Oggi è il 21 gennaio e non potevamo certo non ricordare l’anniversario della fondazione del Partito Comunista italiano. Domani, il 22, ricorre invece il compleanno di uno dei massimi esponenti del movimento comunista italiano, nonché fautore della nascita del Partito: Antonio Gramsci. Di fronte all’immagine contemporanea del 30enne ancora a casa con la famiglia, costretto a barcamenarsi per un lavoro decente, il giovane Gramsci ci offre tutt’altra immagine: fondare un partito per fare la rivoluzione. Un bel modo di festeggiare il proprio compleanno!
Ma torniamo alla cronaca storica: siamo nel 1921 e sono passati 4 anni dallo scoppio della rivoluzione russa che, guidata da Lenin, aveva dimostrato al mondo che edificare il socialismo era davvero possibile. Proprio nel mese di gennaio del 1921 a Livorno si tiene il XVII Congresso del partito socialista; ci sono proprio tutti, tutti i membri più importanti del partito: Filippo Turati, che guidava la corrente dei riformisti, il leader dei massimalisti Giacinto Menotti Serrati, Antonio Gramsci, fondatore del gruppo torinese dell’Ordine Nuovo, Amadeo Bordiga, leader della frazione comunista che comprende anche gli ordinovisti. C’è tensione: bisogna capire se la maggioranza massimalista accetterà di rompere con i riformisti, adeguando il Partito Socialista Italiano alle richieste della Terza Internazionale e rendendolo così un partito comunista a tutti gli effetti; la maggioranza del PSI decide però di non rompere con i riformisti e, di fronte a questo esito, Bordiga prende la parola e dice “I delegati che hanno votato la mozione comunista abbandonino la sala. Sono convocati alle undici al teatro San Marco per deliberare la costituzione del Partito Comunista”. Uno degli esponenti dell’ala comunista – che sarà poi, più di vent’anni dopo, presidente dell’Assemblea costituente, Umberto Terracini – descriverà così la giornata: “I delegati che rapidamente avevano occupato la platea di San Marco, non vi trovarono sedie o panche sulle quali sedersi. E dovettero restare per ore e ore ritti, in piedi. Sul loro capo, dagli ampi squarci del tetto infradicito, venivano giù scrosci di pioggia, al riparo dei quali si aprivano gli ombrelli con uno strano vedere. […]”.

Oggi Ottosofia non vuole però fare una semplice cronaca storica, ma vuole capire come mai Antonio Gramsci, con la sua riflessione insieme alla sua azione politica, sia oggetto e strumento di battaglia politica; per questo motivo abbiamo pensato di presentare il libro Gramsci. La biografia di Angelo D’Orsi. Come tutti i grandi, Gramsci non ci dice tanto solo del nostro passato, ma è tutt’oggi oggetto di discussione e di divisioni politiche; è sufficiente scorrere velocemente le pagine di alcune testate giornalistiche nostrane per averne una prova. Dalle pagine di La Stampa, nel 2017 il giornalista Massimiliano Panarari scriveva che “Le appropriazioni culturali indebite, così come gli scippi intellettuali con destrezza, sono all’ordine del giorno nella storia delle idee. L’ultimo caso riguarda proprio Antonio Gramsci, (…) che ora spopola, suo malgrado, tra i populisti e i sovranisti. E il riferimento non è, naturalmente, al populismo di sinistra (e postmoderno) degli spagnoli di Podemos, né all’arrabbiato e indignato radicalismo ultra-goscista della France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon (tra i cui ispiratori c’è la teorica politica post-marxista Chantal Mouffe). Ma a quello sfilato dalle destre estreme, riverniciate coi colori alla moda del nazional-populismo (…)”; così ci sono letture “che si ripromettono di convertire il nazional-popolare in nazional-populista” e, così facendo, “le classi subalterne del gramscismo si trasformano negli umili e negli invisibili del marinlepenismo”. Secondo il nostro giornalista, esponente della migliore tradizione neo-liberale prêt-à-porter, anche il nostro Gramsci non è esente dall’assalto che i sovranisti populisti starebbero sferrando a qualsiasi concetto, idea culturale: quindi nuovamente una shitstorm che colpisce tutti indistintamente perché, alla fine, lo scopo dell’establishment è di colpire chiunque metta in dubbio il falso universalismo liberale o l’altrettanto ideologica costruzione delle identità culturali alla maniera woke; si apre così ad uno slittamento pericoloso che porta all’identificazione tra le posizioni socialiste e quelle della nuova destra finto-sovranista perché, alla fine, sono entrambe rozze e non – come scrive sempre il nostro luminare – pronte alla difesa “delle società aperte e liberali”.
Contro questa propaganda mediatica, il libro di D’Orsi ci può essere d’aiuto, innanzitutto perché se vogliamo capire Gramsci dobbiamo partire da Marx, ma per andare oltre il solco sterile del marxismo dogmatico, incapace di aprirsi a nuovi stimoli e letture della realtà. Se anche tu ritieni che sia necessaria una riflessione che rimetta al centro le classi subalterne e ci aiuti a decostruire il linguaggio politically correct della propaganda benpensante, segui l’intervista a Angelo D’Orsi sul suo nuovo libro Gramsci. La bibliografia e aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottosofia su PayPal e GoFundMe.
E chi non aderisce è Enrico Letta
Acquista qui il libro “Gramsci. La biografia” di Angelo d’Orsi