L’inchiesta dell’anno: “Così un commando ucraino ha fatto saltare il Nord Stream”
Diameter: è questo il nome dell’operazione che ha portato, il 26 settembre del 2022, al sabotaggio e all’esplosione dei gasdotti tedeschi Nord Stream 1 e 2; ad organizzarla sarebbe stata la spia ucraina addestrata dalla CIA Roman Tscherwinsky alla guida di un commando di 12 persone, il quale a bordo della nave Andromeda avrebbe prima posizionato le cariche e poi si sarebbe allontanato dal luogo dell’attentato a bordo della nave, un’operazione fortemente voluta dall’allora capo delle forze armate ucraine Valerii Zaluzhnyi e della quale Zelensky era perfettamente a conoscenza. Lo so: sembra la trama di un film e, invece, è il risultato dell’inchiesta pubblicata ieri dal quotidiano Der Spiegel, testata del mainstream accusabile di tutto fuorché di filo-putinismo; l’inchiesta giornalistica dell’anno, forse del decennio. Per la prima volta infatti, grazie ad un lavoro di indagine durato oltre 2 anni, l’intera storia dietro al clamoroso attacco terroristico alle infrastrutture strategiche tedesche su cui tanto si è speculato in questi anni può essere raccontata, ed entrando anche nei particolari: i giornalisti, che citano come propria fonte i servizi di intelligence tedeschi e l’ufficio federale della polizia criminale, hanno infatti ricostruito tutti i momenti fondamentali del sabotaggio – dalla costituzione del commando a pochi giorni dall’inizio della guerra fino al giorno dell’esplosione – e sarebbero entrati a conoscenza dei i nomi di quasi tutti i 12 componenti del gruppo. Una verità che metterebbe a tacere anni di mistificazioni e depistaggi, necessari a non sputtanare le autorità ucraine e farle sempre apparire integerrimi paladini della libertà e della democrazia e, ancora di più, a non creare un clamoroso caso diplomatico tra la Germania, vittima di un brutale attacco militare alla proprie infrastrutture, e la stessa Ucraina, che dalla Germania, in questi anni, ha invece ricevuto armi e finanziamenti miliardari. Non solo: se l’articolo 5 della NATO valesse veramente e se la ricostruzione del Der Spiegel venisse confermata, i Paesi dell’alleanza avrebbero il dovere rispondere compatti all’aggressione di uno dei propri Paesi membri e attaccare militarmente l’Ucraina. Come vedete, la situazione è piuttosto intricata (per usare un eufemismo); e non è tutto: i giornalisti tedeschi avrebbero dimostrato come anche la CIA fosse stata informata del piano da una spia e come le autorità polacche, una volta concluso l’attacco, avrebbero ostacolato le autorità tedesche nel condurre le indagini fino addirittura ad arrivare, lo scorso agosto, a facilitare (in combutta con Kiev) la fuga di uno degli attentatori alla cattura dai servizi tedeschi. Nessuna smentita è stata ancora data a questa ricostruzione del Der Spiegel; in ogni caso, data l’evidente collaborazione dei servizi segreti tedeschi e degli organi di polizia nello svolgersi di questa inchiesta giornalistica, è difficile pensare che sia semplicemente un caso il fatto che sia uscita proprio in questi giorni, con la fresca vittoria di Trump alle elezioni e la caduta del governo Scholz. Qualcosa forse si sta veramente muovendo; in questa puntata vi racconteremo per filo e per segno i punti salienti dell’inchiesta dell’anno. Nel frattempo iscrivetevi a tutti i canali di Ottolina Tv e di Ottosofia: a voi ci vuole meno di quanto ci metterà Olaf Scholz a chiedere scusa a Zelensky per aver comunque avviato delle indagini e, addirittura, tentato di catturare i sabotatori; per noi, invece, è fondamentale per continuare a raccontarvi inchieste storiche come queste che – guarda caso – i nostri coraggiosissimi giornalisti del mainstream si sono scordati di riportare.
