Ma cosa c’entra OnlyFans con il nuovo piano del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di modificare il regolamento dell’uso dei social da parte dei dipendenti pubblici e introdurre un codice etico specifico per imbavagliare i prof? Tutto parte da una notizia che viaggia tra il gossip e il surreale che ha tenuto banco sulle principali testate giornalistiche del bel Paese: Elena Maraga, una giovane maestra di un asilo privato di Treviso, parallelamente alla sua attività lavorativa ha aperto un profilo sulla nota piattaforma OnlyFans, dove ha iniziato a vendere foto osé per arrotondare il suo basso stipendio da insegnante; l’asilo è privato e di ispirazione cattolica e, una volta venuta fuori la notizia, il collegio scolastico ha subito sospeso l’insegnante a causa della sua seconda attività perché considerata incompatibile con i valori della scuola. La questione ha sollevato un polverone mediatico ma, come ha ben rilevato Giorgio Bianchi, in questo gran baccano sulle lavoratrici che parallelamente aprono un profilo su OnlyFans, siano esse maestre, professoresse, Oss, infermiere, segretarie ecc., manca il bersaglio principale, ovvero la questione salariale: l’oligarchia al potere, insomma, usa una notizia che sembra sgusciata dagli studi della Zanzara per silenziare il mondo della scuola e affrontare il tema dei salari e dei diritti sociali. Sai che novità, direte voi… Oltre al codice etico, si parla però addirittura di test psicoattitudinali per impedire che i docenti abbiano – udite udite – “orientamenti ideologici marcati”. Insomma, cari docenti: preparatevi all’interrogatorio! Per mantenere il vostro posto di lavoro non solo non dovrete criticare il governo di turno che vi costringe a uno stipendio da fame, ma dovrete avere la fedina politica immacolata e votata unicamente alla condivisione dei valori scelti da lorsignori.
Mentre fioccano le farneticazioni che fanno invidia alla psicopolizia orwelliana, si tace la questione più importante e, cioè, che gli insegnanti a queste latitudini prendono stipendi ridicoli, non adeguati alle responsabilità che gli vengono attribuite, al loro ruolo sociale e alla formazione richiesta. Per fare chiarezza sulla questione, abbiamo chiesto a Cristiano Sabino, docente senza bavaglio e membro della redazione di Ottosofia, cosa ne pensa e come si possa rilanciare un modello di scuola liberato dalla censura e congruamente valorizzato sul piano economico e sociale. Prima di cominciare (e prima che mettano il bavaglio anche a noi) vi invitiamo a iscrivervi a questo canale: a voi ci vuole meno di quanto ci metta Valditara a dire che l’America è stata scoperta nel 1942; a noi aiuta a tenere in piedi un megafono per una scuola pubblica, laica, plurale e senza bavaglio!
Recentemente, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha presentato le nuove Linee guida per l’aggiornamento delle Indicazioni nazionali del curricolo, rivolte a ridefinire i contenuti e le metodologie della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione. Il capitolo “storia” si apre con questa frase malamente estrapolata dalla riflessione di Marc Bloch: “Solo l’Occidente conosce la Storia” e prosegue con considerazioni che di fatto fanno il paio con la retorica suprematista su cui ormai poggia qualunque narrazione mainstream; “Le altre culture e le altre civiltà – si legge nelle Indicazioni – hanno conosciuto qualcosa che alla storia vagamente assomiglia, ma solo l’Occidente è andato oltre la mera raccolta cronologica dei fatti, riuscendo ad elaborare un pensiero logico della storia basato su nessi e conseguenze”. Questa visione è del resto condivisa dall’intera oligarchia al potere che, dalla destra meloniana, si estende ai cosiddetti progressisti che hanno chiamato la piazza dello scorso 15 marzo e di cui il delirante discorso di Vecchioni sulla supremazia culturale europea costituisce ormai il triste manifesto.
