I negoziati che sono ufficialmente iniziati oggi a Riad sono la più bella notizia da diversi anni a questa parte: la traiettoria che ci stava portando inesorabilmente verso l’allargamento del conflitto, l’unione di tutti i fronti e l’escalation nucleare sta subendo una deviazione gigantesca; ma per confondere l’attesissima, benedettissima, santissima deviazione con la rimozione delle cause profonde, bisogna avere qualche problema cognitivo serio. Le oligarchie USA devono i loro sconfinati patrimoni al saccheggio sistematico del resto del pianeta, così come il colossale debito pubblico: per gli USA, l’opzione di ridursi ad essere semplicemente un polo in un mondo multipolare, molto banalmente, non è sostenibile; quello a cui assistiamo oggi è, molto banalmente, una presa di coscienza del fallimento di una strategia e l’inizio di una nuova fase, ma la finalità non può che essere sempre la solita, quella che è stata scritta e riscritta nero su bianco su ogni documento ufficiale che delinea la strategia per la sicurezza nazionale di ogni amministrazione di qualsiasi colore essa sia: garantire con ogni mezzo necessario il dominio incontrastato degli USA su qualsiasi altra potenza emergente a livello globale.
Fallita la strategia NeoCon del conflitto diretto contro la Russia e presa coscienza delle conseguenze devastanti di mezzo secolo di deindustrializzazione sulla capacità di condurre una guerra contro un quasi pari tecnologico, la strategia trumpiana si riduce allora semplicemente a provare a fiaccare l’avversario principale con i vecchi mezzi della guerra fredda, nel tentativo di colmare il gap e riaffermare il primato; e nella logica della guerra fredda, ovviamente, a giocare un ruolo di primo piano è la deterrenza. E in questo nuovo equilibrio instabile e sempre sull’orlo del precipizio, un ruolo di primo piano sarà ricoperto dai missili a medio raggio che gli USA si sono impegnati a dispiegare in Germania entro il 2026 e che al momento, nonostante il terremoto di Forrest Trump, non risulta nessuno abbia messo in discussione. E’ il remake di un film già visto: gli euromissili portarono sull’orlo dello scontro termonucleare già mezzo secolo fa; a porre un argine allora contribuì anche un gigantesco movimento pacifista di massa, che riuscì ad andare oltre gli steccati ideologici e imporre alle classi dirigenti gli interessi concreti delle masse popolari: che fine ha fatto quel protagonismo popolare? Esistono i margini per ricostruire una mobilitazione democratica e di massa in grado di non farci pisciare in testa mentre ci dicono che piove?
Per capirlo, abbiamo deciso qualche settimana fa di andare a fare un giro in Germania per provare a vedere da vicino l’aria che tira; questo video è il resoconto di questo piccolo (ma intenso) viaggio. Ma prima di procedere, vi ricordo di mettere mi piace e di condividere il più possibile questo video per permetterci (anche oggi) di combattere la nostra piccola guerra quotidiana contro la dittatura degli algoritmi e, se ancora non lo avete fatto, anche di iscrivervi a tutti i nostri canali su tutte le piattaforme social e di attivare tutte le notifiche: a voi vi costa meno tempo di quanto non impieghi Trump a minacciare l’annessione di un altro Paese a caso, ma per noi fa davvero la differenza e ci permette di continuare a combattere la nostra battaglia contro la rassegnazione, da un alto, e il pensiero magico dall’altro.
