Il libro di Putin: “L’Ucraina nella NATO sarebbe un’arma di distruzione di massa”
Probabilmente pochi di voi lo sanno, ma Putin ha scritto un libro; o, meglio, ha un scritto saggio sui millenari rapporti tra il popolo russo e il popolo ucraino e sulle vere cause della guerra in corso, saggio che è stato appena tradotto e pubblicato in italiano da Visione Editore: Vladimir Putin, Le vere cause del conflitto russo-ucraino – si legge in copertina – e troviamo spiegate, in maniera semplice e divulgativa e per mano dello stesso Presidente della Federazione, la prospettiva russa su questa guerra e sulla storia antica e recente delle relazioni russo-ucraine. Ma non solo: nella seconda parte del libro gli storici e analisti russi Eduard Popov e Kirill Sevcenko descrivono il ruolo strutturale del neonazismo nella trasformazione del Paese da Paese storicamente appartenente al mondo russo a Paese aggressivo con le proprie minoranze interne, avamposto dell’imperialismo statunitense in Europa orientale – e, quindi, più che sulla dimensione globale e internazionale di questo conflitto, su cui tanto abbiamo già detto in questi quasi 3 anni e che, probabilmente, ormai anche i sassi e le Nathalie Tocci hanno capito. Questo breve saggio, scritto pochi mesi prima del febbraio del 2022 – e, quindi, con la guerra ormai alle porte – può essere particolarmente utile per comprendere meglio la sua dimensione regionale, una dimensione spesso tanto sconosciuta in Occidente quanto, invece, determinante per gli abitanti del Donbass e le comunità russofone e russofile ucraine e che rende questo conflitto non un conflitto qualunque, ma una vera e propria guerra civile e un fratricidio su larga scala. Insomma: una vera e propria tragedia storica – come la definisce Putin in questo libro – frutto solo in minima parte di un consolidamento dell’identità nazionale ucraina nel corso del ‘900 e molto più, invece, della volontà di chi questo sentimento nazionale l’ha voluto utilizzare per i propri scopi fanatici e russofobici – dai neonazisiti agli Stati Uniti, in fondo da sempre buoni alleati quando c’è da portare avanti gli interessi comuni (come anche noi in Italia sappiamo molto bene). “Passo dopo passo” argomenta Putin “l’Ucraina è stata trascinata in un pericoloso gioco geopolitico il cui obiettivo era trasformare il Paese in una barriera tra Europa e Russia, in un trampolino di lancio contro la Russia. Inevitabilmente, è arrivato il momento in cui il concetto l’Ucraina non è la Russia non bastava più. Ci voleva una anti-Russia, a cui noi russi non ci rassegneremo mai”. Ma prima di continuare con questo questo tuffo nella mente e nella prospettiva del presidente russo su questa guerra fratricida, vi invitiamo a iscrivervi a tutti i canali di Ottolina Tv e Ottosofia: a voi ci vuole meno di quanto di quanto ci metterà Trump a dare il via libera al completo sterminio dei palestinesi in Cisgiordania; per noi, invece, è fondamentale per continuare sopravvivere e continuare a proporvi contenuti come questi.
