaziali: aumentare i sistemi di difesa avvicina la guerra, non l’allontana. Altro che quella puttanata epica, ormai diventata senso comune, del se vuoi la pace, preparati alla guerra. In un raro momento di estrema lucidità, le due principali potenze nucleari globali avevano concordato sul concetto esattamente opposto: se vuoi la pace, prepara la pace.

Il trattato si poneva esplicitamente l’obiettivo di impedire ai due protagonisti di sviluppare difese sufficienti a neutralizzare un eventuale attacco del nemico: le due potenze convenivano che il modo migliore per garantire la sopravvivenza dell’umanità era garantire che entrambe rimanessero vulnerabili; per farlo, si impegnavano a limitare l’installazione di difese anti-missile a un unico sito ciascuno, Grand Forks negli USA e Mosca in Unione Sovietica. La logica era chiara: se entrambe le potenze vogliono mantenere la capacità di reagire in caso di un attacco dell’altra, come è inevitabile, rafforzare le difese implica necessariamente una corsa senza fine all’aumento delle capacità offensive; il Paese attaccato deve avere capacità offensiva sufficiente da garantire che quello che rimane dopo aver subito un primo attacco sia in grado comunque di soverchiare, almeno parzialmente, le difese avversarie. Ma non solo: la corsa ai sistemi di difesa, secondo i firmatari del trattato, rappresentava anche uno straordinario incentivo a colpire per primi. Il punto è che pensare di costruire un sistema in grado di annullare un grande attacco a sorpresa ben organizzato, veniva considerato (giustamente) una chimera; quello che, però, si poteva ambire a ottenere era un sistema di difesa abbastanza capillare ed efficace da riuscire a minimizzare la risposta disordinata e prevedibile dell’avversario a un primo attacco, soprattutto se il primo attacco fosse riuscito a distruggere buona parte delle capacità offensive dell’avversario. Riassumendo, senza il trattato, la logica intrinseca del confronto tra le due grandi potenze sarebbe stata necessariamente riarmarsi il più possibile e usare il prima possibile questa potenza di fuoco nel modo più letale possibile; con l’annuncio della Strategic Defense Initiative, Reagan annunciava di voler cestinare unilateralmente la logica del trattato e, in nome della sicurezza attraverso la forza, rimetteva in moto la corsa al riarmo che aveva minacciato la sopravvivenza della specie umana per decenni. Fortunatamente, non fu esattamente un successone, diciamo: l’idea di costruire una capacità difensiva in grado di “ intercettare e distruggere i missili balistici strategici prima che raggiungano il nostro territorio o quello dei nostri alleati” si rivelò per la puttanata che era; dopo 3 anni (e una quantità spropositata di quattrini), l’American Physical Society decretò che le tecnologie immaginate da Ronnie non esistevano e che ci sarebbero voluti altri 10 anni solo per valutare se mai sarebbero esistite in futuro. Nel 1993 il progetto fu definitivamente accantonato e diventò l’oggetto dello scherno di tutto il mondo: il programma venne ribattezzato Guerre Stellari, a presa di culo.

Ecco: il Golden Dome è esattamente la stessa cosa. Laser, sensori, intercettori, armi a fascio di particelle, alabarde spaziali e pure Ufo robot: più che un programma di difesa, la trama di un Mecha giapponese, roba da anni ottanta, appunto. Come zio Donnie e il suo ciuffo, d’altronde, che, appena ha potuto, è tornato alla carica, e mica da ora: il primo tentativo di riesumare l’immaginario da cartoni delle Guerre Stellari risale al 2019; è la nuova National Defense Space Architecture, che resuscita un po’ di ferrivecchi reaganiani. Al tempo, l’attuale sottosegretario alla difesa, il falco neocon Marco Rubio, era a capo della CIA e parlava apertamente di una “Strategic Defense Initiative 2.0, all’altezza dei tempi” – i tempi delle puttanate, appunto: “Completeremo il lavoro che il presidente Reagan aveva iniziato 40 anni fa” ha dichiarato Donnie, senza chiarire cosa sarebbe cambiato in questi 40 anni. Secondo Postol, appunto, poco o niente: “Se sei 10 mila passi lontano dall’obiettivo e compi un singolo passo” ha commentato, “continuano a mancartene 9.999. Concretamente, non hai ottenuto niente”. Insieme a centinaia di altri scienziati, negli ultimi anni Postol ha distrutto la propaganda sulle magnifiche sorti e progressive dei sistemi antiaerei statunitensi: dopo il fallimento tragicomico delle Guerre Spaziali di Reagan, gli USA hanno messo l’acceleratore alla corsa al riarmo a partire dal 2002, quando quel fine statista di George W. Bush ha deciso di uscire unilateralmente definitivamente dal trattato ABM; allora, la scusa ufficiale fu la necessità di difendersi da quelli che vengono definiti, col sostegno di tutti gli utili idioti dell’impero, Stati canaglia, in particolare Iran e Corea del Nord. Da allora, gli USA hanno piazzato sistemi anti-missili balistici prima vietati dal trattato un po’ ovunque: prima, a partire dal 2004, in casa, in Alaska e California; poi in Europa, prima in Romania e poi in Polonia. Poi è arrivata la moda del dispiegamento dei sistemi THAAD: prima alle Hawaii, poi a Guam e, infine, pure in Corea del Sud. Nel frattempo, gli USA portavano avanti lo sviluppo di sistemi ABM anche sull’acqua: lo sviluppo era iniziato prima dell’uscita unilaterale del trattato, ma era rimasto in fase di test; con l’uscita dal trattato, sono entrate definitivamente in servizio decine e decine di navi dislocate in ogni angolo del pianeta dotate di sistemi Aegis BMD, che sta, appunto, per ballistic missile defense.

