Appena la settimana scorsa Trump aveva voluto infondere una scossa di entusiasmo nel suo elettorato alla disperata ricerca di Make America Great Again annunciando in pompa magna un mega-progetto da 500 miliardi per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale; evidentemente porta un po’ sfiga… Inizialmente, infatti, gli investitori sono corsi a gonfiare un altro po’ la bolla speculativa sui principali titoli legati all’AI, ma proprio mentre era ancora in corso la cerimonia di insediamento di Re Donald, una piccola startup cinese, che nessuno aveva mai sentito nominare, rilasciava un nuovo modello che avrebbe infranto sul nascere i sogni di gloria suoi e dei multimiliardari che dovevano rappresentare la sua fanteria d’assalto nella conquista della leadership indiscussa della tecnologia che si appresta ad essere alla base della prossima grande rivoluzione industriale. La startup si chiama DeepSeek e il modello si chiama r1; secondo alcuni sarebbe addirittura più performante di quelle sviluppate dai colossi statunitensi, ma con alcune differenze sostanziali: per addestrarlo servono un ventesimo dei fondi e il suo codice è aperto e gratuito, a disposizione di tutti.
E alla corte di Re Donald il party s’è trasformato in un funerale: NVIDIA da sola, nell’arco di una sola seduta, ha perso poco meno di 600 miliardi; è, in assoluto, la più grande perdita di un singolo titolo nell’intera storia dei mercati mondiali. E pure di tanto: fino ad allora, infatti, il record assoluto era stata una perdita di 270 miliardi; a subirla era stata, ancora una volta, proprio NVIDIA, lo scorso settembre 2024. E l’unico altro titolo nella storia ad aver perso oltre 200 miliardi in una sola sessione fino ad allora era stato Meta che, nel febbraio 2022, ne aveva persi in una botta sola 230; per capire l’entità, l’intera borsa italiana ne capitalizza poco più di 800. Insomma: ieri è, sostanzialmente, come se fosse stata rasa al suolo la borsa di una delle principali 10 economie del pianeta. Ma NVIDIA non è stato certo l’unico titolo a crollare; l’emorragia ha riguardato, ovviamente, l’intero settore dell’intelligenza artificiale: a subire perdite superiori al 10% sono stati altri colossi dei semiconduttori come Broadcom e Micron, campioni dell’hardware come Super Micro Computer, del software come Oracle e una lunga serie di aziende legate all’energia nucleare – da Constellation Energy, che ha perso oltre il 20%, a NuScale Power, che ha perso poco meno (addirittura) del 28%. Il legame tra i due settori è piuttosto semplice: l’AI sulla quale stanno puntando gli USA è un’attività enormemente energivora e il nucleare è ritenuta una delle modalità migliori per alimentare direttamente i mega data center che stanno spuntando come funghi un po’ ovunque.
Il Wall Street Journal ci va con l’accetta: “Tutto ciò che era vagamente correlato all’intelligenza artificiale è stato distrutto” scrive; DeepSeek “ha conficcato un coltello in entrambe le due convinzioni che hanno dominato gli investimenti negli ultimi due anni: che l’AI ha bisogno di enormi quantità di nuove infrastrutture, energia e microchip, e che i vincitori dell’intelligenza artificiale saranno le aziende tecnologiche americane dominanti”. Il punto è che nel mondo c’è una quantità di dollari infinita e una bella fetta, in un modo o nell’altro, deve essere assorbita da Wall Street; per scegliere esattamente dove, invece che guardare i fondamentali, si va un po’ a sensazione, il sentiment, come gli piace dire ai fuffaguru, anche se nessuno sa dire quale sarebbe il modello di business che dovrebbe tenere in piedi tutta la baracca. Come all’epoca delle dotcom, la gigantesca bolla che si viene a creare, di per se, è incredibilmente instabile; fino ad oggi, a renderla meno volatile c’hanno pensato le Big Three, che hanno talmente tanta liquidità da riuscire a sostenere il prezzo di qualsiasi titolo sul quale decidono di puntare, ma il terremoto Trump sembra aver messo fine anche a quell’epoca. Ed ecco, così, che è ritornata sua maestà la volatilità e, a ogni frusciar di foglie, si scatena il panico. Da questo punto di vista, l’andamento dei titoli non è un parametro affidabile per capire quale sia la portata dello scossone introdotto da DeepSeek, anche perché in parecchi potrebbero provare a marciarci un po’ sopra; nei prossimi giorni, probabilmente, riusciremo a capire se qualcuno ha fatto il furbo, ha scommesso a ribasso, ha guadagnato durante il crollo e quando i prezzi sono arrivati al punto giusto ha fatto shopping a prezzi d’occasione.
