“Confiscate i beni russi per finanziare Zelenskij!!!” – L’ordine di Washington che inginocchia l’Ue
Confiscate tutti i beni russi e utilizzateli per finanziare l’esercito ucraino: sarebbe questo il folle ordine arrivato da Washington ai paesi europei nelle scorse settimane e che, invece di essere immediatamente rispedito al mittente senza lasciare scampo ad equivoci, i leader vassalli e traditori delle nazioni del vecchio continente stanno davvero prendendo in considerazione; e durante il prossimo G7 di giugno in Italia dovranno decidere come muoversi. Dalla prospettiva americana, la confisca dei beni da parte delle autorità europee sancirebbe l’unica vera grande vittoria strategica dall’inizio del conflitto in Ucraina, spendibile dall’attuale amministrazione anche in funzione elettorale: la definitiva e, forse, irrecuperabile rottura dei rapporti tra Europa e Russia su tutti i fronti, con annesso impoverimento del nostro continente. Ma andiamo con ordine: qualche settimana fa, il Congresso degli Stati Uniti ha adottato una legge che autorizza la confisca e il reindirizzamento degli asset dello Stato russo a vantaggio del governo ucraino; i fondi depositati negli USA dovranno essere prelevati non oltre 180 giorni dalla firma del provvedimento da parte di Biden, dunque prima del 5 novembre prossimo, il giorno delle elezioni americane. “La legge” come scrive giustamente il professore di economia Vladislav Inozemstev su Il Sole 24 Ore “scuote le basi delle relazioni economiche internazionali: nessun governo si è mai impadronito delle risorse di un altro Paese con cui non si trovi in guerra.”
Ma il vero problema, in realtà, è ancora un altro e, cioè, che dei circa 300 miliardi delle riserve della Banca centrale russa bloccate in Occidente, solo l’1 per si trova negli Stati Uniti; tutti gli altri, invece, sono depositati presso la belga Euroclear dato che, per ironia della sorte, i russi si sentivano più tutelati a tenerli da noi piuttosto che in America proprio rispetto all’eventualità di possibili confische e sequestri. Inutile dire che se passasse la linea americana e quei beni venissero veramente confiscati e reindirizzati in missili e carri armati per l’esercito ucraino, oltre a violare qualunque regola base del diritto internazionale che tutela l’immunità sovrana dei beni di uno Stato, questa decisione creerebbe un gravissimo precedente che, di fatto, sputtanerebbe per sempre le istituzioni politiche e finanziarie europee facendoci perdere definitivamente qualsiasi credibilità e affidabilità di fronte al mondo intero; qualunque altro paese al mondo, infatti, saprebbe che eventuali riserve straniere depositate in Europa sono costantemente a rischio: basta non adeguarsi sistematicamente all’agenda geopolitica USA ed ecco fatto. E questo, in primis, creerebbe un problema con la Cina. Per queste ragioni, la BCE i governi europei si sono dimostrati, ad oggi, restii a compiere questo passo e sinora è passata una linea molto più morbida: il sequestro dei soli interessi che maturano su questi asset – circa 3 miliardi di euro l’anno – che verranno destinati all’Ucraina, ma che non sono certo in grado di cambiare le sorti del conflitto. Anche Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea, ha affermato che, ad oggi, non ci son le condizioni per la confisca in quanto questo “scardinerebbe lo stato di diritto con conseguenze imprevedibili” e, rivolgendosi agli USA, ha aggiunto che loro “dall’alto del ruolo del dollaro come moneta dominante negli scambi mondiali potrebbero anche permettersi di violare le regole, cosa ben più difficile per l’Europa”. Tutto risolto allora? Neanche per sogno, perché le pressioni nordamericane stanno continuando e gli stati europei, in passato, si sono sempre mostrati disponibili al suicidio dei propri interessi quando si trattava di soddisfare le mire politiche del centro dell’impero.
Negli scorsi giorni, in preparazione del vertice del G7 di giugno (durante il quale la cosa verrà probabilmente definita in un senso o nell’altro) si sono incontrati il ministro Giorgetti e la segretaria al Tesoro USA Janet Yellen e, alla fine dell’incontro, Giorgetti ha rilasciato dichiarazioni che fanno – al tempo stesso – ben sperare Washington e disperare i noi europei: “Io devo essere ottimista” ha detto il ministro leghista; “è una questione complicata, dobbiamo trovare una solida base legale. Ma sono sicuro che saremo in grado di fare dei progressi”. Staremo a vedere. Nel frattempo, il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto nel quale si sancisce che le aziende russe, la Banca Centrale e le singole persone colpite dalla confisca possono rivolgersi ai tribunali russi per dichiarare ingiustificato il sequestro dei loro beni negli USA e, se il tribunale è d’accordo, una commissione governativa offrirà asset in compensazione che potrebbero includere proprietà di cittadini o società USA in Russia, nonché titoli e azioni in società russe; ma la cosa più importante, come vedremo in questa puntata, è che tutto questo si inserisce in un contesto di sempre maggiore ostilità occidentale nei confronti della Russia, proprio in un momento in cui Putin ha più volte pubblicamente dichiarato di essere disposto a sedersi al tavolo con l’Ucraina per riprendere le trattative sulla base degli accordi di Istanbul.
