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“Confiscate i beni russi per finanziare Zelenskij!!!” – L’ordine di Washington che inginocchia l’Ue

Confiscate tutti i beni russi e utilizzateli per finanziare l’esercito ucraino: sarebbe questo il folle ordine arrivato da Washington ai paesi europei nelle scorse settimane e che, invece di essere immediatamente rispedito al mittente senza lasciare scampo ad equivoci, i leader vassalli e traditori delle nazioni del vecchio continente stanno davvero prendendo in considerazione; e durante il prossimo G7 di giugno in Italia dovranno decidere come muoversi. Dalla prospettiva americana, la confisca dei beni da parte delle autorità europee sancirebbe l’unica vera grande vittoria strategica dall’inizio del conflitto in Ucraina, spendibile dall’attuale amministrazione anche in funzione elettorale: la definitiva e, forse, irrecuperabile rottura dei rapporti tra Europa e Russia su tutti i fronti, con annesso impoverimento del nostro continente. Ma andiamo con ordine: qualche settimana fa, il Congresso degli Stati Uniti ha adottato una legge che autorizza la confisca e il reindirizzamento degli asset dello Stato russo a vantaggio del governo ucraino; i fondi depositati negli USA dovranno essere prelevati non oltre 180 giorni dalla firma del provvedimento da parte di Biden, dunque prima del 5 novembre prossimo, il giorno delle elezioni americane. “La legge” come scrive giustamente il professore di economia Vladislav Inozemstev su Il Sole 24 Ore “scuote le basi delle relazioni economiche internazionali: nessun governo si è mai impadronito delle risorse di un altro Paese con cui non si trovi in guerra.”
Ma il vero problema, in realtà, è ancora un altro e, cioè, che dei circa 300 miliardi delle riserve della Banca centrale russa bloccate in Occidente, solo l’1 per si trova negli Stati Uniti; tutti gli altri, invece, sono depositati presso la belga Euroclear dato che, per ironia della sorte, i russi si sentivano più tutelati a tenerli da noi piuttosto che in America proprio rispetto all’eventualità di possibili confische e sequestri. Inutile dire che se passasse la linea americana e quei beni venissero veramente confiscati e reindirizzati in missili e carri armati per l’esercito ucraino, oltre a violare qualunque regola base del diritto internazionale che tutela l’immunità sovrana dei beni di uno Stato, questa decisione creerebbe un gravissimo precedente che, di fatto, sputtanerebbe per sempre le istituzioni politiche e finanziarie europee facendoci perdere definitivamente qualsiasi credibilità e affidabilità di fronte al mondo intero; qualunque altro paese al mondo, infatti, saprebbe che eventuali riserve straniere depositate in Europa sono costantemente a rischio: basta non adeguarsi sistematicamente all’agenda geopolitica USA ed ecco fatto. E questo, in primis, creerebbe un problema con la Cina. Per queste ragioni, la BCE i governi europei si sono dimostrati, ad oggi, restii a compiere questo passo e sinora è passata una linea molto più morbida: il sequestro dei soli interessi che maturano su questi asset – circa 3 miliardi di euro l’anno – che verranno destinati all’Ucraina, ma che non sono certo in grado di cambiare le sorti del conflitto. Anche Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea, ha affermato che, ad oggi, non ci son le condizioni per la confisca in quanto questo “scardinerebbe lo stato di diritto con conseguenze imprevedibili” e, rivolgendosi agli USA, ha aggiunto che loro “dall’alto del ruolo del dollaro come moneta dominante negli scambi mondiali potrebbero anche permettersi di violare le regole, cosa ben più difficile per l’Europa”. Tutto risolto allora? Neanche per sogno, perché le pressioni nordamericane stanno continuando e gli stati europei, in passato, si sono sempre mostrati disponibili al suicidio dei propri interessi quando si trattava di soddisfare le mire politiche del centro dell’impero.
Negli scorsi giorni, in preparazione del vertice del G7 di giugno (durante il quale la cosa verrà probabilmente definita in un senso o nell’altro) si sono incontrati il ministro Giorgetti e la segretaria al Tesoro USA Janet Yellen e, alla fine dell’incontro, Giorgetti ha rilasciato dichiarazioni che fanno – al tempo stesso – ben sperare Washington e disperare i noi europei: “Io devo essere ottimista” ha detto il ministro leghista; “è una questione complicata, dobbiamo trovare una solida base legale. Ma sono sicuro che saremo in grado di fare dei progressi”. Staremo a vedere. Nel frattempo, il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto nel quale si sancisce che le aziende russe, la Banca Centrale e le singole persone colpite dalla confisca possono rivolgersi ai tribunali russi per dichiarare ingiustificato il sequestro dei loro beni negli USA e, se il tribunale è d’accordo, una commissione governativa offrirà asset in compensazione che potrebbero includere proprietà di cittadini o società USA in Russia, nonché titoli e azioni in società russe; ma la cosa più importante, come vedremo in questa puntata, è che tutto questo si inserisce in un contesto di sempre maggiore ostilità occidentale nei confronti della Russia, proprio in un momento in cui Putin ha più volte pubblicamente dichiarato di essere disposto a sedersi al tavolo con l’Ucraina per riprendere le trattative sulla base degli accordi di Istanbul.
La rottura dei rapporti politici ed economici tra Russia ed Europa è l’unico grande obiettivo strategico raggiunto dagli Stati Uniti dall’inizio del conflitto in Ucraina e il prolungarsi il più possibile della guerra è la condizione necessaria per consolidare questa rottura a lungo termine. È anche soprattutto per questo che nonostante Putin sia tornato a parlare pubblicamente di trattative e tavoli negoziali, partendo dalla bozza di accordo di Istanbul del marzo 2022 (accordo a cui abbiamo dedicato un video), i nordamericani non sembrano volerne sapere della pace, anzi! Europei e russi, dalla prospettiva di Biden, non dovranno mai più tornare a parlarsi e dovranno, anzi, vivere in un perenne stato di conflitto e di guerra che giustifichi una nuova corsa agli armamenti e la presenza sine die delle truppe di occupazione americana sul nostro continente; e quindi, noncuranti delle continue sconfitte ucraine sul campo di battaglia, da una parte gli USA hanno lanciato un nuovo pacchetto di aiuti militari a Kiev di 60 miliardi di dollari promettendole di sostenerla fino alla vittoria e, dall’altra, vogliono costringerci a fare altrettanto confiscando i beni russi congelati in Europa per trasformarli in aiuti militari per Zelenskij. Rilancio, rilancio, rilancio. Escalation, escalation, escalation: queste le parole d’ordine che continuano ad arrivare anche dalla stampa di regime, pronta a qualsiasi manipolazione della realtà e al sacrificio di nuove centinaia di migliaia di giovani ragazzi ucraini pur di mettersi sull’attenti e non scontentare il padrone.