Audi alteram partem: “Ascolta l’altra parte” scrive nella premessa l’ambasciatore russo in Italia Alexey Paramov; “Di fronte al conflitto in corso in Ucraina i caporioni di Bruxelles proteggono accuratamente i cittadini dell’Europa unita da qualsiasi idea o percezione che si discosti dal mainstream angloamericano”, come testimoniato inequivocabilmente dalla vergognosa chiusura di tutti i media russi in Italia non appena è scoppiata la seconda fase della guerra per procura della NATO in Ucraina. Ecco perché leggere il breve saggio di Vladimir Putin – dal titolo originale Sull’unità storica di russi e ucraini – è oggi più che mai fondamentale; non certo per fare da ripetitore alla propaganda russa o invocare il carcere per chi non usa la formula operazione militare speciale, ma per approfittare della fortuna di poter entrare (almeno in parte) nella testa del protagonista, forse più importante di tutta questa vicenda: il plurimorto, plurimalato terminale, pluri nuovo Hitler Vladimir Putin. La tesi del saggio è che soltanto una vera a propria forzatura della storia ha potuto portare russi ed ucraini ad affrontarsi militarmente sul terreno, perché se non ci si limitasse a guardare i programmi di Paolo Mieli, ma la storia dei rapporti millenari tra i due popoli la si studiasse veramente, ci si accorgerebbe che si tratta di una storia comune, addirittura di un unico popolo sostiene Putin: “Russi ed ucraini sono un sol popolo, un tutt’uno” e per questo, continua “percepisco il muro sorto negli ultimi anni tra Russia ed Ucraina, tra parti essenzialmente di un medesimo spazio storico e spirituale, come una grande disgrazia comune, come una tragedia”; questo non vuol dire, aggiunge subito dopo, che l’Ucraina non sia una nazione e che debba essere considerata solo una parte della Russia. Il popolo ucraino, sottolinea, ha diritto al proprio Stato nazionale e alla propria identità nazionale come qualunque altro popolo al mondo: “La Russia non è mai stata e non sarà mai anti-ucraina. E come dovrebbe essere l’Ucraina spetta ai suoi cittadini deciderlo”, ma questa inedita identità nazionale – da cui consegue un fisiologico anelito all’autodeterminazione – non doveva diventare una forma di nazionalismo aggressivo nei confronti del vicino né, soprattutto, nei confronti dei milioni di russofoni e russofili che vivono all’interno del Paese, una forma di accanimento che la Russia non è mai stata (né sarà mai) disposta a tollerare. È questo il punto fondamentale per comprendere gli ormai 10 anni di guerra nell’Ucraina orientale, non certo l’improbabile sciovinismo russo che mirerebbe a ricreare il suo vecchio impero europeo a scapito del pacifici e democratici popoli europei; e se – nonostante decenni di tentata diplomazia e avvertimenti – le autorità di Kiev continueranno con questa politica suicida (prima di tutto nei confronti del proprio Paese), queste autorità ne subiranno le conseguenze, scriveva Putin 6 mesi prima di dare avvio alla campagna militare del ‘22.
Ma quale è stata questa forzatura della storia capace di metter l’uno contro l’altro due popoli che per tutta la seconda metà del 900 avevano vissuto pacificamente l’uno con l’altro all’interno della stessa federazione e alleanza? Il progetto anti-Russia afferma Putin, ossia il progetto statunitense di strappare l’Ucraina dalla sfera di influenza russa e trasformala nel fronte più avanzato dell’imperialismo americano in Europa orientale, un progetto ben ideato e pianificato fin dai primi anni successivi alla caduta dell’Unione Sovietica. Di questa strategia – e di quanto questa fosse chiara e ben radicata nella nuova generazione di think thank geopolitici americani – abbiamo parlato recentemente su Ottosofia con Salvatore Minolfi a partire dal suo libro Le origini della guerra russo-ucraina (chi fosse interessato all’argomento, invito caldamente a vederla); ma la cosa sorprendente è che – a guardare i dati economi e sociali e le condizioni di vita della popolazione ucraina dal 1990 ad oggi – di questo progetto anti-Russia, nota Putin, le principali vittime non furono i russi, ma gli stessi ucraini: Russia e Ucraina sono “partner economici naturali che si completano a vicenda. Una relazione così stretta non potrebbe che far migliorare i vantaggi competitivi e aumentare il potenziale di entrambi i Paesi”. Durante l’URSS, si legge nel saggio, “il potenziale ucraino era significativo: comprendeva una potente infrastruttura, un sistema di trasporto del gas, settori avanzati nella costruzione navale, nella produzione aeronautica, nella scienza missilistica, nella fabbricazione di strumenti, scuole scientifiche, progettistiche e ingegneristiche di livello mondiale”; oggi, invece, come risultato tangibile del progetto anti-Russia “i giganti industriali dell’alta tecnologia, di cui un tempo l’Ucraina e l’intero Paese erano orgogliosi, sono a terra. Negli ultimi dieci anni la produzione dell’industria meccanica è diminuita del 42%. La portata della deindustrializzazione e del degrado economico in generale è visibile se si guardano indicatori come la produzione dell’elettricità, che in Ucraina si è quasi dimezzata in trent’anni. E infine, secondo il Fondo Monetario Internazionale, nel 2019, anche prima dell’epidemia di corona virus, il PIL pro capite era inferiore ai 4 mila dollari. […] L’Ucraina” concludeva Putin nel 2021 “è oggi il paese più povero d’Europa”. Analisi oggi ancora più tragiche e attuali dopo quasi 3 anni di guerra, con il Paese in buona parte distrutto, economicamente fallito, completamente dipendente dai prestiti e finanziamenti occidentali e con centinaia di migliaia di uomini morti sacrificati sull’altare del progetto anti-Russia statunitense; “E di chi è la colpa di tutto questo, del popolo ucraino? Certo che no. Sono state le autorità ucraine a sperperare e a buttare via le conquiste di molte generazioni” concludeva amaro Putin.