La rottura dei rapporti politici ed economici tra Russia ed Europa è l’unico grande obiettivo strategico raggiunto dagli Stati Uniti dall’inizio del conflitto in Ucraina e il prolungarsi il più possibile della guerra è la condizione necessaria per consolidare questa rottura a lungo termine. È anche soprattutto per questo che nonostante Putin sia tornato a parlare pubblicamente di trattative e tavoli negoziali, partendo dalla bozza di accordo di Istanbul del marzo 2022 (accordo a cui abbiamo dedicato un video), i nordamericani non sembrano volerne sapere della pace, anzi! Europei e russi, dalla prospettiva di Biden, non dovranno mai più tornare a parlarsi e dovranno, anzi, vivere in un perenne stato di conflitto e di guerra che giustifichi una nuova corsa agli armamenti e la presenza sine die delle truppe di occupazione americana sul nostro continente; e quindi, noncuranti delle continue sconfitte ucraine sul campo di battaglia, da una parte gli USA hanno lanciato un nuovo pacchetto di aiuti militari a Kiev di 60 miliardi di dollari promettendole di sostenerla fino alla vittoria e, dall’altra, vogliono costringerci a fare altrettanto confiscando i beni russi congelati in Europa per trasformarli in aiuti militari per Zelenskij. Rilancio, rilancio, rilancio. Escalation, escalation, escalation: queste le parole d’ordine che continuano ad arrivare anche dalla stampa di regime, pronta a qualsiasi manipolazione della realtà e al sacrificio di nuove centinaia di migliaia di giovani ragazzi ucraini pur di mettersi sull’attenti e non scontentare il padrone.
Davvero emblematico, in questo senso, è il delirante articolo uscito ieri su Foreign Affairs dal titolo Una teoria della vittoria per l’Ucraina; gli autori dell’articolo Andriy P. Zagorodnyuk, membro del Center of defense strategy ed ex ministro della difesa ucraino dal 2018 al 2020, ed Eliot Cohen, membro del Center of international studies, hanno prodotto forse una delle migliori prove di spudorata – e, quindi, involontariamente comica – propaganda di guerra dall’inizio del conflitto: la tesi dei due lucidi analisti è che, fino a questo momento, l’unico vero grande problema dell’Ucraina e dell’Occidente in questo conflitto è stata la paura della vittoria. Forse nessuno ci aveva ancora pensato, ma “Per raggiungere la vittoria, basta smettere di temerla” si legge impressionati nell’articolo. La tesi dei due autori è sorprendente: “Al momento, i subordinati di Putin credono che la guerra sia vincibile. Solo rompendo questa convinzione attraverso le sconfitte russe, l’Ucraina e l’Occidente potranno aprire la porta al ritiro o all’eventuale rovesciamento di Putin.” Aspetta, aspetta, aspetta: quindi, praticamente, solo se l’Ucraina riuscirà a vincere allora la Russia potrà perdere? Pare di sì. Ma per raggiungere questo obiettivo, sostengono decisi Cohen e Zagorodnyuk, è finalmente arrivato il momento di elaborare una seria teoria della vittoria: “Gli Stati Uniti” si legge “non hanno mai pianificato il loro sostegno a Kiev al di là di qualche mese alla volta. […] Si è concentrata su manovre a breve termine, come la tanto attesa controffensiva del 2023, piuttosto che su strategie o obiettivi validi a lungo termine, tra cui un potenziale trionfo sulla Russia.” Ma adesso basta! “È ora che le cose cambino”: “L’Occidente deve infatti dichiarare esplicitamente che il suo obiettivo è una vittoria decisiva dell’Ucraina e una sconfitta della Russia, e deve impegnarsi a fornire a Kiev aiuti militari diretti e a sostenere la fiorente industria della difesa del Paese.” Basta tentennamenti! E “Le forze ucraine, nel frattempo, devono lavorare per avanzare fino a espellere le forze russe da tutto il territorio occupato, compresa la Crimea. Mentre l’Ucraina progredisce verso questo obiettivo, alla fine diventerà chiaro ai cittadini russi che stanno perdendo non solo terreno in Ucraina, ma anche vaste risorse umane ed economiche e le loro future prospettive di prosperità e stabilità”; “A quel punto” scrivono a conclusione di questo inattaccabile ragionamento “il regime del presidente russo Vladimir Putin potrebbe subire notevoli pressioni, sia dall’interno che dall’esterno, per porre fine alla guerra a condizioni favorevoli all’Ucraina.” E dimostrando di padroneggiare con grazia e maestria la nobile arte dell’argomentazione, Cohen e Zagorodnyuk anticipano anche le possibili obiezioni alle loro tesi: “Minacciare il controllo russo della Crimea – e infliggere gravi danni alla sua economia e alla sua società – sarà ovviamente difficile. Ma è sicuramente una strategia più realistica dell’alternativa proposta: un accordo di negoziato mentre Putin è in carica.”
