Cari Ottoliner, ben ritrovati in questo video di fine anno, un 2024 che chi si occupa di Medio Oriente tenderà a non dimenticare anche nel prossimo futuro. Già, perché nell’anno che si sta concludendo, per la causa del Sud globale e dell’anti-imperialismo nella regione c’è stato veramente poco da festeggiare e dopo un’iniziale ubriacatura di successi ci ritroviamo in una situazione critica, con l’asse della resistenza costretto ad una tregua tattica. Ma andiamo per gradi in questa lista delle dieci notizie sul Medio Oriente più importanti del 2024. Partiamo dall’ultima posizione.
Decima notizia: il 16 novembre due bombe sono state lanciate contro la residenza privata di Benjamin Netanyahu, mostrando – al netto dell’anno bellico appena passato – le fragilità del sistema di sicurezza israeliano. Sorprendenti le reazioni della classe dirigente di Tel Aviv: escalation di violenza, l’aggressività che entra nel privato. Ma va? Andava bene solo quando la violenza colpiva nel privato le famiglie di Gaza?
Nona notizia: le enormi manifestazioni che dal 2023 stanno sconvolgendo la società israeliana. I palazzi del governo sono stati assediati da manifestanti che richiedevano la liberazione degli ostaggi e l’apertura di trattative con Hamas ed Hezbollah. Le proteste non chiedevano un trattamento equo per i cittadini palestinesi, ma solo la liberazione degli ostaggi israeliani per poi procedere con più spensieratezza nel genocidio, così come i manifestanti delle città del nord non chiedevano la pace con il Libano, ma solo la possibilità di ritornare nelle loro case su terre occupate. Così i manifestanti vicini ai partiti dell’estrema destra ultra-sionista hanno protestato lungo tutto l’anno contro l’eccessiva tiepidezza del governo Netanyahu: non basta condurre un genocidio, bisogna farlo con ferocia e senza esitazione, neanche davanti a un’enorme mobilitazione internazionale. Ilan Pappe parla dello Stato di Giudea, uno Stato etno-nazionalista in contrasto con lo stato di Israele, uno Stato liberal-democratico (quindi suprematista): la villa nella giungla.
Ottava notizia: la morte di Hanyeh a Teheran il 31 luglio. Nella notte precedente la presa in carico del nuovo premier iraniano Pezeskian, è arrivato un doppio schiaffo israeliano tanto ad Hamas quanto all’Iran, che ha visto uccidere un ospite sul proprio territorio, arrivato per una festa istituzionale.
Settima notizia: lunga sequela di decessi quella che ha riguardato il Medio Oriente, in particolare i nemici di Israele nel 2024; tra questi, il misterioso incidente di elicottero che ha eliminato il premier iraniano Raisi e il suo ministro degli esteri. Gli artefici dei buoni rapporti con la Russia, dell’asse della resistenza, del primo attacco iraniano su suolo israeliano, dell’intesa con la Cina e dell’ingresso nei BRICS scomparsi entrambi in una notte; peculiare: verrebbe quasi quasi da diventare complottisti. Quasi quasi… Raisi tornava dal confine con l’Azerbaigian, Paese complesso e notoriamente vicino ai grandi rivali di Teheran nella regione: la Turchia e Israele. Immediato il supporto tecnico turco nella ricerca dei rottami dell’elicottero: excusatio non petita, accusatio manifesta.
Sesta notizia: il 27 novembre è entrato in vigore il cessate il fuoco tra Israele ed Hezbollah, a posteriori possiamo dire uno degli accordi peggio concepiti degli ultimi decenni. Israele non ha smobilitato un bel nulla e, anzi, sappiamo che sta procedendo a distruggere le abitazioni dei civili libanesi, cosa che peraltro sarebbe un crimine di guerra. L’accordo prevedeva il ritiro di Hezbollah a nord del fiumi Litani per garantire la sicurezza dell’occupante: Israele (o, almeno, così dicevano laconicamente i due mediatori, Francia e USA). In cambio, l’IDF si sarebbe ritirato gradualmente dal Libano meridionale e sarebbe stato rimpiazzato dal malconcio esercito libanese. Mentre molti festeggiavano una vittoria di Hezbollah, emergeva un grande scacco per l’asse della resistenza tutto.