Ma non si tratta solo di una temperie culturale neocoloniale: tutto questo, infatti, ha anche conseguenze pratiche. Non è infatti passato molto tempo che la prima notizia di cronaca utile sia stata cavalcata dal ministro per realizzare quello che mi sembra un vero e proprio progetto di restaurazione dell’idea gentiliana di Stato etico; dato questo contesto, apparirà meno assurda e campata per aria tutta l’incredibile strumentalizzazione della vicenda relativa alla maestrina del trevigiano e alla sua seconda attività sulla nota piattaforma per adulti OnlyFans. Il punto focale non è affatto il benessere degli studenti o il buon nome della scuola, come vorrebbe la retorica governativa, ma non è neppure l’intoccabilità della libertà individuale, come vorrebbero gli pseudo difensori libertari della maestra: il focus rimosso della questione è la capacità di chi ritiene di essere la manifestazione dello Spirito (con la S maiuscola) di imporre la propria visione di mondo, di realtà, di storia, di verità a chiunque stia sotto. E la scuola è uno degli strumenti fondamentali per esercitare questa egemonia per diversi motivi: da un lato, è l’unico sistema di trasmissione valoriale e culturale ancora radicato nel territorio, soprattutto dopo la scomparsa o la crisi strutturale di altre realtà associative; dall’altro, è un’istituzione che dialoga con le nuove generazioni, accompagnandole nelle diverse fasi del loro sviluppo. Mettere le mani sulla scuola significa mettere le mani sulla società, ma per farlo bisogna controllare i docenti; e siccome conseguire questo obiettivo con il consenso richiederebbe uno sforzo intellettuale non alla portata di tutti, allora spunta fuori il manualetto da il nuovo codice deontologico dei prof per disciplinare, controllare e, infine, silenziare chi osa dissentire.
A dare l’occasione al ministro di introdurlo, è un caso che sembra uscito direttamente dagli studi radiofonici di di Parenzo e Cruciani: di giorno tenera maestrina contornata da innocenti pargoletti, alla sera furia erotica che tenta i paparini. Insomma: un vero orrore che, in confronto, la terza guerra mondiale preparata da Ursula Von der Leyen sembra una bazzecola. Ovviamente, sul caso interviene prontamente il Governo nella persona del Ministro dell’istruzione e del merito Valditara: la soluzione sarebbe una social media policy specifica per gli insegnanti. Si parla di estendere il Codice della Funzione pubblica 2023 aggiungendo una specifica per gli insegnanti e per il loro utilizzo dei social media: un vero e proprio bavaglio al comparto di lavoratori più numeroso di tutti. La notizia la dà Il Corriere della Sera: l’idea del ministro sarebbe quella di includere nella clausola – già valida per i dipendenti pubblici – tutti i professionisti delle scuole italiane, che dovrebbero “evitare dichiarazioni, immagini o commenti che possano danneggiare il prestigio o l’immagine dell’amministrazione”. Insegnanti sorvegliati speciali! E questo per evitare – sostengono i rumors dal Palazzo – ogni rischio di “impattare sul livello emotivo e sociale” degli studenti.
Ma chi decide cosa è accettabile? Chi stabilisce quali commenti, immagini o opinioni possano danneggiare il decoro dell’istituzione scolastica? Un insegnante che critica i tagli alla scuola pubblica sui suoi social potrebbe essere sanzionato per “danneggiare l’immagine dell’istituzione”; un docente che partecipa o, addirittura, promuove una manifestazione contro la guerra potrebbe essere accusato di “mancanza di neutralità”: è un precedente pericoloso e, a questo, si aggiungono una serie di altre proposte se vogliamo ancora più inquietanti e liberticide. Partendo dal caso dell’insegnante supplente presso una scuola secondaria di primo grado in Veneto, nota anche per la sua partecipazione ad attività presso i centri sociali, l’onorevole Rossano Sasso, esponente della Lega, ha dichiarato che figure con simili esperienze pregresse non dovrebbero ricoprire ruoli educativi nel sistema scolastico: si parla, a questo proposito, apertamente di verifiche psico-attitudinali per accedere all’insegnamento, evidenziando la presenza di insegnanti con “orientamenti ideologici marcati”; anche Marina Bonotto, referente locale di Fratelli d’Italia, ha espresso riserve sulla compatibilità tra l’insegnamento e la partecipazione a iniziative considerate contrarie alle istituzioni. E quali sarebbero queste ideologie marcate? Chi scriverà l’indice delle idee e dei valori consentiti e di quelli non consentiti? Cosa da far venire i brividi, anche perché sui banchi dell’opposizione non siedono certamente i fratelli Rosselli!