Nei giorni precedenti il 26 settembre 2022, il commando di sabotatori attraversa il Mar Baltico tra Sandhamn e Rügen, in acque polacche, tedesche, danesi e svedesi; sono alla ricerca del momento giusto e del posto giusto: non troppo profondo sotto la superficie del mare, non troppo trafficato. Alla fine lo trovano: è a circa 44 chilometri a nord-est dell’isola danese di Christiansø, alle coordinate 55° 32′ 27” nord, 15° 46′ 28,2” est. Alle 2.03 del 26 settembre 2022, un’onda di pressione scuote il fondo del Mar Baltico con una potenza tale da far scattare i sismografi svedesi a centinaia di chilometri di distanza: la linea A di Nord Stream 2 si lacera nel punto di giunzione tra due tubi; 17 ore dopo, alle 19.04, il fondale marino trema di nuovo, questa volta a circa 75 chilometri a nord, in modo molto più violento e con diverse esplosioni. Questa volta, entrambi i tubi del Nord Stream 1 sono stati distrutti: la linea A per una lunghezza di 200 metri, la linea B per 290 metri; le immagini subacquee e le visualizzazioni 3D basate sul sonar mostrano crateri profondi, montagne di detriti e i resti dei tubi che puntano verso l’alto ad angolo, piegati come fossero cannucce. Quello che si è appena consumato non è attentato qualunque, ma l’attacco militare più importante subìto da uno Stato europeo dalla seconda guerra mondiale, “Un attacco alla sicurezza interna dello Stato” come lo definisce immediatamente un giudice della Corte federale di giustizia tedesco. E non è stato un attacco solo alla Germania, ma a tutta l’Unione europea: nel 2021, i due gasdotti coprivano la metà del fabbisogno annuale della Germania, ma anche circa il 16% delle importazioni di gas di tutta l’Unione europea; appena dopo le esplosioni, tutte le persone di buonsenso pensarono immediatamente al coinvolgimento di coloro che più avrebbero avuto vantaggi dalla distruzione di quel collegamento fondamentale tra Germania e Russia e quindi, ovviamente, all’Ucraina (in guerra con la Russia) e agli Stati Uniti, che più volte – e per bocca dello stesso Biden nel 2019 – avevano dichiarato ufficialmente di vedere nel gasdotto che collegava i loro due nemici storici un’insopportabile sfida al proprio impero europeo. La propaganda statunitense, però, si mette subito in moto e tutti i giornali occidentali (magari qualcuno di voi se lo ricorderà) cominciarono a parlare di una presunta nave russa avvistata nei paraggi dell’attacco e, quindi, a insinuare che i russi erano diventati così confusi da colpirsi da soli; ufficialmente partirono le indagini di più di 10 Stati per trovare i colpevoli, ma la verità è che non se ne seppe più nulla, palesandosi che si trattava di una verità che era meglio tenere nascosta a costo di destabilizzare completamente la narrazione occidentale su questa guerra.
A rompere il silenzio ci ha pensato il premio Pulitzer Seymour Hersh nel febbraio del 2023, pubblicando un articolo in cui accusava Washington di aver orchestrato il sabotaggio dei gasdotti: secondo Hersh, che citava una sua fonte anonima con conoscenza diretta, il piano era stato pianificato e realizzato con il supporto della Norvegia durante l’esercitazione militare BALTOPS 2022 nel Mar Baltico. L’indagine del Der Spiegel, che appare molto più solida e documentata, dimostrerebbe però che le cose sono andate diversamente da quanto sostenevano sia Hersh che – naturalmente – la propaganda collaborazionista, la cui malafede e immaginazione sta raggiungendo livelli da letteratura fantasy: “Molti indizi fanno pensare che i responsabili del più grande atto di sabotaggio nella storia dell’Europa siano una dozzina di uomini e una donna provenienti dall’Ucraina. Alcuni sono civili, altri soldati. Sono stati assunti e addestrati da un gruppo che da anni pianificava e realizzava operazioni segrete per l’apparato di sicurezza ucraino. Alcuni degli autori hanno legami di lunga data con la CIA. Nonostante le esplosioni nel Mar Baltico, i membri del commando si sono dati alla macchia. Tuttavia, dopo due anni di ricerche in Europa, li abbiamo identificati nei mondi oscuri dei servizi segreti, nelle zone di guerra e più recentemente nella capitale ucraina Kiev. Per la prima volta, l’intera storia dell’attacco a Nord Stream può essere raccontata”; così recita l’incipit dell’inchiesta, un’inchiesta che difficilmente, nonostante tutto, potrà rimanere senza conseguenze. “Le informazioni fornite dagli autori sono state verificate” continuano gli autori; “un team di ricerca ha parlato con i servizi segreti e gli investigatori occidentali, con esperti di immersioni ed esplosivi, ha analizzato dati e documenti riservati, ha seguito le tracce su Internet e ha consultato altre fonti”. I giornalisti sostengono anche di conoscere l’identità della maggior parte delle persone coinvolte, persone che preferiscono non nominare in quanto diventerebbero, a detta degli autori, bersaglio delle squadre di assassini russi e degli intrighi all’interno dell’apparato di sicurezza ucraino. Il succo dell’inchiesta è questo: a far esplodere il Nord Stream sono stati una dozzina di uomini e una donna ucraini, civili e soldati; si tratterebbe di persone addestrate e reclutate da un gruppo che per anni ha organizzato operazioni segrete per l’apparato di sicurezza di Kiev. Secondo i giornalisti del Der Spiegel, anche gli Stati Uniti avrebbero giocato un ruolo importante poiché alcune delle persone coinvolte nel sabotaggio dell’infrastruttura – come, ad esempio, il leader del commando – hanno chiari legami con la CIA. L’azione, si legge in questa ricostruzione, sarebbe stata finanziata con circa trecentomila dollari da un imprenditore legato alle forze speciali ucraine, forze speciali che da anni consideravano le condotte del gas un obiettivo militare legittimo: “Già nel 2019, negli ambienti dei servizi segreti di Kiev circolava l’idea di far esplodere i gasdotti”.