“Gli Stati Uniti inizieranno a dispiegare missili a lungo raggio in Germania dal 2026. Queste unità convenzionali di fuoco a lungo raggio includeranno SM-6, Tomahawk e armi ipersoniche in fase di sviluppo, che avranno un raggio d’azione significativamente più lungo rispetto alle attuali unità di fuoco terrestri in Europa. L’esercizio di queste capacità avanzate dimostrerà il contributo alla deterrenza integrata europea da parte degli Stati Uniti”. Era il 10 luglio del 2024: a Washington era in corso il vertice NATO che celebrava il settantacinquesimo anniversario dell’alleanza atlantica e con queste due righe scusse scusse, come se si trattasse di un argomento marginale, senza un minimo preavviso e senza nessunissima traccia di un qualche dibattito, Washington e Berlino decidevano di lanciare una vera bomba atomica su ogni prospettiva di pace duratura per il vecchio continente. E’ l’ufficializzazione del ritorno nel cuore dell’Europa dei famigerati euromissili, una minaccia che ha terrorizzato l’intero vecchio Continente per decenni fino a quando, nel 1987, Gorbaciov e Reagan non firmarono lo storico trattato INF, il trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio, ancora ad oggi probabilmente l’esempio più avanzato di controllo degli armamenti dell’epoca contemporanea; negli anni successivi vennero distrutti poco meno di 2700 missili sia sovietici che statunitensi.
Il motivo per cui i missili a raggio intermedio sono così pericolosi è che, rispetto ai missili intercontinentali, impiegano pochissimo tempo per raggiungere il bersaglio: questo significa che l’aggredito ha pochissimo tempo per reagire e questo significa che di fronte a una qualsiasi minaccia, reale o presunta, una delle due parti in causa potrebbe prendere una decisione affrettata e impulsiva e scatenare un bell’olocausto nucleare un po’ alla cazzo. Tutte queste ragioni, a quasi 40 anni di distanza, sono ovviamente del tutto invariate; quello che, invece, è variato è il senso di responsabilità delle rispettive classi dirigenti, in particolare di una: quella dell’impero in declino, disposto a tutto pur di non doverlo ammettere. In modo completamente bipartisan, a ritirare unilateralmente gli USA dal trattato INF infatti, nel 2019, è stato proprio quel Donald Trump che oggi – non si capisce esattamente per quale motivo – qualche osservatore distratto (e forse un po’ troppo in preda al fervore ideologico) descrive come uomo di pace e di dialogo. E a metterli in pratica, poi, c’hanno pensato due sinceri democratici, paladini del mondo libero e fondato sulle regole, come Joe Biden e Olaf Scholz che hanno voluto rievocare la crisi degli euromissili fin nei minimi dettagli.
Per la gestione materiale dei nuovi euromissili, infatti, è stato rimesso in vita il vecchio 56esimo comando di artiglieria d’istanza a Wiesbaden, la stessa identica unità che era al comando dei Pershing II fino al 1991, quando è entrato definitivamente in vigore il trattato INF; ovviamente, la scusa sarebbe quella di dover rafforzare la deterrenza di fronte a una Russia che, a partire dal febbraio del 2022, si sarebbe rivelata più aggressiva del previsto. Peccato, però, che il ritorno degli euromissili in realtà sia la tappa conclusiva di un processo che risale almeno a 6 anni prima, quando nelle forze armate USA cominciò ad affermarsi un nuovo concetto operativo denominato MDO, multi-domain operation, operazioni multi-dominio: “L’obiettivo” si legge in un documento ufficiale della stessa Bundeswehr “è il predominio militare sugli avversari di pari livello tecnologico. A tal fine” continua il documento “la cooperazione tra le forze armate nelle classiche operazioni congiunte non è più sufficiente” e quindi l’MDO persegue “l’interazione completamente orchestrata e reciprocamente supportata di effetti provenienti da più dimensioni, che nel complesso mirano a sopraffare i processi dell’avversario e a creare dilemmi di priorità” e, cioè, “dare all’avversario solo scarse opzioni di reazione e, se possibile, sovraccaricare le sue risorse, siano esse di tempo, di personale o di materiali”. La variabile determinante è la velocità: “Lo scopo” continua il rapporto “è quello di ridurre il tempo che intercorre tra il rilevamento del bersaglio da parte dei sensori, la decisione sull’effetto desiderato e l’attivazione dell’effettore. E questa cosiddetta catena dovrebbe funzionare il più rapidamente possibile. Quale sensore rilevi il bersaglio e da quale ramo delle forze armate provenga l’esecutore, è secondario. Il fattore decisivo è la velocità con cui si affronta il problema”. L’obiettivo della deterrenza non viene mai citato in tutto il rapporto nemmeno per sbaglio: come sottolinea il Comitato federale per la consulenza sulla pace tedesco, l’obiettivo è esclusivamente “perseguire il predominio, che mira a sopraffare il nemico attraverso la velocità, la collaborazione e l’uso efficace delle armi”.