Ovviamente, come ampiamente previsto dai fautori del trattato ABM, questa corsa al riarmo ne ha scatenata un’altra pari e contraria da parte, in particolare, di Russia e Cina, che hanno sviluppato ogni genere di tecnologia, a partire dai missili ipersonici che oggi rendono gli USA ordini di grandezza più vulnerabili di quanto non lo fossero 20 anni fa; e non solo gli USA: il Doomsday Clock, l’orologio dell’Apocalisse ideato e curato dal Bulletin of the Atomic Scientists, l’ONG fondata nel 1945 dai fisici del Progetto Manhattan e che misura il livello di rischio esistenziale del pianeta e della civiltà umana, nel gennaio 2025 è stato impostato a 89 secondi dalla mezzanotte, il punto più vicino alla catastrofe globale mai raggiunto dal ’47 a oggi. Ed è solo l’inizio: il 5 febbraio del 2026, a 10 anni dall’entrata in vigore, scadrà ufficialmente il trattato New START, l’ultimo accordo bilaterale per il controllo degli armamenti nucleari tra Washington e Mosca che, negli ultimi 10 anni, ha rappresentato l’unico argine alla corsa agli armamenti, una situazione talmente delicata che anche Trump era più volte intervenuto in passato con toni da pompiere. “Sarebbe fantastico se tutti si liberassero delle proprie armi nucleari” aveva affermato a marzo; “Sarebbe fantastico se potessimo tutti denuclearizzare” ha sottolineato, “perché la potenza delle armi nucleari è folle”; e cosa c’è di meglio per denuclearizzare che rilanciare una puttanata galattica come il Golden Dome?

Joe Cirincione è il direttore per la non proliferazione presso il Carnegie endowment for international peace ed è un altro dei mostri sacri del movimento degli scienziati americani contro il riarmo: “La difesa missilistica nazionale è la truffa più longeva nella storia del Dipartimento della difesa” ha affermato proprio dalle pagine del sito del Bulletin of the Atomic Scientists; secondo Cirincione, Trump non ha fatto che rilanciare un’idea vecchia e screditata, “caricarla di nuove aspettative, e promuoverla come una soluzione immediata alla vulnerabilità dell’America ai missili balistici”. Peccato si tratti, “ovviamente, di una sciocchezza”: “La difesa missilistica” insiste Cirincione “è un’idea vecchia che ha dimostrato di non funzionare. E non certo per mancanza di impegno. Da quando abbiamo schierato i primi intercettori missilistici nel 1962, abbiamo speso oltre 531 miliardi di dollari in vari progetti. Tutti sistematicamente falliti. Non ne ha funzionato nemmeno uno”; “Trump sostiene che Reagan non possedesse la tecnologia di difesa missilistica” continua Cirincione, “ma ora disponiamo di una “super tecnologia”. Ma “Questo è semplicemente falso. Sebbene ci siano stati miglioramenti nei computer, nella miniaturizzazione e nella letalità dei veicoli di distruzione, qualsiasi sistema di difesa missilistica concepibile può essere facilmente sopraffatto da un nemico che invece che un missile solo ne lancia una selva. Oppure che implementa contromisure anche estremamente rudimentali in grado di falsificare i sensori del sistema. E se non riesci a vedere la testata, ovviamente, non puoi colpirla”.