Andriy P. Zagorodnyuk

Davvero emblematico, in questo senso, è il delirante articolo uscito ieri su Foreign Affairs dal titolo Una teoria della vittoria per l’Ucraina; gli autori dell’articolo Andriy P. Zagorodnyuk, membro del Center of defense strategy ed ex ministro della difesa ucraino dal 2018 al 2020, ed Eliot Cohen, membro del Center of international studies, hanno prodotto forse una delle migliori prove di spudorata – e, quindi, involontariamente comica – propaganda di guerra dall’inizio del conflitto: la tesi dei due lucidi analisti è che, fino a questo momento, l’unico vero grande problema dell’Ucraina e dell’Occidente in questo conflitto è stata la paura della vittoria. Forse nessuno ci aveva ancora pensato, ma “Per raggiungere la vittoria, basta smettere di temerla” si legge impressionati nell’articolo. La tesi dei due autori è sorprendente: “Al momento, i subordinati di Putin credono che la guerra sia vincibile. Solo rompendo questa convinzione attraverso le sconfitte russe, l’Ucraina e l’Occidente potranno aprire la porta al ritiro o all’eventuale rovesciamento di Putin.” Aspetta, aspetta, aspetta: quindi, praticamente, solo se l’Ucraina riuscirà a vincere allora la Russia potrà perdere? Pare di sì. Ma per raggiungere questo obiettivo, sostengono decisi Cohen e Zagorodnyuk, è finalmente arrivato il momento di elaborare una seria teoria della vittoria: “Gli Stati Uniti” si legge “non hanno mai pianificato il loro sostegno a Kiev al di là di qualche mese alla volta. […] Si è concentrata su manovre a breve termine, come la tanto attesa controffensiva del 2023, piuttosto che su strategie o obiettivi validi a lungo termine, tra cui un potenziale trionfo sulla Russia.” Ma adesso basta! “È ora che le cose cambino”: “L’Occidente deve infatti dichiarare esplicitamente che il suo obiettivo è una vittoria decisiva dell’Ucraina e una sconfitta della Russia, e deve impegnarsi a fornire a Kiev aiuti militari diretti e a sostenere la fiorente industria della difesa del Paese.” Basta tentennamenti! E “Le forze ucraine, nel frattempo, devono lavorare per avanzare fino a espellere le forze russe da tutto il territorio occupato, compresa la Crimea. Mentre l’Ucraina progredisce verso questo obiettivo, alla fine diventerà chiaro ai cittadini russi che stanno perdendo non solo terreno in Ucraina, ma anche vaste risorse umane ed economiche e le loro future prospettive di prosperità e stabilità”; “A quel punto” scrivono a conclusione di questo inattaccabile ragionamento “il regime del presidente russo Vladimir Putin potrebbe subire notevoli pressioni, sia dall’interno che dall’esterno, per porre fine alla guerra a condizioni favorevoli all’Ucraina.” E dimostrando di padroneggiare con grazia e maestria la nobile arte dell’argomentazione, Cohen e Zagorodnyuk anticipano anche le possibili obiezioni alle loro tesi: “Minacciare il controllo russo della Crimea – e infliggere gravi danni alla sua economia e alla sua società – sarà ovviamente difficile. Ma è sicuramente una strategia più realistica dell’alternativa proposta: un accordo di negoziato mentre Putin è in carica.”
Insomma, finitela con questa storia del negoziato! Anche perché, come tutti sanno – e come solo i nostri traditori filoputiniani occidentali cercano vergognosamente di nascondere, magari virando l’attenzione della stampa su Netanyahu – è Putin che sta commettendo un genocidio: “Nessuna pace sostenibile e a lungo termine può emergere dai negoziati con un aggressore che ha intenzioni genocide.” Non resta quindi che la vittoria: “L’Ucraina e l’Occidente devono vincere o affrontare conseguenze devastanti” anche perché, come appare sempre più chiaro a tutte le persone di