Incredibile! Adesso persino la stampa mainstream ha sfatato la più proibita delle parole: oligarchie. Addirittura – pensate – il guru delle minchiate Massimo Gramellini tuonava qualche settimana fa dagli studi della Gruber “Gli oligarchi hanno in mano Trump!” e poi, con la malcelata idiozia tipica dei giornalisti da salotto, riproponeva la solita via d’uscita: la democrazia liberale. Di fronte al governo dei pochi occorre ritornare alla democrazia: il governo del popolo! Peccato, però, che quel popolo non sia già anni rappresentato e che anzi, quando vota i candidati sbagliati (e, cioè, quelli che non piacciono alle oligarchie filo NATO e filo Ue), gli annullano il voto.
Ne abbiamo avuto prova l’8 settembre 2024 nella democraticissima Europa: a 48 ore dal ballottaggio delle elezioni presidenziali della Romania, la corte costituzionale rumena ha annullato le elezioni che al primo turno avevano bocciato l’attuale premier, il leader socialdemocratico Marcel Ciolaco, dato per grande favorito e invece sconfitto da un candidato indipendente, Georgescu. Così ci ha raccontato l’accaduto SkyTg24: “La polizia rumena sta effettuando perquisizioni in alcune abitazioni collegate all’inchiesta sulle interferenze straniere che hanno portato ieri la Corte costituzionale a confermare i pesanti sospetti di ingerenze russe nel processo elettorale a favore del candidato di estrema destra Calin Georgescu”. Insomma: Il clima di guerra che stiamo vivendo rende ancora più spudorata la tendenza delle élites a intervenire dall’alto in maniera autoritaria quanto il voto del popolo non è quello che si aspettavano.
Nel contesto attuale, la democrazia liberale – che da anni sarebbe più corretto chiamare oligarchia liberale – non si presta alla sola critica, già messa in evidenza da Antonio Gramsci, che “La razionalità del consenso numerico è sistematicamente falsificata dall’influsso della ricchezza”; oggi ci troviamo di fronte ad un sistema talmente in crisi e messo con le spalle al muro da essere diventato sempre più autoritario e privo di scrupoli e che, per conservarsi, ha bisogno di restringere sempre più gli spazi di agibilità politica fino ad annullarli completamente. Quindi non abbiamo più soltanto il problema della disaffezione del voto, ma il reale rischio della chiusura di qualsiasi forma di partecipazione politica. Viene così calata la maschera alla soluzione del neoliberalismo: la democrazia non è necessariamente garanzia di inclusione ed eguaglianza e, soprattutto, oggi, in un sistema economico-politico in guerra, la rappresentanza neoliberale si basa su dispositivi che legittimano l’esclusione del popolo, del 99%.
E se ci fossero altre soluzioni? Se guardiamo al passato, possiamo scoprire altri modi per porre al centro il demos senza dover ripercorrere la strada del liberalismo e del neoliberalismo; e l’esempio non dobbiamo andarlo a cercare troppo lontano perché ce lo abbiamo qui, in Italia: stiamo parlando di Niccolò Machiavelli, un pensatore passato alla storia come cinico realista e che, invece, può fornirci strumenti fondamentali per capire come organizzarci contro le oligarchie. Il primo di questi, e forse il più importante di tutti, è questo: nel manoscritto originale della sua opera più famosa, Il principe (oggi conservato in un famoso museo fiorentino), compare alla fine una piccola annotazione a mano che recita “Se bramate di contrastare l’oligarchia d’America e la tirannide di Giuliano Marrucci, fatevi seguaci alla campagna di donazioni d’Ottosofia. A voi non costerà più fatica che non ne ponga Gramellini a volgersi trumpiano per quattro fiorini in più nella scarsella, ma per loro fia differenza che tutta la terra non basterebbe a colmare”.