Ma perché Trump da un lato invoca il disarmo e, dall’altro, rilancia con questa cacata? A questo quesito non c’è una sola risposta, ma ce ne sono 175 miliardi; è il budget previsto per l’intera operazione, del tutto insufficiente per avvicinarsi anche solo parzialmente agli obiettivi strategici, ma più che sufficiente per riempire a dismisura le tasche dei suoi supporter, la PayPal mafia: Anduril, la famigerata Palantir di Peter Thiel e l’ex crush di zio Donnie per eccellenza, Elon il grande. Il grosso del malloppo sarebbe dovuto finire in tasca loro: è uno dei tanti tasselli del tentativo dell’amministrazione Trump di trasferire una fetta consistente del budget del Pentagono dal vecchio apparato militare industriale ai suoi supporter più fedeli, un pezzo della guerra civile tra fazioni dell’oligarchia USA che ha finito per travolgere proprio il suo esponente più spregiudicato e ambizioso; la faida tra Trump e Musk andrebbe riletta anche, se non soprattutto, da questo punto di vista, e anche il suo tornare con la coda tra le gambe a chiedere scusa. Affari loro, quindi: un altro caso di rapina di una lobby ai danni dei contribuenti USA; e chi siamo noi per impedirglielo? Purtroppo, però, le beghe tra gli ultramiliardari statunitensi hanno sempre anche ripercussioni globali; o, perlomeno, è quello che pensano tanto la Russia quanto la Cina che l’8 maggio hanno pubblicato una dichiarazione congiunta al vetriolo: il Golden Dome, dichiarano, ha una “natura profondamente destabilizzante”. Rappresenta “il rifiuto totale di riconoscere l’esistenza dell’inscindibile interrelazione tra armi offensive strategiche e armi difensive strategiche, che è uno dei principi centrali e fondamentali per il mantenimento della stabilità strategica globale”, una deriva – sottolineano – che è resa ancora più grave dal fatto che “prevede anche un significativo rafforzamento dell’arsenale di mezzi per condurre operazioni di combattimento nello spazio, trasformando lo spazio in un ambiente per il piazzamento di armi e in un’arena per lo scontro armato”.

Ma se il Golden Dome, come abbiamo sostenuto in questo video, è una gigantesca puttanata, perché tutta questa preoccupazione? La risposta la dà il solito Ted Postol: : quello che veramente preoccupa Putin – e si capisce benissimo, se uno si prende la briga di ascoltare attentamente cosa dice – è che qualcuno in posizione di leadership nell’Occidente possa essere sufficientemente stupido e disinformato da pensare di possedere davvero queste capacità e sia tentato di fare qualcosa che darebbe inizio a un ciclo di azioni e reazioni che porterebbe alla distruzione del pianeta. E’ questo che preoccupa Putin: non che questa cosa possa funzionare; è preoccupato che la stupidità e l’auto-propaganda dei leader occidentali possa causare un incidente che porterebbe a un escalation inarrestabile che causerà la distruzione della civiltà. E’ solo questo che lo preoccupa, e io sono d’accordo con lui.


Insomma, alla fine la morale è sempre la solita: in un mondo caratterizzato da una complessità senza precedenti e attraversato da ogni genere di conflitto, ci ritroviamo con l’unica superpotenza con proiezione globale governata da un’oligarchia di sociopatici sconnessi dalla realtà che mettono sistematicamente a rischio la sopravvivenza stessa della nostra specie – dall’escalation nucleare, all’economia globale, all’ambiente – e a comportarsi da adulti, paradossalmente, tocca a quelli che la propaganda definisce Stati canaglia, autocrazie, regimi totalitari. Non ci leveremo le gambe fino a che non li avremo mandati #tuttiacasa: sovranelli, liberali, lobbisti, parassiti, utili idioti e, al loro posto, una vera e propria Costituente contro il sistema guerra. Per farlo, vi aspettiamo dal 9 al 13 luglio a Pisa per la quarta edizione di Fest8lina, ma, soprattutto, per farlo davvero serve un vero e proprio media che dia voce al 99%. Aiutaci a costruirlo: aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal. Da quest’anno, per mandarli #tuttiacasa, c’è anche un codice segreto: 92054980450. E’ il codice fiscale di Multipopolare: inseriscilo nella tua dichiarazione dei redditi e contribuisci concretamente col tuo 5XMILLE a dichiarare guerra al pensiero unico.

E chi non firma è Guido Crosetto

Tags: armamentideterrenzadoomsday clockgolden domei pipponi del Marrucciil pippone del marruted postoltrattato di non proliferazioneusa
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