Trump, Le Pen, AFD: abbiamo finalmente un’alternativa?
Oh! Finalmente quando ci saranno Trump, Le Pen e Alternative fur Deutschland, quegli ipocriti dei progressisti globalisti la finiranno di fare guerre e di seminare il terrore in giro per il mondo; l’imperialismo dei finti buonisti è finalmente sconfitto e il popolo e la democrazia stanno per trionfare! Ce l’avrete sicuramente anche voi quell’amico un po’ speciale che, da una parte, si dichiara anti-sistema e dice di essere per la democrazia e gli interessi classi popolari e, dall’altra, esulta per tutte le vittorie elettorali della peggiore destra identitaria solo perché almeno non hanno vinto i Biden, i Macron o gli Scholz di turno (che culo!) o che, addirittura, vagheggia di improbabili alleanze tra le destre suprematiste del pianeta e le forze socialiste in nome della comune lotta al capitalismo e alla globalizzazione. Ora, se fino a qualche anno fa allucinazioni di questo tipo erano quantomeno scusabili – data l’assoluta egemonia culturale del progressismo liberale che poteva davvero far pensare ad un nemico comune – oggi invece potrebbero dimostrarsi dei deliri estremamente pericolosi perché, come si sottolinea anche in un recentissimo studio dell’istituto di scienze sociali tedesco Tricontinental, una nuova forma di destra sembra prendere sempre più piede nella politica occidentale; una destra tanto diversa dalla destra liberale e finto conservatrice a cui ci eravamo abituati negli ultimi decenni, quanto dalla destra fascista del ‘900, con la quale pure sembrare mostrare qualche inquietante analogia. Una destra, insomma, in gran parte inedita, ben rappresentata da Trump e dai suoi imitatori europei che oggi fanno il pieno alle urne e che, contrariamente al wishful thinking di qualche compagno sui generis, non sembra avere nessuna intenzione di mettere in discussione i rapporti di forza oligarchici nelle nostre società, né di porre fine alla volontà di dominio dell’Occidente sul resto del mondo. Insomma: proprio nulla di anti-sistema; una destra, anzi, che agli occhi delle tanto detestate élite transnazionali potrebbe rivelarsi particolarmente funzionale alla nuova fase storica che stiamo vivendo, tanto che potrebbe essere capace di imporre, nei prossimi anni, una vera e propria nuova egemonia culturale. Perché, per chi non se ne fosse accorto, da qualche anno siamo entranti in una nuova fase della storia mondiale: quella fase in cui a causa della straordinaria crescita della Cina, della ritrovata potenza russa e dall’organizzazione del Sud globale in un blocco sempre più coeso, l’Occidente americano si è visto costretto a dichiarare guerra al resto del mondo per conservare la propria egemonia; una guerra destinata a durare a lungo, già caldissima sul piano economico e probabilmente sempre più calda sul piano militare, senza possibilità di prevedere fino dove arriverà l’escalation.
Ecco: in questo clima di guerra, come sottolinea giustamente anche il Tricontinental, la cara vecchia egemonia culturale liberale dominante in Occidente negli ultimi 40 anni, fondata in gran parte su valori universalistici e umanitari, sull’individualismo consumistico e sul rifiuto delle identità tradizionali, sembra destinata a lasciare il passo a ben altre culture e valori – molto più adatti al nuovo clima di ostilità e conflitto – e alle nuova esigenza fondamentale delle oligarchie dell’impero, ossia quella di ritrasformare le nostre società in società di guerra, società, cioè, nelle quali saranno richiesti sempre maggiori sacrifici individuali in nome della difesa comune dell’Occidente e in cui i diritti sociali e civili saranno sempre più spesso negati in nome dell’interesse collettivo. E ancora, società nelle quali per mantenere il consenso tra la popolazione, nonostante tutte queste nuove privazioni, l’Occidente dovrà rispolverare valori comunitaristi, identitari e, soprattutto, fortemente bellicisti e suprematisti. La propaganda infatti – e questo è forse il punto fondamentale per capire la nuova egemonia culturale di destra che si sta affacciando all’orizzonte – tenterà di venderci la guerra che gli Stati Uniti hanno deciso di dichiarare al resto del mondo per mantenere la propria egemonia ed impedire la nascita di un nuovo ordine multipolare, come il solito scontro di civiltà: la guerra che la civiltà occidentale è già – suo malgrado – costretta a combattere per difendersi da sanguinari dittatori e fondamentalisti religiosi senza scrupoli (Palestina docet): ed ecco quindi perché la cultura politica della destra identitaria e xenofoba – una volta abbandonata ogni pericolosa retorica sovranista e nazionalista ed abbracciata in pieno quella del puro suprematismo occidentale identificandosi pienamente con i confini dell’Impero degli Usa – sembra essere particolarmente funzionale a questo scopo.