Quello che è decisivo fissare bene nella capoccia è che tutto questo non sarebbe stato possibile senza il ritiro unilaterale dal trattato INF voluto da Forrest Trump. Il ritiro è stato l’ultimo atto di una lunga campagna bipartisan di disinformazione e fake news su fantomatiche violazioni russe del trattato stesso che dovevano giustificare l’ennesimo vero e proprio atto di guerra dell’imperialismo statunitense contro la sicurezza di Mosca: “Gli USA hanno reagito allo sviluppo e all’impiego di armi a medio raggio da parte di Mosca” ribadiva nel luglio scorso un articolo del Neue Zürcher Zeitung; “La Russia è stato il primo Paese ad avviare il riarmo in quest’area”. Il riferimento, ovviamente, è ai missili da crociera SSC-8 che dal 2017 sono stati dispiegati nell’exclave di Kaliningrad, uno dei cavalli di battaglia preferiti della propaganda NeoCon e analfoliberale, professionisti dello spaccio di bufale e campioni di memoria selettiva. Il punto è che, secondo il trattato INF, dovevano essere banditi i missili con gittata compresa tra i 500 e i 5500 chilometri: secondo la Federazione Russa, i missili da crociera di Kaliningrad avevano una gittata di 480 Km; secondo gli USA, di 2000. I russi, allora, hanno invitato gli statunitensi a ispezionarli: gli uomini della vecchia amministrazione Obama e dell’ONU hanno dichiarato che con un’ispezione sarebbe stato piuttosto facile dirimere ogni sospetto, ma l’amministrazione Trump ha rifiutato l’offerta; il ritiro dal trattato, quindi, è una scelta deliberata e uno snodo fondamentale per permettere agli Stati Uniti di continuare a minacciare la sicurezza russa, anche qualora si trovasse una mediazione per congelare il conflitto in Ucraina.
Come abbiamo già sottolineato in passato, da questo punto di vista l’eventuale congelamento del fronte ucraino va considerato alla stregua di un nuovo patto Molotov-Ribbentropp: un piccolo time break per riorganizzare le fila senza aver minimamente rimosso le condizioni strutturali che rendono il riemergere delle tensioni sostanzialmente inevitabile. Come ribadisce sulla rivista militare European Security & Technology il generale di brigata Heinrich Fischer, il dispiegamento dei nuovi euromissili in Germania “apre la strada all’implementazione del concetto di operazioni multi-dominio nell’area di responsabilità dell’esercito americano in Europa e Africa” :“L’idea centrale” specifica “è l’integrazione rapida e continua di tutti i domini di guerra” con l’obiettivo di mettersi nella posizione di poter disintegrare quelle che in gergo tecnico vengono definite l’interdizione d’accesso e la negazione d’area russe, vale a dire la capacità di impedire alle forze nemiche di entrare in una determinata area operativa e di limitare la libertà di movimento del nemico all’interno di un’area già contesa; insomma, in soldoni, annullare le capacità difensive e “con la libertà di operazione ottenuta attraverso la lotta vittoriosa contro i sistemi di interdizione d’accesso e negazione d’area” conclude Fischer “il nemico dovrebbe essere sconfitto e quindi i nostri obiettivi raggiunti”. In caso di conflitto, ribadiscono Jonas Schneider e Torben Arnold dell’SWP, l’Istituto Tedesco per gli Affari Internazionali e di Sicurezza, “Mosca spera di tenere la maggior parte delle forze NATO lontano dalla zona di combattimento, utilizzando missili e missili da crociera per impedirne lo spiegamento e il rifornimento, o costringendoli a fare marcia indietro colpendo singoli paesi NATO” .