buon senso che si oppongono al genocidio ucraino, “La Russia sta già minacciando altri suoi vicini, compresi gli Stati della NATO, e potrebbe fare una mossa se riuscisse a sottomettere prima l’Ucraina.” Siamo i prossimi. E, per chi avesse dei dubbi in proposito, basta ascoltare le fonti autorevoli: “Alti dirigenti militari e funzionari dell’intelligence dei Paesi europei stanno lanciando l’allarme su questa prospettiva.” Infine, come se non bastasse, “Una vittoria russa alimenterebbe anche le ambizioni territoriali della Cina nell’Indo-Pacifico, poiché rivelerebbe i limiti dell’impegno dell’Occidente a salvaguardare la sovranità dei suoi partner. Il conflitto russo-ucraino non si svolge nel vuoto. Un esito negativo si farebbe sentire in tutto il mondo.” Ma forse in tutto l’universo. Insomma: per chi fosse stato forse fin qui un po’ distratto, è il caso di ribadirlo: “Il fatto che l’Ucraina e i suoi partner non abbiano una strategia per la vittoria, a tre anni dall’inizio della guerra, è un problema serio. L’Ucraina può ottenere così solo successi locali, ma non una sconfitta completa del nemico”. Fratelli occidentali, basta vincere localmente! E sembra, qui, quasi di sentirla la voce dei due analisti: le vostre paure sono tutte nella vostra testa, e dipende solo dalla vostra convinzione e forza di volontà sconfiggere definitivamente il nemico. “Non bisogna avere paura!” – è questa la buona novella che Cohen e Zagorodnyiuk sembrano volere portare in tutto il mondo, anche perché il nemico è molto più debole di quello che sembra: “La dottrina di Mosca per la guerra terrestre è ancora poco sofisticata. Si basa sull’utilizzo di piccoli gruppi di fanteria con il supporto di alcuni veicoli blindati per attaccare vari punti di una linea del fronte che si estende per oltre 1.000 miglia. Queste tattiche hanno permesso a Mosca di ottenere limitati guadagni territoriali, ma solo dopo aver perso enormi quantità di truppe e armi.” Visto? Basterebbe pochissimo: “Se l’Ucraina riesce ad aumentare la precisione dei colpi dell’artiglieria a lungo raggio, può ribaltare l’aritmetica della guerra contro la Russia e imporre a Mosca un tasso di logoramento inaccettabile”; “e a quel punto” concludono i due, estasiati come se già potessero toccare quasi con mano le feste e i canti di vittoria delle truppe occidentali dirette verso Mosca, “la Russia non sarà in grado di sostituire la sua forza lavoro e i suoi materiali abbastanza velocemente. L’economia del Paese semplicemente non sarà in grado di sostenere questa guerra di fronte alle continue perdite.” Ovviamente – e questo è forse il nocciolo della questione ed anche il vero motivo per il quale questo articolo è stato scritto – la Russia perderà ancora più velocemente di quanto già non stia facendo “se gli Stati Uniti permetteranno all’Ucraina di colpire obiettivi legittimi all’interno della Russia utilizzando le sue armi.”
Insomma: è già l’ora di dare un occhio al calendario e fare due conti. “Il processo di ammorbidimento delle posizioni russe e di indebolimento della determinazione russa durerà probabilmente circa un anno, dopo il quale l’Ucraina dovrebbe recuperare l’iniziativa. Se questo assalto avrà successo, il regime di Putin potrebbe affrontare una crisi causata da pesanti perdite e fallimenti sul campo di battaglia. Il sistema politico russo, del resto, sta già mostrando delle crepe. Se l’Ucraina avanza fino a un punto in cui la Russia non può più mantenere le sue conquiste, Putin si troverà in guai seri”; naturalmente, ma forse è anche un po’ inutile sottolinearlo, “Il successo dell’Ucraina su terra, aria e mare deve essere accompagnato da un’ampia pressione sul fronte economico.”