La prima traccia fondamentale – sia per gli inquirenti che seguivano il caso che per i giornalisti – che ha permesso di risalire ai sabotatori è stato il ritrovamento della barca utilizzata dal commando: Andromeda, una Bavaria Cruiser 50 lunga 15,57 metri e larga 4,61, è noleggiata per 11.900 euro dal 27 agosto al 24 settembre 2022, una barca dotata di cinque piccole cabine e di un’area interna pratica per le operazioni, ideale per attività di immersione grazie alla piattaforma posteriore che facilita l’accesso all’acqua. Già l’anno scorso, in quello che potremmo definire il prequel di questa inchiesta, alcuni giornalisti del Der Spiegel e del Frankfurter Allgemaine Zeitung noleggiarono l’imbarcazione dopo che questa era stata rilasciata dagli esperti forensi della polizia criminale e scrissero sui rispettivi giornali di averla identificata come l’imbarcazione utilizzata per l’attentato. Capo del commando e mente dell’operazione, secondo l’inchiesta, è Roman Tscherwinsky, 49 anni, un’ex spia ucraina considerato un eroe in patria per diverse azioni condotte nel corso della sua carriera; Tsherwinsky è stato uno dei capi del servizio di controspionaggio dell’SBU e per molto tempo ha fatto parte di un gruppo di servizi segreti costruito da agenti statunitensi. Visto che i servizi ucraini erano pieni di ex quadri del KGB, gli americani cercavano da anni persone affidabili che potessero essere addestrate in isolamento dagli informatori russi, affermano gli autori; e l’obiettivo più importante era proprio la creazione di unità di sabotaggio affidabile: “Gli uomini addestrati dalla CIA, sono addestrati a pensare in grande” e il Nord Stream era un grande obiettivo militare comune per nordamericani ed ucraini. Per molti concittadini Tshervinsky è una leggenda, in particolare da quando con l’SBU era riuscito a rapire il leader separatista del Donbass Vladimir Zemach, presumibilmente coinvolto nell’abbattimento del volo MH17 della Malaysia Airlines; in questo momento Tshervinsky si trova, però, ai domiciliari e porta una cavigliera elettronica da più di un anno: è infatti accusato da Kiev di aver disubbidito all’autorità militare. La magistratura accusa Tshervinsky di aver tentato di convincere, nell’estate del 2022, un pilota di caccia russo a disertare; quest’ultimo, però, invece di fuggire in Ucraina (come concordato con Tsherwinsky) e di consegnare il suo jet, avrebbe trasmesso le coordinate del sito di atterraggio previsto e le truppe russe avrebbero attaccato il campo d’aviazione. Da quando è in custodia cautelare, Tsherwinsky non gode nemmeno di buona salute e deve andare regolarmente in ospedale; così, i giornalisti del Der Spiegel, che lo volevano incontrare di persona mentre conducevano l’indagine, l’hanno intercettato davanti all’ospedale: “Un uomo magro e basso, con il volto scavato e i capelli radi, esce da una delle sale di cura. Indossa una camicia bianca che gli esce dai pantaloni; sulla caviglia destra è visibile una cavigliera elettronica. Una coppia ucraina lo riconosce: l’uomo è su una sedia a rotelle, ha bende sulla testa, sulla gamba e sulle braccia; la donna si avvicina a Tshervinsky, lo abbraccia e lo bacia sulla guancia. Si scattano un selfie con lui. I giornalisti del Der Spiegel gli parlano. La stretta di mano di Tsherwinsky è morbida. Piccole chiacchiere: Preferisco non parlare dell’argomento (Nord Stream) dice Tscherwinsky, ma posso dire una cosa: le conseguenze dell’attacco non sono state una benedizione solo per l’Ucraina, ma anche per la Germania”. “Finalmente la Germania non può più essere ricattata. Il sabotaggio è un atto di liberazione” dice Tscherwinsky ai reporter.