Insomma: deterrenza un par de cojoni. Il dispiegamento dei missili a medio raggio in Germania è la punta di diamante di una strategia di lungo corso che, dopo l’eventuale time break in Ucraina reso necessario dai successi ottenuti sul campo dalle forze armate russe, prevede di tornare ad aggredire Mosca dopo aver messo fuori gioco le sue linee difensive. Sempre secondo il Comitato federale per la consulenza sulla pace tedesco, i missili che si prevede di dispiegare in Germania sarebbero potenzialmente in grado di colpire 7 delle 11 divisioni di missili balistici intercontinentali nucleari e 8 dei 12 sistemi radar di allerta precoce russi “lasciando da un lato la Russia in gran parte cieca agli attacchi nucleari statunitensi, e dall’altro con solo un terzo della sua capacità di secondo attacco nucleare terrestre”; insomma: la stessa identica minaccia esistenziale che ha spinto la Federazione Russa ad avviare l’operazione militare speciale in Ucraina nel febbraio 2022.
Da questo punto di vista, il partito unico dell’escalation bellica e della russofobia effettivamente potrebbe non avere tutti i torti quando parla di una minaccia russa che, dopo l’Ucraina, incombe sul resto del vecchio Continente: se trasformiamo il vecchio Continente in una piattaforma pensata ad hoc per sferrare l’offensiva finale contro la sicurezza strategica della Russia e, per di più, lo facciamo prima di esserci dotati di un sistema di difesa adeguato, effettivamente diventa piuttosto plausibile pensare che, prima di farsi radere al suolo, la Russia sia tentata di giocare il tutto per tutto, anche tirando direttamente in ballo membri della NATO. La cosa che rende il tutto ancora più pericoloso è che siamo di fronte a una vera e propria guerra contro il tempo: da una parte gli USA sembrerebbero non aver trovato ancora la quadra per la produzione di missili ipersonici sufficientemente affidabili; dall’altra, la Russia sta combattendo la sua guerra contro il tempo per la produzione di un numero sufficiente di sistemi di difesa antiaerea S-500 Prometheus, l’unico sistema missilistico potenzialmente in grado di intercettare dei missili ipersonici. E questa gara contro il tempo rischia di trasformarsi nella convinzione da parte di entrambi che sia necessario colpire con ogni mezzo necessario nel modo più letale possibile prima che sia troppo tardi; ed ecco perché oggi la questione del ritorno degli euromissili – trattative o non trattative per l’Ucraina – è il fatto che dovrebbe destare in assoluto la maggiore preoccupazione in chiunque non abbia nessunissima intenzione di rischiare l’armageddon per parare il culo alle oligarchie atlantiche.Negli anni ‘80, la crisi degli euromissili dette vita a un movimento pacifista in Europa di dimensioni mai viste prime e il baricentro fu proprio la Germania Ovest, dove in particolare nel 1983 una marea umana sterminata scese per le strade di Bonn per protestare contro l’arrivo dei famigerati Pershing II; per arrivare al disarmo vero e proprio servirono altri 4 anni, ma quel movimento impose alle classi dirigenti di mettersi subito attorno a un tavolo, che è esattamente quello che dovremmo provare a fare di nuovo adesso, invece di aspettare che a salvarci il culo ci pensi Putin o qualche leader europeo alla ricerca di una nuova verginità – e tanto meno Re Donald.