Per capire invece se siamo di fronte a un vero e proprio domino inarrestabile stile dotcom, servirà decisamente più tempo: la bolla delle dotcom, infatti, scoppiò la prima volta il 4 gennaio 2000, quando, in una sola sessione, il NASDAQ arrivò a perdere il 6,5%, il doppio di ieri; nei due giorni successivi, però, recuperò quasi tutto il terreno perso e poi riprese a galoppare. Per registrare il secondo tracollo bisognerà aspettare il 14 aprile dello stesso anno, quando in una seduta l’indice perse addirittura poco meno di 10 punti, ma anche in quel caso il rimbalzo riportò l’indice ai livelli di inizio anno nell’arco di una settimana; dopodiché inizia una lunga discesa che per arrivare al minimo impiegherà addirittura due anni, nell’ottobre 2002, quando il NASDAQ registra il minimo storico con una perdita di quasi l’80% rispetto ai picchi di 3 anni prima. Insomma: la partita sarà ancora lunga e piena di giochetti che con la tecnologia non c’entrano niente.
Valutare nello specifico il valore tecnologico del modello messo in piedi dai cinesi con due lire va decisamente oltre le mie competenze; secondo il paper pubblicato direttamente da DeepSeek e firmato da decine e decine di ingegneri e ricercatori, il loro modello supererebbe l’ultima versione di Chat GPT in tutti e 6 i parametri presi come riferimento, che vanno dalla comprensione linguistica alla risoluzione dei problemi, alla capacità di lavorare con linguaggi di programmazione. Quanto questi parametri siano significativi è piuttosto dibattibile e la garetta a chi c’ha il modello più performante la lasciamo volentieri ai nerd; quello che sembra piuttosto pacifico è che, più o meno, siamo lì, il che basterebbe a rendere la cosa devastante: il punto è che da 3 anni gli USA hanno iniziato una vera e propria guerra ibrida contro la Cina esattamente per impedirle di arrivare a questo punto, in particolare vietando l’esportazione in Cina dei chip più avanzati – come anche di tutte le macchine che ne rendono possibile la fabbricazione. Come abbiamo sottolineato ennemila volte nel corso del tempo, se da un lato questa scelta rappresentava un vero e proprio atto di guerra contro il diritto della Cina di sviluppare la sua economia, dall’altro rischiava anche di essere controproducente: senza l’accesso alle tecnologie più avanzate di importazione, la Cina non poteva fare altro che aumentare a dismisura gli sforzi per produrne di proprie e magari, appunto, smontare un po’ di hype attorno alle magnifiche sorti e progressive dell’ultimissimo costosissimo ritrovato, che spesso è rivolto più ai mercati finanziari che non agli smanettoni; aggirare le restrizioni della guerra tecnologica dichiarata da Washington, da allora, è diventata la principale delle preoccupazioni cinesi, con risultati piuttosto soddisfacenti.
Un caso da manuale è stato lo Huawei Mate 60, che dimostrò come il ritardo cinese sul versante dei chip fosse inferiore a quanto previsto: quello che emerse già allora è che reingegnerizzando in maniera innovativa la parte software, si potevano ottenere performance nettamente migliori anche da hardware che, sulla carta, non tenevano il passo, che è un po’ quello che è successo anche a questo giro. Ci impedisci di avere a disposizione la tua potenza di calcolo attraverso sanzioni e divieti? Vorrà dire che ci inventeremo il modo di ottenere più o meno la stessa cosa con molta meno potenza di calcolo. Da questo punto di vista il terremoto DeepSeek è, allo stesso tempo, meno di quanto l’hype voglia far credere, ma anche molto molto di più: meno perché, in realtà, c’era da aspettarselo; di più perché DeepSeek non si limita a dimostrare che il dominio USA su una particolare tecnologia è meno consolidato di quanto si sia cercato di far credere, ma dimostra anche una cosa ben più profonda e fondamentale e, cioè, che il socialismo di mercato con caratteristiche cinesi è un sistema intrinsecamente enormemente più efficiente di quello capitalista, in particolare in questa sua fase di putrescenza tardo neoliberista, e non tanto perché ha partorito DeepSeek quanto, piuttosto, perché abbiamo dovuto aspettare i cinesi per vedere un modello come quello di DeepSeek.