Insomma, finitela con questa storia del negoziato! Anche perché, come tutti sanno – e come solo i nostri traditori filoputiniani occidentali cercano vergognosamente di nascondere, magari virando l’attenzione della stampa su Netanyahu – è Putin che sta commettendo un genocidio: “Nessuna pace sostenibile e a lungo termine può emergere dai negoziati con un aggressore che ha intenzioni genocide.” Non resta quindi che la vittoria: “L’Ucraina e l’Occidente devono vincere o affrontare conseguenze devastanti” anche perché, come appare sempre più chiaro a tutte le persone di buon senso che si oppongono al genocidio ucraino, “La Russia sta già minacciando altri suoi vicini, compresi gli Stati della NATO, e potrebbe fare una mossa se riuscisse a sottomettere prima l’Ucraina.” Siamo i prossimi. E, per chi avesse dei dubbi in proposito, basta ascoltare le fonti autorevoli: “Alti dirigenti militari e funzionari dell’intelligence dei Paesi europei stanno lanciando l’allarme su questa prospettiva.” Infine, come se non bastasse, “Una vittoria russa alimenterebbe anche le ambizioni territoriali della Cina nell’Indo-Pacifico, poiché rivelerebbe i limiti dell’impegno dell’Occidente a salvaguardare la sovranità dei suoi partner. Il conflitto russo-ucraino non si svolge nel vuoto. Un esito negativo si farebbe sentire in tutto il mondo.” Ma forse in tutto l’universo. Insomma: per chi fosse stato forse fin qui un po’ distratto, è il caso di ribadirlo: “Il fatto che l’Ucraina e i suoi partner non abbiano una strategia per la vittoria, a tre anni dall’inizio della guerra, è un problema serio. L’Ucraina può ottenere così solo successi locali, ma non una sconfitta completa del nemico”. Fratelli occidentali, basta vincere localmente! E sembra, qui, quasi di sentirla la voce dei due analisti: le vostre paure sono tutte nella vostra testa, e dipende solo dalla vostra convinzione e forza di volontà sconfiggere definitivamente il nemico. “Non bisogna avere paura!” – è questa la buona novella che Cohen e Zagorodnyiuk sembrano volere portare in tutto il mondo, anche perché il nemico è molto più debole di quello che sembra: “La dottrina di Mosca per la guerra terrestre è ancora poco sofisticata. Si basa sull’utilizzo di piccoli gruppi di fanteria con il supporto di alcuni veicoli blindati per attaccare vari punti di una linea del fronte che si estende per oltre 1.000 miglia. Queste tattiche hanno permesso a Mosca di ottenere limitati guadagni territoriali, ma solo dopo aver perso enormi quantità di truppe e armi.” Visto? Basterebbe pochissimo: “Se l’Ucraina riesce ad aumentare la precisione dei colpi dell’artiglieria a lungo raggio, può ribaltare l’aritmetica della guerra contro la Russia e imporre a Mosca un tasso di logoramento inaccettabile”; “e a quel punto” concludono i due, estasiati come se già potessero toccare quasi con mano le feste e i canti di vittoria delle truppe occidentali dirette verso Mosca, “la Russia non sarà in grado di sostituire la sua forza lavoro e i suoi materiali abbastanza velocemente. L’economia del Paese semplicemente non sarà in grado di sostenere questa guerra di fronte alle continue perdite.” Ovviamente – e questo è forse il nocciolo della questione ed anche il vero motivo per il quale questo articolo è stato scritto – la Russia perderà ancora più velocemente di quanto già non stia facendo “se gli Stati Uniti permetteranno all’Ucraina di colpire obiettivi legittimi all’interno della Russia utilizzando le sue armi.”