Per questo noi di Ottolina, qualche settimana fa, abbiamo deciso di andare in Germania per cercare di capire che aria tira e abbiamo scoperto che l’aria che tira è questa: è domenica 12 gennaio, migliaia di persone al freddo e al gelo hanno attraversato Berlino: l’occasione è la commemorazione annuale dell’assassinio della leader e intellettuale rivoluzionaria Rosa Luxembourg e del compagno Karl Liebknecht, barbaramente uccisi da un bel miscuglione di melma reazionaria molto simile a quello che ci ritroviamo a combattere oggi, la mano fisica delle squadracce reazionarie, quella invisibile degli apparati dello Stato deviati e la copertura degli antenati di quella che oggi chiamiamo sinistra ZTL, l’infame governo socialdemocratico guidato da Friedrich Ebert e Gustav Noske. E le parole d’ordine sono esattamente quelle che stavamo cercando: “Manifestiamo contro le consegne di armi all’Ucraina e a Israele e per una soluzione diplomatica di tutte le guerre e i conflitti” si legge nel comunicato, ma soprattutto “contro il previsto dispiegamento delle più moderne armi statunitensi sul suolo tedesco nel 2026, che è stato annunciato senza l’approvazione parlamentare e renderà la Germania un obiettivo primario di un attacco nucleare”. E non è ancora finita qua perché poche ore prima, dall’altra parte della città, ci eravamo imbattuti in questa cosa qua; un’organizzazione impeccabile ha permesso a oltre 3000 persone provenienti da tutto il mondo di radunarsi per questa gigantesca conferenza dal titolo esplicito che più esplicito non si può: “L’ultima battaglia: quanto è pericoloso l’imperialismo in declino?” . E la risposta è “Tanto. Troppo per non attivarsi subito“. E tutto questo è solo un piccolo pezzetto di quello che in Germania si sta muovendo nella società civile per contrastare l’ispirazione al suicidio delle classi dirigenti: durante le stesse ore, a Bonn andava in scena il congresso del partito di Sarah Wagenknecht che – probabilmente più di ogni altro partito in Europa – si è contraddistinto per un’opposizione netta al coinvolgimento del vecchio Continente nella guerra per procura in Ucraina e che ora è in prima fila contro la spesa militare ed euromissili.
Ma la percezione che opporsi al dispiegamento dei missili in Germania sia una questione esistenziale va ancora ben oltre: quando, il 3 ottobre scorso, a Berlino si sono riunite decine di migliaia di persone per manifestare di nuovo contro il riarmo della Germania, alla fine della manifestazione è stato comunicato il testo di una breve lettera aperta: “viviamo nel decennio più pericoloso dalla fine della seconda guerra mondiale” si legge nella lettera ; “Il pericolo di sprofondare in un abisso nucleare è sempre più concreto”, per questo “diciamo no all’impiego di nuove armi a medio raggio statunitensi in Germania”. La lettera ricorda come il dispiegamento di queste armi trasformerà la Germania in “obiettivo di un attacco preventivo, mentre la drastica riduzione dei tempi di preavviso aumentano il rischio di reazioni errate”: “La decisione di dispiegare questi missili è stata presa senza alcuna discussione pubblica o parlamentare”, continua, e “non sono previsti negoziati sul disarmo”; un’escalation intollerabile, da contrastare con ogni mezzo e “nessuno può sottrarsi da questo compito”. La lettera, da allora, è stata ribattezzata l’appello di Berlino ed è stata sottoscritta da decine e decine di migliaia di cittadini tedeschi sparsi per tutto il Paese, in particolare nell’est dove, secondo un sondaggio condotto dall’istituto di ricerca Civey lo scorso agosto, oltre il 60% dei cittadini si oppone fermamente al ritorno degli euromissili, nonostante la propaganda a reti unificate che cerca di convincere la popolazione tedesca che si tratti banalmente di un deterrente contro l’aggressività del plurimorto dittatore sanguinario del Cremlino.