Il punto è che, in realtà, l’intelligenza artificiale sviluppata fino ad oggi dalle corporation statunitensi è incredibilmente inefficiente ed energivora e la perversione del nostro sistema consiste proprio nel fatto che questi due aspetti non rappresentano un problema. Anzi: rappresentano un’opportunità; l’obiettivo, infatti, non è liberare le forze produttive, ma fare soldi. Attenzione: non nel senso di produrre ricchezza (che è cosa buona e giusta), ma esclusivamente nel senso di produrla in modo che vada a finire tutta nelle mani di una categoria determinata di persone e, cioè, i grandi monopoli finanziari. Non è un piagnisteo moralista contro i ricchi, che non me ne può fregare di meno; è una cosa dannatamente concreta che influisce direttamente sulle nostre tasche. La tecnologia che abbiamo sviluppato fino ad oggi consuma troppa energia? Perché mai investire per renderla più efficiente se, invece, su quella domanda aggiuntiva di energia ci posso fare una montagna di quattrini? Ma c’è ancora di più: che sviluppare quella tecnologia implichi costi enormi per il sistema malato in cui viviamo, è una cosa positiva proprio in se, perché se implica costi enormi significa che l’accesso sarà consentito esclusivamente a chi sarà in grado di concentrare nelle sue mani una quantità sterminata di capitali e poi di godere di una condizione più o meno monopolistica; e grazie a questa prospettiva di una posizione monopolistica, sarà in grado di attrarre ancora più capitali e, quindi, anche di creare una gigantesca bolla speculativa. Non so se è chiaro questo concetto: un modello che permette di impiegare un ventesimo della potenza di calcolo – e quindi del consumo energetico – oltre che dei capitali necessari, arriva dalla Cina perché da noi nessuno di quelli che tirano le fila aveva nessunissimo interesse che arrivasse, come nessuno ha interesse a sviluppare beni di consumo che possano venire aggiustati e che durino nel tempo, o medicinali e terapie che curino sul serio.
Nel socialismo di mercato con caratteristiche cinesi vale esattamente il contrario: in maniera sempre più evidente, infatti, il socialismo di mercato, avversato tanto dai talebani di destra che di sinistra, si sta confermando uno strumento potentissimo per liberare e sviluppare le forze produttive. Da una parte evita la creazione di grandi monopoli privati: delle circa 130 aziende cinesi che rientrano nella classifica di Fortune delle principali 500 aziende al mondo per fatturato, oltre l’80% sono di proprietà statale; queste aziende, invece che estrarre una rendita parassitaria dal resto della società, abbattono i costi grazie a un’imponente economia di scala. In questo contesto, dove i principali input economici vengono forniti al sistema economico nel suo complesso a prezzi vantaggiosi, si innesta una vivace economia privata che, invece che vivere di rendita, per sopravvivere deve competere e innovare. Ed è proprio qui che nasce DeepSeek: in un contesto dove trovare soluzioni che permettono di abbattere i costi, abbattere i consumi e di democratizzare l’accesso anche alle tecnologie più avanzate è visto (come dovrebbe) come un’opportunità per l’arricchimento di tutti e non come una minaccia per chi è abituato ad arricchirsi sulla pelle di tutti gli altri. La dirigenza cinese ha sempre affermato di non rinnegare assolutamente niente dell’impianto marxista-leninista delle origini; ha però ben chiaro cosa comporta impedire lo sviluppo delle forze produttive per mantenere una qualche forma di purezza ideale. Da ormai 5 decenni ha quindi intrapreso un lungo e faticoso processo di apertura e riforme, che continuerà ad essere necessario fino a quando a imporre uno sviluppo accelerato delle forze produttive non ci sarà soltanto il perseguimento di una società mediamente prospera, ma anche la minaccia imperialista. DeepSeek, grazie all’hype che si è creato comprensibilmente attorno allo sviluppo dell’intelligenza artificiale, ha dimostrato in modo palese a tutto il mondo gli incredibili risultati raggiunti. Ho come l’impressione che questo preoccupi enormemente di più della mera competizione a chi c’ha il modello più bello; forse sarebbe il caso di partire proprio da qui.
Per farlo, ci serve un vero e proprio media che, invece di acchiappare i like con le armi di distrazione di massa del trumpismo contro la dittatura del gender e del green mentre continua a regalare centinaia di miliardi alle solite oligarchie, si occupi di raccontare cosa c’è di buono in un sistema che è riuscito a mettere a bada quello che davvero opprime la gente comune, che non è la dittatura woke, il gender o il green, ma è il furto sistematico di ricchezza dall’alto contro il basso che è alla base della barbarie neoliberista, che proprio Trump il liberatore si appresta a rilanciare con una violenza pari – se non superiore – ai criminali che l’hanno preceduto. Aiutaci a costruirlo: aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal.
E chi non aderisce è Alessandro Sallusti