Nei prossimi anni insomma, se (come prevede il Tricontinental) questa nuova destra prenderà il potere, non dovremo più aspettarci la cara vecchia retorica a cui ci avevano abituato in questi anni sull’umanitarismo, la globalizzazione e la necessità di superare muri e confini, ma pura propaganda di guerra, incentrata sulla superiorità della civiltà occidentale e sulla necessità di difenderla a tutti i costi, anche costo di vedere i salari diminuire, a costo di limitare qualche “eccesso democratico” e a costo di chiudere qualche canale di informazione indipendente che puzza un po’ troppo di propaganda anti – occidentale. Per farvi un’idea di quello che ci aspetta e di come veda il mondo questa gente poco rassicurante (che però gliela farà vedere una volta per tutte a quei guerrafondai dei progressisti), basta tenere a mente le parole usate da Trump, Le Pen o anche dei nostri giornali di destra per commentare lo sterminio di massa in corso a Gaza: non ipocrisia e doppio standard, come tra i tanto odiati sinistroidi, ma proprio soddisfazione e malcelata esaltazione per le bombe democratiche israeliane sulle famiglie palestinesi. Ecco: e voi pensate che questa gente avrà un atteggiamento differente quando, invece che le donne e bambini di Gaza, sotto le bombe occidentali ci saranno le famiglie iraniane,venezuelane o cinesi? In questo video ipotizzeremo alcune caratteristiche fondamentali della nuova destra del prossimo decennio, del perché non sembra avere assolutamente nulla di anti – sistema e del perché, anzi, la sua cultura politica identitaria e suprematista sembra essere particolarmente funzionale alle oligarchie in questa nuova fase di guerra dell’Occidente americano contro il resto del mondo. E infine, come sottolinea la ricerca del Tricontinental, vedremo come tutto questo non sia in fondo che il naturale e fisiologico sbocco delle politiche e della cultura neoliberista degli ultimi decenni.
Fino ad oggi, i partiti di centro – destra potevano essere considerati come la semplice variante finto – sovranista e finto – conservatrice del partito unico neoliberista, sostanzialmente intercambiabili con la sinistra ZTL e utili a portare alle urne le fasce più anziane della popolazione e i più sospettosi nei confronti di nuove mode e costumi. Ma in questa nuova fase di conflitto tra l’Occidente americano e popoli sovrani del Sud globale, in tutto l’Occidente le destre identitarie e xenofobe sembrano pian piano prendere il posto del vecchio centro – destra liberale e potrebbero assumere un ruolo molto più importante e decisivo: le élite economiche occidentali infatti, avendo la necessità si trasformare nuovamente le nostre società in società di guerra, potrebbero aver trovato nell’estrema destra, come già successo in passato, loro nuova espressione politica e culturale di riferimento; come si sottolinea nella ricerca del Tricontinental infatti, già negli anni 20 e 30 del ‘900 la destra autoritaria, che prese il nome di fascismo, nacque dalle contraddizioni – o, se vogliamo, dalle stesse premesse – delle società liberali a capitalismo avanzato. Come vi ricorderete, terrorizzate dalla minaccia socialista, in quell’occasione le oligarchie economiche europee appoggiarono entusiaste fascismi di ogni genere e tipo per proteggere i propri interessi dalle rivendicazioni dei lavoratori e mantenere così saldi i propri privilegi. Oggi la situazione sembrerebbe essere simile, ma anche molto diversa: la minaccia per le élite occidentali non viene più dall’interno, dato che 40 anni di rincoglionimento di massa neoliberista hanno tagliato alla radice anche solo la possibilità che nasca una qualche forza rivoluzionaria, ma dall’esterno; da paesi che (al contrario dei governi europei) tengono alla loro libertà e sovranità, che rappresentano ormai quasi l’80 per cento della popolazione mondiale e che oggi sono abbastanza organizzati da non accettare più le imposizioni di Washington. Per questo, scrivono gli autori della ricerca, differentemente dagli anni 20 e 30 del novecento, le oligarchie oggi non hanno bisogno di smantellare la Costituzione, di dichiarare fuori legge partiti scomodi e mandare in galera gli oppositori politici – e, insomma, di cambiare l’assetto giuridico politico fondamentale delle democrazie liberali in un assetto strettamente dittatoriale e autoritario per reprimere con la forza il dissenso. Anzi! Questo assetto – ormai svuotato di qualsiasi valore sostanziale a causa della concentrazione capitalistica di ricchezza e potere – nonostante forse qualche necessario aggiustamento, può ancora essere in gran parte garantito, con il vantaggio di meglio nascondere le strutture economico – finanziarie che contano proprio dietro le procedure ormai puramente estetico – rituali della democrazia, nonché come ottime armi di propaganda interna per convincerci della nostra superiorità morale sul resto del mondo.