Era fin dallo scoppio della seconda fase della guerra per procura della NATO in Ucraina, nel febbraio del 2022, che Tscherwinsky e il suo commando a Kiev si erano messi a studiare i dettagli dell’operazione: per prima cosa era stato individuato l’esplosivo adatto per le esplosioni subacquee, l’Octogen, un materiale non reperibile in Ucraina che però i servizi erano riusciti a procurarsi; e per prepararsi all’attacco terroristico, l’unità di commando trascorre settimane di esercitazioni in una ex miniera allagata, dove può immergersi fino a 100 metri di profondità. L’obiettivo è attaccare una bomba fittizia a una cima con un moschettone, immergersi fino al fondo, piazzare la bomba e risalire; il piano, una volta pronto, è stato presentato a Zaluzhnyi, che si dimostra talmente interessato da proporre di non fermarsi a Nord Stream, ma colpire anche TurkStream, il gasdotto che collega Russia e Turchia attraverso il Mar Nero. A giugno, però, un agente segreto finlandese sarebbe venuto a conoscenza di Diameter e la notizia sarebbe arrivata fino al Pentagono, sostiene il Der Spiegel; a quel punto la CIA avrebbe inviato un funzionario a parlare con Zelensky: non sapremo mai, naturalmente, cosa si siano detti. Il presidente ucraino ha sempre negato di aver avuto notizia dell’attacco; il Der Spiegel però, forte delle sue fonti, è certo del contrario. Poche settimane dopo la visita della CIA a Zelensky, il commando parte per il Mar Baltico, piazza le cariche con dei timer e, al momento dell’esplosione, tutto il gruppo è già rientrato a casa; nel tragitto di ritorno, secondo l’inchiesta, gli ucraini avevano usato passaporti falsi ed erano stati anche fermati per dei controlli di polizia, senza però essere scoperti. Come riporta Simone Caridi sul Fatto Quotidiano – incredibilmente tra le poche testate italiane ad aver parlato dell’inchiesta – per le forze di polizia tedesche sulle tracce dei terroristi ci sono state numerose beffe nelle beffe; tra i vari depistaggi e ostacoli vari subiti da parte di Stati teoricamente alleati, il più clamoroso è avvenuto questa estate: un sospettato ucraino, Volodymyr Sch., esperto in immersioni profonde, sarebbe sfuggito all’arresto grazie all’aiuto di un diplomatico ucraino dopo essere stato individuato in Polonia. “Il nome di uno dei militari del gruppo era emerso dalle prime indagini, e contro di lui fu spiccato un mandato di cattura europeo. L’uomo si trovava in Polonia, ma riuscì a scappare. Secondo le ricostruzioni, fu avvisato dalle autorità polacche e fuggì a Kiev a bordo di un’auto con targa diplomatica, guidata da un attaché militare dell’ambasciata ucraina a Varsavia” (Simone Caridi, Il Fatto Quotidiano).
Sono tanti altri i dettagli presenti nell’inchiesta del Der Spiegel (che speriamo verrà presto tradotta per intero in italiano), dagli avvertimenti ricevuti e non ascoltati dalle autorità tedesche nel giugno del 2022 dai servizi, ai numerosi episodi che precedono e seguono la detonazione delle cariche raccontati dall’informatore principale dei giornalisti (senza il quale non sarebbe stato possibile ricostruire tutto questo) Andrei’j, nome di fantasia per uno dei 12 membri del commando. La cosa può sembrare ridicola (e, infatti, lo è), ma lo stesso Der Spiegel, giornale – come dicevamo – mainstream e dalla linea editoriale collaborazionista, si è scusato con i propri padroni della propria stessa inchiesta: l’editoriale che accompagnava la pubblicazione di questo splendido lavoro dei propri giornalisti di inchiesta si intitolava Una buona cosa per la Germania e, nel sottotitolo, leggiamo “Dopo l’esplosione dei gasdotto del Nord Stream, l’indignazione a Berlino è stata grande. Ma la distruzione dei tubi del gas nel Mar Baltico è stato un colpo di fortuna, non solo dal punto di vista dei più importanti partner alleati. Ma anche per la Germania”. E allora forse è vero il detto che per gli sciocchi non c’è paradiso e dovremmo davvero rassegnarci al fatto che per questa generazione di classe dirigente non c’è redenzione né paradiso possibile; sta a noi, a forza di calci del sedere più o meno simbolici, cacciarli dalle posizioni di comando prima che sia troppo tardi, prima che la democrazia sarà solo un lontano ricordo e, soprattutto, prima che la guerra e la morte non arrivi dentro le nostre case. Il primo passo è dare vita ad un media veramente libero e indipendente che faccia il lavoro che i giornali che trovate in edicola e i giornalisti che vedete in televisione non fanno. Aiutaci a costruirlo: aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal.
E chi non aderisce è Olaf Scholz
Segreto di Pulcinella, comunque la rivelazione da una grande testata tedesca dimostra che loro si stanno svegliando di un sono profondo…