Non è un caso che questa proposta arrivi proprio ora: gli insegnanti, nonostante stipendi tra i più bassi d’Europa e condizioni di lavoro sempre più precarie e stressanti, rappresentano ancora una delle poche categorie capaci di esercitare un pensiero critico e collettivo: è proprio questo che fa paura a una oligarchia sempre più incline a reprimere il dissenso, soprattutto in un momento in cui si parla apertamente di riarmo e di preparare la società all’economia di guerra. Di fronte a questo folle progetto guerrafondaio va fatta pulizia di ogni voce critica, e si parte dalla scuola. Se davvero il problema fosse il rispetto delle norme deontologiche, allora bisognerebbe iniziare a parlare di come lo Stato e il governo abbiano progressivamente demolito la dignità dell’insegnamento; stipendi da fame, classi sovraffollate, risorse insufficienti: questa è la realtà quotidiana di migliaia di docenti. Eppure, invece di investire nella scuola, si preferisce imporre nuovi regolamenti, trasformando gli insegnanti in impiegati obbedienti, privi di autonomia di pensiero e meri esecutori dei piani propagandistici: la scuola pubblica è stata ridotta a una macchina burocratica ossessionata dalle valutazioni, dal controllo dei risultati e dalla competitività tra istituti; la libertà di insegnamento, il dialogo pedagogico, la formazione critica degli studenti sono stati sacrificati sull’altare delle logiche di mercato. E ora, con questa proposta, si vuole aggiungere l’ultimo tassello: il controllo della vita privata e delle opinioni personali dei docenti e un meccanismo per selezionare solo docenti conformisti alla matrice ideologica del potere.
Il tentativo di disciplinare il comportamento degli insegnanti sui social non è solo un problema per i docenti: è un precedente gravissimo che potrebbe essere esteso ad altre categorie di lavoratori pubblici. Oggi si colpiscono gli insegnanti; domani potrebbe toccare ai medici, ai giornalisti, ai ricercatori: chiunque osi esprimere un pensiero non allineato con quello degli oligarchi potrebbe diventare un bersaglio. Davanti ad una tendenza sempre più marcata all’economia di guerra e alla corsa agli armamenti, un bavaglio ai docenti con la scusa della maestra sexy potrebbe tornare utilissimo per prevenire un’opposizione alla piega bellicista che sta prendendo l’Europa delle Von der Leyen, dei Macron e delle Meloni: il tentativo di mettere il bavaglio agli insegnanti, con la scusa di un singolo caso che nulla ha a che vedere con la qualità dell’insegnamento, è la prova evidente di una oligarchia al comando che teme il pensiero critico e che punta a trasformare la scuola in un luogo ameno e privo di contraddittorio. Se questa operazione dovesse passare, non sarà solo un problema per i docenti, ma per l’intera società, perché una scuola imbavagliata e silenziata è una scuola che non educa alla libertà, ma alla sottomissione; e questo è un prezzo che nessuna società democratica dovrebbe essere disposta a pagare.