Arrivati a questo punto, non ci rimane che ripercorre in estrema sintesi alcuni dei principali fatti storici sulle secolari relazioni politiche e commerciali tra i due popoli, fatti che, agli occhi del presidente russo, danno la contezza di tutta la follia e di tutta la tragicità di questa guerra fratricida: “Russi, ucraini e bielorussi sono gli eredi dell’antica Rus’, che era lo Stato più grande d’Europa”; dalla fine del IX secolo, si legge in questa ricostruzione, il trono principesco di Kiev occupò a lungo una posizione dominante nello Stato dell’antica Russia. E, originariamente, le stirpi slave e altre etnie su una vasta area erano unite da una sola lingua – l’antico slavo orientale – da legami economici e dal governo dei principi della dinastia dei Rjurikidi; e, dopo il battesimo della Rus’, anche da un’unica fede ortodossa che fino alla metà del XV secolo si incarnò in un unico governo ecclesiastico. Dopo la lunga guerra contro la confederazione polacco-lituana nel XVII secolo, lo Stato russo comprendeva la città di Kiev e le terre della riva sinistra del Dnepr, tra cui Poltava, Cernigov, e Zaporoz’e: questa stessa regione adottò poi il nome di Rus’ Minore (Piccola Russia): “Il nome Ucraina” scrive Putin “fu quindi usato più spesso nel significato in cui l’antica parola russa periferia si trova nelle fonti scritte fin dal XII secolo, quando si riferiva a vari territori di confine. E la parola ucraino, a giudicare anche dai documenti d’archivio, originariamente indicava il personale di frontiera che assicurava la protezione dei confini estremi”. Anche durante la guerra del nord con la Svezia, gli abitanti della Piccola Russia non avevano dubbi in merito a con chi combattere, e nella seconda metà del XVIII secolo, dopo le guerre con l’Impero Ottomano, la Crimea, così come le terre della regione del mar nero chiamate Novorossija, divennero parte della Russia. È durante la fase calante dell’impero russo – si legge nel saggio – che tra l’élite polacca e alcuni membri dell’intellighenzia russa minore sorsero e si rafforzarono le idee di un popolo ucraino separato dai russi; non c’era e non poteva esserci una base storica, sostiene il presidente russo: quindi le conclusioni erano basate solo su una serie di finzioni “al punto che si affermava che gli ucraini presumibilmente non fossero affatto slavi o, al contrario, che gli ucraini fossero veri slavi, ma i russi, i moscoviti non lo fossero. Tali ipotesi iniziarono a essere sempre più utilizzate per scopi politici come strumento di rivalità tra gli Stati europei”. “I fatti oggettivi quindi, indicano che nell’impero russo si è svolto un processo attivo di sviluppo dell’identità culturale della Russia minore nel quadro della grande nazione russa, che unisce Grandi Russi, Piccoli Russi, e Russi bianchi (bielorussi)”.