Eliot Cohen

Ci hanno beccato: tra la pace e il condizionatore acceso, gli europei hanno finora fatto i furbi e scelto il condizionatore acceso. Adesso, però, è arrivato il momento di prenderci le nostre responsabilità: “Gli Stati Uniti e l’Europa dovrebbero introdurre una campagna di sanzioni molto più aggressiva, che includa sanzioni secondarie su qualsiasi azienda che operi in Russia. I russi devono vedere la loro ricchezza nazionale dissiparsi e la loro economia andare incontro a un arresto permanente, perché le conseguenze dell’invasione di Putin si facciano sentire.” E infine, sembrano dichiarare Cohen e Zagorodonyiuk un pò indignati, è arrivato il momento di dire basta a questa stampa ambigua che sembra dare voce un po’ a tutti; in momenti di crisi e di sofferenza, anche i giornalisti e i mezzi di informazione devono fare la loro parte: “L’Occidente deve anche organizzare una campagna di informazione aggressiva – paragonabile a quella condotta contro la Germania nazista nella Seconda Guerra Mondiale o contro l’Unione Sovietica durante l’apice della Guerra Fredda – per intensificare le divisioni sulla percezione della guerra all’interno e all’esterno della Russia. I russi hanno accettato la guerra passivamente: occorre ricordare loro, attraverso una serie di tecniche che includono la propaganda sia palese che occulta, i suoi intollerabili costi umani e sociali.” Se lo sono giurati l’un altro: questa sarà, quindi, l’ultima volta che i due autori scrivono articolo per puro amore della verità; da oggi in poi, infatti, dobbiamo tutti rinunciare a qualcosa e anche i seri analisti mettersi a servizio delle democrazie e dei valori occidentali. E per concludere, da Kiev, passando per Atene, Roma, Londra, Madrid e Washington, lo sappiamo che vi state controllando – affermano i due autori – e comprendiamo perché avete paura di sprigionare tutta la vostra forza: voi avete paura per “l’autodistruzione di Putin e del suo apparato di controllo”, ma non temete; “non è compito dell’Occidente salvare un regime criminale dal crollo. La Russia di oggi è uno Stato che commette abitualmente omicidi di massa, torture e stupri; conduce operazioni di sabotaggio e uccisioni sul territorio della NATO; porta avanti campagne di disinformazione e interferenza politica. Si è dichiarato ostile all’Occidente non per quello che l’Occidente ha fatto, ma per quello che è. In altre parole, il regime di Putin ha lasciato da tempo la comunità delle nazioni civilizzate. L’unica possibilità che la Russia ha di tornare alla normalità è la sconfitta, che stroncherà le ambizioni imperiali di Putin e permetterà al Paese di rivalutare sobriamente il proprio percorso e di rientrare infine nella società delle nazioni civilizzate.”
Che dire… Tutti i popoli della terra dovrebbero essere per sempre grati a Cohen e Zagorodoniuk per questo articolo che è, al tempo stesso, un necessario bagno di realtà e un invito a superare tutte le nostre più intime paure. Anche noi di Ottolina Tv, nel nostro piccolo, cerchiamo sempre di fare altrettanto. E se anche te non fa più paura il regime USA, le sue oligarchie e i suoi pennivendoli da quattro soldi perché hai capito che tanto, prima o poi, la verità viene a galla e che, in fondo, non abbiamo nulla da perdere, aiutaci a costruire un media veramente libero e indipendente che sia di esempio a tutti gli altri e che contribuisca a creare un mondo migliore in cui articoli come quelli di Cohen e Zagorodoniuk non verranno mai più pubblicati. Aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal.

E chi non aderisce ha paura della vittoria.

Quest’estate torna FEST8LINA, la festa del 99%, dal 4 al 7 luglio al circolo ARCI di Putignano a Pisa: quattro giornate di dibattiti e di convivialità con i volti noti di Ottolina Tv. Facciamo insieme la riscossa multipopolare! Per aiutarci ad organizzarla al meglio, facci sapere quanti giorni parteciperai
e le tue esigenze di alloggio compilando il form e, se vuoi aiutarci ulteriormente, partecipa come volontario.

Fest8lina, perché la controinformazione è una festa!

Studioso cinese prevede la sconfitta della Russia: cosa sta succedendo?

Feng Yujun, professore cinese dell’università di Pechino, è un osservatore esperto di Russia, direttore degli studi russi al China Institutes of Contemporary International Relations (CICIR), uno dei principali think tank statali cinesi. In una sua recente intervista all’Economist Feng Yujun ha sostenuto che la guerra in Ucraina non può che terminare se non con la totale sconfitta russa, su ogni fronte: il ritiro da tutti i territori occupati, compresa la Crimea, e l’ingresso dell’Ucraina nella NATO. Feng Yujun si differenzia da quelli che in Italia definiamo anti-putiniani: per Feng Yujun Putin è un politico europeo, un politico occidentale, e con la sua politica ha incarnato aspetti tipici della politica occidentale, tra cui l’incapacità di comprendere il modo in cui l’ordine mondiale sta cambiando. Ne parliamo in queto video!