Quinta notizia: la crisi nel Mar Rosso. Gli antefatti di questa notizia risalgono, in realtà, al 19 ottobre del 2023, quando Ansarallah ha dichiarato che avrebbe bloccato le navi di sostegno ad Israele. Da quel momento, lo Yemen è diventato nuovo fronte dello scontro tra Israele e l’asse della resistenza. Il 19 febbraio del 2024 l’Unione europea ha attivato l’operazione Aspides, giusto per azzerbinarsi un po’ di più a USA e Israele (hai visto mai che ci fosse qualche dubbio).
Quarta notizia: il 27 settembre una serie di attacchi ha colpito Beirut decapitando la dirigenza di Hezbollah e uccidendo il leader dell’organizzazione Hassan Nasrallah, segretario della stessa dal lontano 1992. Sotto la sua dirigenza Hezbollah era diventato da partito combattente ad ago della bilancia nelle istituzioni locali, il Che Guevara del Libano lo ha definito qualcuno. Sempre austero, col suo abito nero e il suo turbante, ma profondamente immerso nel suo gruppo e tra la popolazione: forse la vera mente dell’asse della resistenza in Medio Oriente. La morte di Nasrallah è parte del più grande contrasto tra Israele e il Libano che include l’ondata di esplosione di walkie talkie ed altri dispositivi elettronici del 18 settembre e la nuova invasione israeliana del 1 ottobre.
Terza notizia: la morte di Sinwar con successivo video rilasciato dall’IDF nel tentativo di umiliarlo. L’uccisione del leader militare di Hamas pensata per indebolire l’organizzazione, ha in realtà galvanizzato i resistenti mostrando il martirio di un eroe rimasto indomito fino alla fine; un intellettuale profondo che nelle carceri israeliane aveva imparato l’ebraico, studiato il marxismo e il pensiero de-coloniale, portando queste contaminazioni nelle proprie valutazioni politico-strategiche nella lotta all’apartheid israeliana. L’uccisione attraverso un drone e l’ultimo gesto di un bastone lanciato – pur sapendo dell’imminente fine – rimarrà nella nostra memoria.
Seconda notizia: la notte tra il 13 e il 14 aprile, mentre dormivo beatamente a Jesi per un evento di Multipopolare, l’Iran attaccava Israele dal cielo con oltre trecento tra droni e missili di vario tipo; iniziava così l’operazione Promessa Sincera in risposta all’attacco israeliano portato all’ufficio diplomatico iraniano a Damasco. Nel bombardamento contro l’edificio erano morti sedici cittadini iraniani: va ricordato che nel diritto internazionale questo è un comportamento confrontabile a una dichiarazione di guerra. La difesa israeliana ha chiamato la propria operazione di difesa Scudo di ferro: Tel Aviv dice di aver abbattuto il 99% dei missili; fonti USA parlano di nove morti israeliani nell’attacco. La portata storica del momento è enorme: è stato il primo attacco diretto della repubblica islamica ad Israele.
Al primo posto, triste vincitore di questo contest, la notizia che un po’ tutti avrete ancora in mente: la fine della Repubblica Araba Siriana dopo oltre un cinquantennio. Il partito Baath, espressione del socialismo arabo al potere dal 1963, e la famiglia Assad, al governo dal 1970, si sono liquefatti come neve al sole sotto l’avanzata jihadista. I tagliagole filo-turchi sono usciti da Idlib e (con una dinamica ancora tutta da accertare) hanno preso Aleppo, Hama, Homs e infine Damasco; ad Assad non è rimasto che la fuga nella base russa a Latakia e poi a Mosca. Sic transit gloria mundi.
La classifica si conclude qui, cari Ottoliner: una lista macabra e infelice che non assoceremo a bei ricordi e che – ahimè – ha mostrato ancora la forza dell’imperialismo nella regione, ma che, a differenza del passato, mostra un Occidente costretto ad assumere una posa dialettica. La porzione di terreno libanese occupato questa vo
lta è stata molto minore e la contestazione a livello globale è stata massiccia; la violenza indiscriminata mostra forza militare, ma è anche indice di debolezza politica. In finale, la Cina e i BRICS hanno rimesso la storia in movimento e qualche sassolino contro le onde non arginerà la marea.