A questo punto della storia, Putin si sofferma a lungo sull’epoca sovietica: nel 1922, durante la creazione dell’URSS (di cui uno dei fondatori fu la RSS ucraina) fu attuato il piano Lenin per la formazione di una Unione Statale intesa come federazione di repubbliche con pari diritti, e nella Costituzione del ‘24 era previsto il diritto alla libera secessione delle repubbliche dall’Unione; ed è grazie a questo articolo che l’8 dicembre del 1991 fu firmato il cosiddetto accordo di Belaveza sulla creazione della Comunità di Stati Indipendenti. “Durante il periodo sovietico” sottolinea Putin “le persone native dell’Ucraina occupavano le posizioni più significative, comprese quelle di alto livello, nella leadership dello stato unificato. Basti dire che per quasi trent’anni il PCUS è stato guidato da Nikita Chruscev e Leonis Breznev, la cui biografia di Partito era, in entrambi i casi, strettamente connessa all’Ucraina”. I bolscevichi, riflette il presidente russo, ambivano ad una rivoluzione mondiale che (secondo loro) avrebbe abolito del tutto gli Stati nazionali e, per questo, tagliavano arbitrariamente i confini all’interno dell’URSS e hanno distribuito generosi doni territoriali alle altre repubbliche della federazione; gli attuali confini territoriali dell’Ucraina sono, in gran parte, frutto proprio di questi doni: basta infatti confrontare quali terre si erano riunite allo Stato russo nel XVII secolo e con quali territori la RSS ucraina lasciò l’Unione Sovietica. E a vedere i territori che le attuali autorità ucraine riconoscono come tali – dalla Bessarabia alla Bucovina, all’Isola dei Serpenti, alla Crimea e alla Transcarpazia – si può affermare che, dal punto di vista territoriale, “L’Ucraina moderna è interamente una creatura dell’era sovietica, creata in larga misura a spese della Russia storica”. E’ stata proprio la politica nazionale sovietica, quindi, a consolidare a livello statale, invece che una grande nazione russa, la posizione di tre popoli slavi separati: russo, ucraino, bielorusso; e anche con la fine dell’Unione Sovietica, la Russia ha riconosciuto l’assoluta indipendenza dello Stato ucraino, scrive Putin, “E non solo le ha riconosciute, ma ha fatto molto per far sì che l’Ucraina diventasse un Paese indipendente. Nei difficili anni 90 e nel nuovo millennio abbiamo fornito all’Ucraina un sostegno significativo. Basti solo pensare ai bassi prezzi del gas”. È però quello il momento in cui è iniziato il progetto americano anti-Russia per l’Ucraina, progetto che ha cominciato raccogliere definitivamente i suoi frutti con il colpo di stato di Euromaidan del 2014 e, infine, con la guerra su vasta scala del 2022; da quel momento in poi, con “il pretesto di combattere il cosiddetto sciovinismo da grande potenza russa, l’ucrainizzazione veniva imposta a coloro che non si consideravano ucraini”: “In sostanza” scrive Putin “le élite ucraine hanno deciso di giustificare l’indipendenza del loro Paese negandone il suo passato, fatta però eccezione per la questione dei confini. Hanno iniziato a mitizzare e a riscrivere la storia, a cancellare da essa tutto ciò che ci unisce a parlare del periodo in cui l’Ucraina era parte dell’Impero russo e dell’URSS come un’occupazione. La comune tragedia della collettivizzazione e della carestia dei primi anni ’30 viene presentata come un genocidio del popolo ucraino”. Il presidente russo ricorda anche come le autorità ucraine di Euromaidan abbiano cercato di abrogare la legge sulla politica linguistica statale, fatto entrare in vigore la normativa sull’istruzione (che ha praticamente cancellato la lingua russa dal processo educativo) e la legge sui popoli autoctoni, ossia riconoscendo solo le minoranze etniche che non hanno una formazione statale propria fuori dall’Ucraina; radicali e neonazisti hanno dichiarato apertamente (e in maniera sempre più sfacciata) le loro ambizioni e sono stati assecondati sia dalle autorità ufficiali che dagli oligarchi locali, i quali, dopo aver derubato il popolo ucraino, tengono i beni rubati al sicuro nelle banche occidentali e – scrive Putin – “sono pronti a vendere anche le loro madri pur di accumulare i capitali”. Passo dopo passo, l’Ucraina è stata trascinata in un pericoloso gioco geopolitico il cui obiettivo era trasformare il Paese in una barriera fra Europa e Russia, in un trampolino di lancio contro Mosca: “Comprendiamo tutti i raggiri associati al progetto anti-Russia” scrive Putin nella conclusione del saggio “E non permetteremo mai che i nostri territori storici e le persone a noi vicine che vivono lì vengano usati contro la Russia. E a coloro che intraprendono un simile tentativo, voglio dire che in questo modo distruggeranno il loro Paese”.
Questo scriveva sei mesi prima di dare avvio alla campagna militare che sta cambiando il mondo, una guerra che sta accelerando il declino dell’impero di cui facciamo parte e da cui dovremo prima o poi liberarci, e velocizzando il restringimento di tutti gli spazi di libertà e di libera informazione che ancora ci venivano concessi. Oggi più che mai, quindi, contro la dittatura degli algoritmi abbiamo bisogno del tuo aiuto: aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal.
E chi non aderisce è Boris Eltsin
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