Insomma: è già l’ora di dare un occhio al calendario e fare due conti. “Il processo di ammorbidimento delle posizioni russe e di indebolimento della determinazione russa durerà probabilmente circa un anno, dopo il quale l’Ucraina dovrebbe recuperare l’iniziativa. Se questo assalto avrà successo, il regime di Putin potrebbe affrontare una crisi causata da pesanti perdite e fallimenti sul campo di battaglia. Il sistema politico russo, del resto, sta già mostrando delle crepe. Se l’Ucraina avanza fino a un punto in cui la Russia non può più mantenere le sue conquiste, Putin si troverà in guai seri”; naturalmente, ma forse è anche un po’ inutile sottolinearlo, “Il successo dell’Ucraina su terra, aria e mare deve essere accompagnato da un’ampia pressione sul fronte economico.”
Ci hanno beccato: tra la pace e il condizionatore acceso, gli europei hanno finora fatto i furbi e scelto il condizionatore acceso. Adesso, però, è arrivato il momento di prenderci le nostre responsabilità: “Gli Stati Uniti e l’Europa dovrebbero introdurre una campagna di sanzioni molto più aggressiva, che includa sanzioni secondarie su qualsiasi azienda che operi in Russia. I russi devono vedere la loro ricchezza nazionale dissiparsi e la loro economia andare incontro a un arresto permanente, perché le conseguenze dell’invasione di Putin si facciano sentire.” E infine, sembrano dichiarare Cohen e Zagorodonyiuk un pò indignati, è arrivato il momento di dire basta a questa stampa ambigua che sembra dare voce un po’ a tutti; in momenti di crisi e di sofferenza, anche i giornalisti e i mezzi di informazione devono fare la loro parte: “L’Occidente deve anche organizzare una campagna di informazione aggressiva – paragonabile a quella condotta contro la Germania nazista nella Seconda Guerra Mondiale o contro l’Unione Sovietica durante l’apice della Guerra Fredda – per intensificare le divisioni sulla percezione della guerra all’interno e all’esterno della Russia. I russi hanno accettato la guerra passivamente: occorre ricordare loro, attraverso una serie di tecniche che includono la propaganda sia palese che occulta, i suoi intollerabili costi umani e sociali.” Se lo sono giurati l’un altro: questa sarà, quindi, l’ultima volta che i due autori scrivono articolo per puro amore della verità; da oggi in poi, infatti, dobbiamo tutti rinunciare a qualcosa e anche i seri analisti mettersi a servizio delle democrazie e dei valori occidentali. E per concludere, da Kiev, passando per Atene, Roma, Londra, Madrid e Washington, lo sappiamo che vi state controllando – affermano i due autori – e comprendiamo perché avete paura di sprigionare tutta la vostra forza: voi avete paura per “l’autodistruzione di Putin e del suo apparato di controllo”, ma non temete; “non è compito dell’Occidente salvare un regime criminale dal crollo. La Russia di oggi è uno Stato che commette abitualmente omicidi di massa, torture e stupri; conduce operazioni di sabotaggio e uccisioni sul territorio della NATO; porta avanti campagne di disinformazione e interferenza politica. Si è dichiarato ostile all’Occidente non per quello che l’Occidente ha fatto, ma per quello che è. In altre parole, il regime di Putin ha lasciato da tempo la comunità delle nazioni civilizzate. L’unica possibilità che la Russia ha di tornare alla normalità è la sconfitta, che stroncherà le ambizioni imperiali di Putin e permetterà al Paese di rivalutare sobriamente il proprio percorso e di rientrare infine nella società delle nazioni civilizzate.”
Che dire… Tutti i popoli della terra dovrebbero essere per sempre grati a Cohen e Zagorodoniuk per questo articolo che è, al tempo stesso, un necessario bagno di realtà e un invito a superare tutte le nostre più intime paure. Anche noi di Ottolina Tv, nel nostro piccolo, cerchiamo sempre di fare altrettanto. E se anche te non fa più paura il regime USA, le sue oligarchie e i suoi pennivendoli da quattro soldi perché hai capito che tanto, prima o poi, la verità viene a galla e che, in fondo, non abbiamo nulla da perdere, aiutaci a costruire un media veramente libero e indipendente che sia di esempio a tutti gli altri e che contribuisca a creare un mondo migliore in cui articoli come quelli di Cohen e Zagorodoniuk non verranno mai più pubblicati. Aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal.
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