L’incredibile confessione dei militari ucraini: aiuti o meno, la guerra è persa

“Luglio 2024. L’esercito russo è alle porte d Kiev”; pochi mesi prima, “Mentre la primavera si trasformava in estate, e gli Stati Uniti dopo mesi di litigio avevano da poco approvato il pacchetto di aiuti da 60 miliardi, le truppe di Putin avevano costretto alla ritirata gli ucraini, e avevano sfondato le linee nel sud e nell’est. E quando alla fine avevano accerchiato la capitale, una nuova ondata di rifugiati era fuggita dall’Ucraina in cerca di sicurezza dai bombardamenti incessanti”. Non è il sogno bagnato di qualche z blogger in cerca di like; è l’incipit dell’inquietante editoriale di qualche giorno fa dell’ultrà filoucraino Iain Martin, firma di riferimento del britannico Times: “Uno scenario da incubo” che però, sottolinea Martin, “è quello che attualmente fuori dai riflettori stanno contemplando tutti i politici occidentali”. E c’è chi si spinge oltre: “Come finirà la guerra russo-ucraina?” si chiede su The American Spectator il fondatore dell’International Political Risk Analytics Samir Tata; “Con una grande sorpresa ad ottobre” è la risposta. “L’Ucraina verrà sciolta e nascerà una Nuova Ucraina in virtù di una dichiarazione unilaterale dell’attuale governo ucraino, con il sostegno dell’alto comando militare. E i confini della Nuova Ucraina coincideranno con il territorio attualmente sotto il controllo amministrativo dell’attuale governo”.
A sdoganare definitivamente – anche tra i propagandisti ultra-atlantisti – l’idea che tutto il fronte ucraino possa definitivamente crollare da un momento all’altro c’ha pensato Politico che ha raccolto le testimonianze anonime di alcuni ufficiali militari ucraini di alto rango: il “quadro militare” che ne è emerso è, per usare eufemismo, “cupo”, con “le forze armate russe che potrebbero avere successo ovunque decidano di concentrare la loro prossima offensiva”. Ora, non è certo la prima volta che la propaganda accetta di riconoscere la gravità della situazione, ma fino ad oggi era sempre stato per fare pressione sugli alleati e spingere per l’approvazione di nuovi aiuti: se solo non esistessero i trumpiani e gli USA approvassero quei benedetti 60 miliardi di nuovi aiuti militari… era un po’ il retropensiero. Ora, però, la musica è cambiata: “Non c’è nulla adesso che possa aiutare l’Ucraina” avrebbe affermato una delle fonti anonime interrogate da Politico, “perché non esistono tecnologie in grado di compensare l’Ucraina per la grande massa di truppe che la Russia probabilmente scaglierà contro di noi. Noi non disponiamo di queste tecnologie e anche l’Occidente non le possiede in numero sufficiente”; “L’Ucraina” commenta Simplicius “non ha più letteralmente alcuna possibilità di fare qualcosa militarmente in questa guerra. L’unica possibilità di sopravvivenza dell’Ucraina e di Zelensky è quella di spingere la Russia ad uno scontro con la NATO”.