Visto che ai Valditara, ai Vecchioni, ai Benigni e agli altri bravi suprematisti piacciono così tanto la storia e la cultura occidentale, li accontento citando, a conclusione di questa riflessione, le parole del filosofo ebreo sefardita Spinoza, anno del signore 1670: “Il fine dello Stato non è di trasformare gli uomini da esseri razionali in bestie o automi, ma al contrario di fare in modo che la loro mente e il loro corpo possano svolgere le loro funzioni in sicurezza e di usare la propria ragione senza impedimenti. Dunque, il fine dello Stato è in realtà la libertà. Da ciò segue che in uno Stato libero è lecito a ciascuno di pensare ciò che vuole e di dire ciò che pensa”. Quando entrerà in vigore questo benedetto codice, potremo almeno commentare le gesta del governo guerrafondaio di turno riportando frasi come questa o, in nome di quegli stessi valori occidentali che si vuole difendere, si procederà a bruciare nella pubblica piazza libri che sono sì occidentali, ma che contengono cortocircuiti insuperabili per ogni forma di società del controllo?
Ormai da decenni nella scuola si sono creati meccanismi di controllo non sempre “espliciti”ma comunque efficaci. L’ultimo, forse, è comunque il più efficace, è stata la riforma Renziana, la cosiddetta “buona scuola“ che rendeva sempre più verticistica la gestione della scuola. Io che vi ho lavorato come insegnante per più di 40anni, ricordo l’eccitazione della preside quando, con la cosiddetta autonomia della scuola, i presidi diventarono dirigenti con stipendi adeguati ai dirigenti e con poteri adeguati ( portare nel pubblico i meccanismi del privato…che stronzata!) compresa la possibilità di scegliere il vice tra i loro fedelissimi lecchini fino a quel momento scelto invece dal collegio dei docenti dando così il primo colpo importante alla gestione plurale e democratica della scuola. Da allora la scuola è finita per diventare altro. Quasi ogni anno, ad ogni cambio di governo, veniva smantellato le direttive del governo precedente, direttive che erano costati faticosi adattamenti delle procedure, produzioni di nuovi modelli per tutte le varie attività ecc…per produrne altre, inutili quanto quelle precedenti, con un dispendio di energie che potevano essere investite in attività più produttive. Niente, la scuola è diventata un documentificio a tempo pieno. L’unica cosa che è rimasta sempre uguale è lo stipendio miserabile. Però questo poteva essere integrato con soldi che si ricavavano dai progetti che sono diventati il pezzo di carne in pasto a cani affamati ed un altro strumento di potere dei dirigenti che, insieme al suo staff sempre scelto dalla dirigente, decide chi può e chi non può… e quindi una pletora di prof affamati viene tenuta sotto controllo attraverso i progetti…Uno schifo totale…inoltre sono aumentate le responsabilità dei docenti con la cosiddetta questione della sicurezza. In pratica ogni anno facevo dei corsi di aggiornamento sulla sicurezza durante il quale ti veniva insegnato cosa era pericolo e che quindi era obbligatorio segnalare al responsabile della sicurezza, pena l’assunzione di responsabilità totale in caso di incidente. L’unico problema era che in strutture per lo più fatiscenti, se denunciavi carenze o situazioni di pericolo spesso ti veniva risposto di non rompere le scatole e se insistevi subivi anche ritorsioni di ogni tipo. infatti, anche l’assegnazione delle aule dipendeva non dal numero di alunni per classe o dalla presenza di portatori di handicap ma da quanto stavi simpatico alle oligarchie …tra l’altro ho imparato che per i leccaculo un culo vale l’altro e quindi anche cambiando i dirigenti lo staff era più o meno uguale… ma con orgoglio posso dire di essere stata sempre sui coglioni ai presidi e poi ai dirigenti e ai loro accoliti, non ho mai partecipato ad un progetto trovando più dignitoso e produttivo lavorare in classe, accontentarmi dello stipendio da fame e comprare un abito in meno e comunque da quattro soldi ed andare una o due volte in meno dal parrucchiere… e poter dire ancora adesso fammocc a tutti i ministri del cacchio a tutti i dirigenti e leccaculo intorno….
Scusate errori. Ho riletto dopo aver inviato.