“Per prima cosa” si legge nello studio “bisogna prendere atto che in quei paesi con Costituzioni che pure danno rilievo alle elezioni multipartitiche, si è assistito sempre più alla graduale instaurazione di quello che è effettivamente un regime monopartitico. Questa regola del partito unico può talvolta essere mascherata dall’esistenza di due o anche tre partiti, celando la realtà che la differenza tra questi partiti è diventata sempre più trascurabile.”; “In questo contesto” continua “si sta verificando uno slittamento verso destra. Di un nuovo tipo di destra che è emerso non solo attraverso le elezioni, ma anche esercitando il dominio nelle arene della cultura, della società, dell’ideologia e dell’economia. Questo nuovo tipo di destra non è necessariamente interessato a rovesciare le norme della democrazia liberale, e ha permesso per questo un suo intimo abbraccio con le forze liberali.” Svuotamento sostanziale della democrazia, concentrazione oligarchica del potere e della ricchezza e sfruttamento del lavoro sono, in fondo, il terreno comune sui cui liberalismo e estrema destra si sono da sempre trovati d’accordo e il motivo per il quale, in passato, le società capitaliste sono facilmente passate da un assetto politico più liberale ad un più sfacciatamente autoritario, cambiando la nomenclatura del potere economico e adattandosi al meglio alle esigenze storiche del momento; nelle società neoliberiste occidentali degli ultimi 40 anni, poi, questo terreno comune è diventato estremamente evidente e rischia di diventarlo ancora di più: “Per prima cosa, le forze politiche liberali e l’estrema destra” scrivono gli autori della ricerca “sono entrambe state impegnate su tutta la linea per diminuire la presa della sinistra sulle istituzioni”. “E senza un serio impegno nei confronti del benessere sociale e dei programmi ridistributivi, il liberalismo ha deragliato nel mondo delle politiche di estrema destra, finendo tra le altre cose per aumentare le spese per l’apparato repressivo interno che sorveglia i quartieri operai e le frontiere internazionali”; “Anche in politica estera,” continua il report “nei paesi imperialisti c’è stata e c’è una confluenza molto alta tra liberali ed estrema destra sul mantenimento dell’egemonia americana, l’ostilità e il disprezzo per il Sud globale e un aumento dello sciovinismo, come si vede dal sostegno militare totale al genocidio che Israele sta conducendo contro i palestinesi”. Insomma: quello che ci dice il Tricontinental è che, per quanto ci faccia male dircelo, le nostre amate ex democrazie (presto ex liberali) sono in verità già da molto tempo – nella struttura oligarchica, predatoria e imperialista del potere economico politico – di estrema destra.