Valerij Zalužnyj

Al netto di tutte le millemila differenze, almeno da questo punto di vista sembra la fotocopia della situazione in Medio Oriente, dove Israele sta facendo di tutto per provocare l’Iran e l’intero asse della resistenza nella speranza di trasformare l’inutile e arbitrario sterminio della popolazione palestinese in una guerra regionale dalla quale Washington non possa tirarsi indietro; gli USA speravano di poter gestire comodamente i due fronti attraverso i loro proxy per dedicarsi a tempo pieno alla Grande Guerra contro il vero nemico principale nel Pacifico. Non sembra aver funzionato proprio benissimo, diciamo: oggi entrambi i fronti, senza l’intervento diretto degli USA, rischiano di consegnare una vittoria di portata epocale ai sostenitori del Nuovo Ordine Multipolare. Per l’Impero è un vero e proprio incubo strategico: comunque scelgano di procedere, nella migliore delle ipotesi dovrà fare i conti con una sconfitta epocale in almeno uno dei tre fronti; se decide di tornare a concentrarsi sul Pacifico prima che sia troppo tardi, dovrà accettare la sconfitta strategica sui fronti ucraino e mediorientale. Se decide, invece, di assecondare il tentativo di coinvolgerlo direttamente nei fronti ucraino e mediorientale, dovrà accettare la definitiva ascesa cinese oltre il livello che rende ancora pensabile un intervento USA nell’area; d’altronde quando, per rinviare il tuo declino, decidi di dichiarare guerra al resto del mondo senza aver fatto i conti col fatto che gli strumenti per combattere contro tutti allo stesso tempo non ce li hai più, è così che necessariamente va a finire. Ma prima di addentrarci nei meandri di questa scioccante presa di coscienza da parte della propaganda atlantista, ricordatevi di mettere un like a questo video per permetterci di combattere la nostra piccola guerra contro la dittatura degli algoritmi e, già che ci siete, ricordatevi anche di iscrivervi a tutti i nostri canali e di attivare le notifiche; anche noi, nel nostro piccolo, combattiamo la nostra guerra contro il resto del mondo: il mondo dell’informazione al servizio dell’impero e delle sue oligarchie. E l’unica arma che abbiamo siete voi.
A dare il via all’ultimo valzer di necrologi, mercoledì scorso ci aveva pensato l’Economist: “L’arrivo della primavera in Ucraina” scrivevano “porta due tipi di tregua. Il clima più caldo significa che i frenetici attacchi di missili e droni russi alle infrastrutture elettriche e del gas non saranno così insopportabili. E con il calore arriva anche il fango, e circa un mese durante il quale i movimenti sul campo diventano difficili. Questo dovrebbe ostacolare l’ondata di attacchi russi lungo la linea del fronte che si estende attraverso l’Ucraina orientale e meridionale”. Ma la calma “non durerà” avverte l’Economist: “Mano a mano che la primavera volgerà verso l’estate, il timore è che la Russia lanci una nuova grande offensiva, come ha fatto l’anno scorso. Solo che questa volta la capacità dell’Ucraina di tenerla a bada sarà molto inferiore di quanto lo sia stata allora”; parte della responsabilità è degli ucraini stessi che, alla fine, si sono ritrovati a credere un po’ troppo alla loro stessa propaganda e a quella dei finti amici della propaganda ultra-atlantista, troppo impegnati a inseguire il sogno di spezzare le reni al plurimorto dittatore del Cremlino per potersi occupare anche degli interessi concreti degli ucraini. Infarcito di pensiero magico, “il governo” sottolinea l’Economist, ha continuato a sognare anche fuori tempo massimo “una nuova controffensiva” che evitasse di dover considerare “l’attuale linea del fronte, che taglia un quinto del paese e lo priva della maggior parte del suo accesso al mare, la base per un futuro negoziato di pace”; ed ecco, così, che l’Ucraina ha perso mesi preziosi per concentrare le forze nella fortificazione di una linea difensiva decente: “Nelle ultime settimane” finalmente “gli scavatori hanno cominciato a muoversi e si stanno seminando i denti di drago”.
Potrebbe essere decisamente troppo tardi: “Un anno fa” ha scritto su X Elon Musk “ la mia raccomandazione era che l’Ucraina si rafforzasse e utilizzasse tutte le risorse per la difesa”; adesso, continua, “più a lungo va avanti la guerra, più territori guadagnerà la Russia, fino almeno a raggiungere il Dnepr, che è difficile da superare. Tuttavia, se la guerra dovesse durare abbastanza a lungo, anche Odessa cadrebbe. L’unica vera questione rimasta aperta, a mio avviso” conclude Musk “è se l’Ucraina perderà o meno l’accesso al Mar Nero. Raccomanderei una soluzione negoziata prima che ciò accada”. Grazie all’assenza di fortificazioni, l’esercito russo può ricorrere alla strategia che il quotidiano francese Le Figaro ha definito dei morsi o delle punte e, cioè, una lunga serie di piccoli