L’opposizione di massa a questa ennesima sottomissione tedesca agli interessi imperiali di Washington ha spinto a sostenere l’appello anche numerosi esponenti della Die Linke, nonostante il partito abbia avuto posizioni decisamente contraddittorie relativamente all’invio di armi in Ucraina, per sfociare con la candidatura al Parlamento europeo dell’icona della sinistra imperiale Carola Rackete: “Essere di sinistra vuol dire essere solidali con i popoli oppressi ed essere contro le dittature” aveva dichiarato, “che si tratti di Russia, Venezuela o Siria”; “per questo ho votato a favore della risoluzione sull’invio di nuove armi all’Ucraina”. Se gliela scriveva il Pentagono suonava più dialogante… L’appello ha anche creato un piccolo terremoto addirittura tra le fila dell’SPD, con l’adesione di ex ministri e segretari di Stato socialdemocratici come Christoph Zöpel, Wolfgang Lieb o Michael Müller, e leader sindacali di primo piano come Martin Gross e lo storico ex segretario di IG Metall Klaus Zwickel; e, addirittura, anche alcune diramazioni regionali della CDU sono state costrette a ingoiare la pillola: Sevim Dagdelen è una delle storiche dirigenti della Die Linke che nell’ottobre del 2023 sono fuoriuscite dal partito per fondare l’Alleanza Sarah Wagenknecht.
Per evitare che domenica prossima i cittadini tedeschi si potessero esprimere liberamente su questioni epocali che determineranno il loro futuro e quello del resto dell’Europa per i prossimi decenni, serviva una massiccia arma di distrazione di massa, che è arrivata puntuale: dopo 8 lunghi anni durante i quali le forze di polizia e l’intelligence tedesca erano riusciti a prevenire ogni tipo di atto terroristico, a partire dal dicembre scorso, nell’arco di una cinquantina di giorni la Germania è stata tramortita da ben 3 attentati, tutti commessi da immigrati di religione islamica, che hanno causato la morte di 10 persone e il ferimento di oltre 300; te guarda, a volte, la distrazione che brutti scherzi che fa… Da allora, la diatriba elettorale è diventata tutta un teatrino insostenibile tra retorica razzista e islamofoba da un lato e fuffa no border dall’altro: e la truffa è servita.
I vassalli europei di Washington si sono imbarcati in una guerra che tra i vari obiettivi aveva anche la distruzione definitiva delle loro economie; l’hanno clamorosamente persa e ora sono chiamati a risarcire i danni mentre si apprestano a riarmarsi fino ai denti: l’ultima volta non è finita proprio benissimo, diciamo… Sinceramente, dopo la seconda guerra mondiale speravamo che questa lezione fondamentale fosse stata appresa e fosse ormai patrimonio comune dell’umanità; 40 anni di lobotomia neoliberista, evidentemente, hanno completamente azzerato ogni tipo di anticorpo. Dobbiamo approfittare di questo time break che l’umiliazione sul campo subita dall’Occidente collettivo in Ucraina ci ha regalato per ricostruire quegli anticorpi e, per farlo, abbiamo bisogno davvero subito di un vero e proprio media che, invece che alle puttanate delle due fazioni degli zerbini delle oligarchie di Washington, dia voce ali interessi concreti del 99%. Aiutaci a costruirlo: aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal.
E chi non aderisce è Annalena Baerbock
Ciao Giuliano, grazie del tuo instancabile lavoro; ti seguo con interesse. Il mio commento non c’entra niente con l’articolo ma non sapevo come farti arrivare la mia richiesta. Mi piacerebbe che tu approfondissi il tema dell’IA, perchè temo che sarà centrale nella prossima “guerra” tra Occidente e il resto del mondo. Vedi Trump e Musk. La mia è un’impressione scaturita da varie letture e da voci di youtube che hanno posto l’accento sulla questione. Vorrei sapere cosa ne pensi tu.
Ciao.