La novità, però, è che con la fine della pace e l’entrata in questa nuova fase storica di conflitto tra potenze, la narrazione politica e culturale liberale progressista (dietro alle quale, fino a poco tempo fa, venivano mascherati tutti questi processi di smantellamento sostanziale della democrazia e libertà sociali) potrebbe essere diventata di intralcio e potrebbe lasciare il posto ad un’egemonia culturale e politica sfacciatamente identitaria, xenofoba e suprematista, maggiormente capace di legittimare nella popolazione la postura di guerra dell’Occidente contro il resto del mondo e far meglio digerire tutti i sacrifici che verranno richiesti in nome della presunta difesa collettiva. Come scrive anche Mimmo Porcaro in un suo interessantissimo articolo dedicato a Costanzo Preve “Da tutto questo consegue che sul piano culturale e filosofico il nemico principale non è più semplicemente (se mai lo è stato) l’individualismo progressista” – come molti ancora continuano a pensare esultando per la vittoria di Trump, gli scarsi risultati di Macron e sognando improbabili alleanze tra forze identitarie e neosocialiste – “ma” continua Porcaro “la complementarietà tra il progressismo liberale e il comunitarismo di destra”, una complementarietà che perdura in questa fase di transizione di sostanziale conflitto militare a bassa intensità tra grandi potenze e che potrebbe, però, presto lasciare spazio ad un monologo della destra identitaria qualora gli animi si scaldassero, la guerra aumentasse di intensità e i sacrifici richiesti ai lavoratori occidentali aumentassero. Quello che dobbiamo tenere a mente è, però, che il nuovo tipo di destra che si appresterebbe quindi a diventare il nuovo referente politico e culturale privilegiato dalle élite occidentali si presenta alla storia con alcune caratteristiche politiche inedite, come inedito, del resto, è il contesto geopolitico che stiamo vivendo; sbagliato, pertanto, sarebbe applicare automaticamente le stesse categorie politiche utilizzate per comprendere le destre e i fascismi novecenteschi. Ad esempio, l’identità e comunità di riferimento non può più evidentemente essere quella nazionale; da sempre, infatti, negli imperi le retoriche nazionaliste vengono demonizzate e combattute in quanto mettono inevitabilmente in discussione l’autorità del potere del centro dell’impero; e quindi, nel nostro caso, non più nazionalismo, ma occidentalismo e – come abbiamo visto nel caso dell’Ucraina e come vediamo adesso con Israele – un’imposta identificazione culturale e politica con tutti i paesi considerati alleati di Washington. Per la propaganda, la nostra nuova nazione sono i confini dell’Occidente – e i confini dell’Occidente con i paesi satelliti degli Usa, compresi quelli nel Medio Oriente e nel Pacifico.
Un’altra caratteristica di questa nuova destra che possiamo tentare di ipotizzare è che che non verranno messe in discussione, soprattutto sul piano ideologico, le procedure ritualistiche democratiche, né l’assetto liberaloide dello Stato, che tanto già consentono – con le loro maglie larghe – massima concentrazione del potere e massima censura e repressione in caso di necessità; sul piano dei diritti, è verosimile che non verranno toccati i diritti civili delle minoranze oggi più protette – come i diritti delle donne e le minoranze di genere – e, al tempo stesso, implementate misure sempre più stringenti di controllo e censura, ad esempio nei media e nell’informazione (che ci faranno sembrare il buon vecchio soft power un dolce ricordo). Sul piano dei diritti sociali (come sottolineavamo in precedenza), data la condizione emergenziale data dallo stato di guerra, possiamo prevedere nuovi tagli al welfare e ai salari venduti come patriottici sacrifici per la difesa collettiva. Infine i caratteri conservatori – identitari della nuova destra potrebbero non essere diretti tanto in chiave xenofoba nei confronti delle minoranze interne che vivono in Occidente (la cui forza lavoro e integrazione nella società di guerra, con processi di sempre maggiore assimilazione, sarà comunque necessaria), ma contro tutti i popoli sovrani non allineati che l’Occidente dovrà cercare di schiacciare e con un’inevitabile crescente razzismo nei confronti del regime cinese e del suo popolo. Insomma: ci sarà da divertirsi.
Queste sono solo alcune ipotesi; nei prossimi mesi torneremo ancora ed ancora su questo argomento, con video e interviste che meglio ci permetteranno di analizzare il fenomeno di questa nuova destra e di aggiornare le nostre categorie politiche alla luce degli straordinari cambiamenti geopolitici in atto. Chi rimane indietro, infatti, non solo è perduto, ma rischia di combattere un mondo che non esiste più e, a causa della disperazione per l’oggettiva mancanza di una reale alternativa politica che rappresenti gli interessi italiani, europei e del 99%, di scambiare i nemici con gli amici. E se anche tu vuoi aiutarci a costruire un media che porti avanti questa elaborazione intellettuale e politica e che ti racconti il mondo dagli occhi degli interessi del 99%, allora aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal.
E chi non aderisce è Donald Trump