attacchi su più segmenti del fronte contemporaneamente; non avendo, gli ucraini, uomini e mezzi sufficienti per coprire l’intero fronte, i russi “sono in grado di tormentare l’avversario sul campo, e ottenere così contemporaneamente piccoli avanzamenti, il dissanguamento degli ucraini e l’indebolimento delle loro riserve”, una strategia piuttosto efficace che porta anche siti apertamente schierati come Militaryland a pubblicare annunci disperati come questo: “La 153esima brigata meccanizzata non è più meccanizzata”. “La mancanza di veicoli” riporta il sito “ha costretto il comando ucraino a fare marcia indietro rispetto ai piani originali. La leadership delle forze armate ucraine ha riorganizzato la 153a brigata meccanizzata in una brigata di fanteria” e “potrebbe non essere un evento isolato”; “Secondo le nostre fonti” continua l’articolo “nel prossimo futuro è prevista anche la trasformazione della 152a brigata meccanizzata in una brigata di fanteria”: molto banalmente, “I partner occidentali non forniscono più una quantità adeguata di attrezzature per ricostituire le brigate meccanizzate esistenti” e i russi hanno spesso campo libero. Ad esempio a ovest di Bakhmut, dove i russi, secondo Simplicius, “si preparano a lanciare l’assalto a Chasov Yar”, che “è un importante snodo ferroviario, e soprattutto si trova su una collina che domina l’intero agglomerato difensivo delle forze armate ucraine della regione”, mentre si intensificano “le voci su un’eventuale evacuazione totale della città di Kharkiv, e non solo a causa dei problemi elettrici dopo gli attacchi russi alle centrali, ma soprattutto in previsione dell’apertura di un nuovo potenziale fronte da nord”.
Dalle pagine del Washington Post ( ) Zelensky stesso ha sottolineato la gravità della situazione: “Se hai bisogno di 8.000 colpi al giorno per difendere la linea del fronte, ma ne hai soltanto 2.000” ha affermato “non puoi che arretrare e accorciare la prima linea. E se si rompesse anche questa, i russi potrebbero entrare nelle grandi città”; e i colpi di artiglieria sono solo una parte del problema. Ancora più preoccupante, ammette, è la situazione della difesa antiaerea e, per convincere gli alleati a sbloccare gli aiuti, rinnova una minaccia: se non ci mandate i missili che ci servono, intensificheremo gli attacchi contro aeroporti, strutture energetiche e altri obiettivi strategici in territorio russo. “Mentre i droni, i missili e le bombe di precisione russi sfondano le difese ucraine per attaccare le strutture energetiche e altre infrastrutture essenziali” scrive Il Post, “Zelensky ritiene di non avere altra scelta se non quella di attaccare oltre confine, nella speranza di stabilire una deterrenza”; “Se non esiste una difesa aerea per proteggere il nostro sistema energetico, e i russi lo attaccano” avrebbe affermato Zelensky “la mia domanda è: perché non possiamo rispondere? La loro società deve imparare a vivere senza benzina, senza diesel, senza elettricità”.
L’articolo di Politico di ieri, però, ci regala un’altra prospettiva: “Zelensky” si legge “fa di tutto per sbloccare gli aiuti, ma la triste verità è che, anche se il pacchetto venisse approvato dal Congresso degli Stati Uniti, un massiccio rifornimento potrebbe non essere sufficiente per evitare un grave sconvolgimento del campo di battaglia”. Intanto perché, come avrebbero sottolineato le fonti anonime a Politico, ci sarebbe bisogno di “molti, molti più uomini”: prima di ricevere il benservito, verso la fine dell’anno scorso, il generale Zaluzhny aveva parlato di circa 500 mila uomini, che può sembrare anche una cifra astronomica, ma – in realtà – è poco più degli uomini che dall’inizio del conflitto, tra morti e feriti, l’Ucraina ha perso sul campo di battaglia, senza contare quelli esausti perché, da mesi, sono al fronte senza una minima programmazione della rotazione. Nei mesi successivi, però, abbiamo visto tutti le gigantesche difficoltà incontrate nel reclutamento, con gente che rincorreva i reclutatori a cavallo con l’accetta in mano o li sovrastava con un cespuglio di schiaffi nei centri delle città: ed ecco, così, che alla fine la propaganda di Kiev ha fatto di necessità virtù, con Syrski (che è il sostituto più docile di Zaluzhny) che la settimana scorsa ha avuto la faccia tosta di dichiarare che l’”Ucraina ha bisogno di molte meno truppe di quelle preventivate”; “Il piano” sostitutivo, scrive Politico, “sarebbe quello di spostare in prima linea il maggior numero possibile di personale in uniforme che ora sta dietro una scrivania o comunque non ricopre ruoli da combattenti, dopo un addestramento intensivo di 3, 4 mesi”, ma gli alti funzionari interpellati da Politico hanno affermato che il piano di Sirsky non è realistico e che “sta semplicemente seguendo la narrazione dei politici”.

Oleksandr Syrs’kyj

E poi, ovviamente, c’è il problema degli aiuti che, però, in molti ritengono – molto semplicemente – irrisolvibile perché i soldi si potrebbero anche trovare, a partire dai 60 miliardi USA bloccati dal Congresso; il problema, però, è cosa riesci a comprarci una volta che li hai ottenuti, da una parte perché, come ricorda Simplicius “Gli Stati Uniti hanno già svuotato quasi tutto il loro stock di armi principali in eccedenza utilizzabili per l’Ucraina, dai carri armati, all’artiglieria, per non parlare delle munizioni”, dall’altra perché vale la famosa teoria dell’unica possibilità di Zaluzhny e, cioè, “I sistemi d’arma diventano superflui molto rapidamente, perché i russi sviluppano continuamente nuove modalità per contrastarli”. “Ad esempio” avrebbero dichiarato le fonti militari a Politico, “abbiamo utilizzato con successo i missili da crociera Storm Shadow e SCALP, ma solo per un breve periodo”; una volta entrati in gioco, i russi si sono messi a studiare e hanno capito come contrastarli: “I russi studiano sempre. Non ci danno una seconda possibilità” e noi “semplicemente non riceviamo i sistemi d’arma nel momento in cui ne abbiamo bisogno: e quando arrivano non sono più rilevanti”. Potrebbe essere, ad esempio, il caso degli F-16: si prevede che, entro l’estate, si dovrebbe riuscire a renderne operativi una dozzina, ma – sottolineano le fonti di Politico – “ogni arma ha il suo momento giusto. Gli F-16 erano necessari nel 2023; nel 2024 non saranno più adatti” e questo, appunto, perché la Russia, nel frattempo, si è attrezzata per contrastarli. “Negli ultimi mesi” avrebbero dichiarato le fonti a Politico “abbiamo iniziato a notare missili senza testate esplosive lanciati dai russi dal nord della Crimea. Non riuscivamo a capire cosa stessero facendo, e poi lo abbiamo capito: stavano prendendo le misure”; “La Russia” continua l’articolo “ha studiato dove è meglio schierare i suoi sistemi missilistici e radar S-400, al fine di massimizzare l’area che possono coprire per colpire gli F-16, tenendoli così lontani dalle linee del fronte e dagli hub logistici principali”.
Ma se anche sbloccando gli aiuti le sorti della guerra, ormai, non possono essere in nessun modo ribaltate, perché allora Zelensky continua a minacciare sempre più interventi in territorio russo per convincere gli alleati a sbloccarli? Secondo Simplicius, appunto (come abbiamo già anticipato), Zelensky avrebbe adottato una strategia simile a quella adottata da Netanyahu: provocare il nemico per costringerlo a una reazione tale da costringere gli USA a scendere direttamente in campo; “Mentre la Russia sta schiacciando il potenziale di combattimento delle forze armate ucraine sul campo di battaglia” scrive Simplicius “Zelensky si rivolge all’ISIS per massacrare i civili russi, attacca i grattacieli di Belgorod con droni e artiglieria, e carica i Cessna di bombe per farli precipitare su edifici dove risiedono studenti africani che partecipano a programmi di scambio culturale”. “Prima l’Occidente si renderà conto che la guerra in Ucraina è perduta” ha commentato Belpietro su La Verità “e prima sarà meglio per tutti, in particolare per gli ucraini che, come si può leggere quando la censura imposta da Zelensky non riesce a tappargli la bocca, pensano esattamente ciò che pensiamo noi, e cioè che la situazione sta irrimediabilmente precipitando. Non ci sono armi” continua Belpietro “perché dopo due anni di aiuti all’Ucraina, l’America, l’Europa e gli altri alleati hanno svuotato gli arsenali. E non c’è neppure tempo per produrre missili e aerei, perché dopo 80 anni di pace, i cosiddetti Paesi democratici hanno tenuto in vita l’industria degli armamenti solo per fornire ai dittatori la dose giusta di cannoni e carri armati per reprimere le rivolte. O al massimo per combattere qualche guerra lampo in giro per il mondo contro avversari infinitamente più deboli”.
Per fortuna però che, quando la realtà si fa particolarmente complicata, c’è sempre una via di fuga: fare finta di niente e guardare altrove, che è esattamente quello che hanno deciso di fare i nostri più importanti organi di manipolazione del consenso e dell’opinione pubblica sui quali, della bomba sganciata da Politico, non c’è traccia; al suo posto, la fuffa di Stoltenberg che, di fronte ai ministri degli esteri riuniti a Bruxelles in attesa delle celebrazioni per il 75esimo anniversario della NATO, ha proposto un pacchetto da 100 miliardi in 5 anni per assicurare all’Ucraina tutto il sostegno di cui ha bisogno, anche nell’ipotesi che a novembre alla Casa Bianca arrivi The Donald. Il Foglio l’ha definita enfaticamente “Rivoluzione NATO”, ma il problema di cosa ci si possa realmente comprare con quei quattrini e che impatto possa avere su un fronte prossimo al collasso viene, semplicemente, rimosso; qualcuno sostiene che gli USA non vedano troppo di buon occhio la proposta di Stoltenberg, che segnerebbe un cambiamento importante: invece che non ricevere più aiuti sufficienti dai singoli Paesi, l’Ucraina non li riceverebbe più dalla NATO nel suo insieme.
Peccato, però, che i ministri non siano riusciti a farsi spiegare le titubanze direttamente da Blinken: è arrivato 3 ore in ritardo; il suo aereo ha avuto un guasto ed ha dovuto raggiungere Bruxelles, da Parigi, in auto. Forse, più che mandare fuori tempo massimo inutili aerei in Ucraina, sarebbe il caso di investire per tornare a far funzionare quelli che usiamo noi; la strategia dell’impero, negli ultimi 2 anni, ha rivelato tutte le sue insormontabili criticità: l’unica arma che gli rimane è quella della propaganda che, quando non può completamente distorcere i fatti, si limita a ignorarli, ma la distanza dalla realtà ormai è talmente palese che nascondere le crepe diventa impossibile. Serve solo dargli il colpo finale per far crollare tutto l’edificio: per farlo, abbiamo bisogno di un vero e proprio media in grado di fornire un’informazione completamente diversa, indipendente, ma di parte, quella del 99%. Aiutaci a costruirlo: aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal.

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