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Tag: Washington consensus

Come la Germania è diventata l’emissaria di Wall Street – ft S. FassinaFassina provvisorio

L’ennesimo governo di amministratori coloniali, del tutto indistinguibile da quelli che l’hanno preceduto, ha deciso di farci un bellissimo regalo di Natale e coronare così, in modo esemplare, un lungo anno passato a fare per accelerare il declino; l’ok definitivo alla reintroduzione del patto di stabilità riformato a chiacchiere ma del tutto identico a quello vecchio nella sostanza, è l’ennesima prova di coraggio di una maggioranza di governo tutta chiacchiere e distintivo: feroce e determinata contro i più deboli – dai percettori del reddito di cittadinanza ai bambini di Gaza – e docile come una Fornero qualsiasi con i più forti anche quando, tutto sommato, questi forti – da Washington a Bruxelles – così forti non sembrano esserlo ormai nemmeno più di tanto, e chiunque abbia quel minimo di schiena dritta da spingerlo a provare a dire la sua, alla fine si fa beatamente li cazzi sua senza pagare dazio – dall’Ungheria di Orban alla Turchia di Erdogan, passando dall’Arabia di Bin Salman.
Ecco. Tra le altre cose, il 2023 per noi italiani passerà alla storia esattamente per questo: l’anno in cui si ufficializzò il fatto che, rispetto all’Italia, la Turchia, l’Ungheria, l’Arabia Saudita (ma anche il Niger o il Burkina Faso e chi più ne ha più ne metta) tutto sommato sono più indipendenti e sovrani e, quindi, anche democratici. La firma italiana al nuovo patto di stabilità, ovviamente, era ampiamente scontata, tant’è che per scontata l’abbiamo sempre data anche noi di Ottolina e tutti i nostri ospiti, nessuno escluso. Come d’altronde era ampiamente scontata l’altra pagliacciata suprema: la bocciatura del MES che, ovviamente, è del tutto sacrosanta – intendiamoci – ma che, altrettanto ovviamente, di fronte all’enormità del ritorno del patto di stabilità si riduce a poco più di un’arma di distrazione di massa scientificamente preparata dalla propaganda fintamente antisistema dell’alt right che, per mesi e mesi, ha parlato del dito e non della luna (molto banalmente perché è quello il motivo per cui è stata inventata): come dice sempre il Nencio, politicizzare le puttanate e gettare nel dimenticatoio tutto quello che, invece, pesa eccome.
E un bell’aiutino, come sempre, è arrivato dai maestri della svendita della patria all’invasore straniero: gli analfoliberali, che hanno fatto di tutto per trasformare agli occhi dell’opinione pubblica questo governo di patetici chiacchieroni inconcludenti in coraggiosi difensori degli interessi nazionali. L’Italia del 2023 ci lascia così l’immagine di questo potente 4 3 3 di zemaniana memoria, con il trittico d’attacco che vede – appunto – al centro gli attuali amministratori coloniali, e sulle due fasce l’alt right da un lato e gli analfoliberali dall’altro a fornire assist su assist. Una micidiale macchina da gol, solo che invece che mirare alla porta dell’avversario, mirano direttamente alla nostra.
Il livello imbarazzante del dibattito politico, tutto interno a fazioni sovrapponibili del partito unico degli affari e della guerra, rischia di distrarci dalla reale portata di quanto avvenuto in questi ultimi giorni del 2023; il ritorno dell’austerity nell’Unione Europea è un fatto di portata gigantesca, in grado di spiegarci quanto profondamente siano cambiati i rapporti di forza all’interno dell’Occidente collettivo dall’inizio della seconda fase della guerra per procura della NATO contro la Russia in Ucraina. Se la prima ondata di austerity, infatti, era di matrice tedesca e aveva come finalità il consolidamento delle gerarchie all’interno dell’Unione Europea – con la Germania al centro e tutti gli altri intorno che potevano accompagnare solo e fare da sub – fornitori a basso costo per permetterle di continuare a macinare profitti senza mai investire manco mezzo euro – l’austerity che ci aspetta, con il beneplacito dei sovranisti de noantri, è un’austerity nuova di zecca, targata direttamente Wall Street. Obiettivo: obbligare i governi a privatizzare quello che rimane ancora da privatizzare e che, fino a poco tempo fa, rappresentava la caratteristica fondamentale del modello europeo. Se nel mondo anglosassone, infatti, negli ultimi 15 anni è stato definitivamente portato a termine il più grande processo di concentrazione dei capitali nelle mani di una ristrettissima oligarchia mai visto nella storia – a partire dalla triplice dell’asset management composta da BlackRock, Vanguard e State Street – l’Unione Europea aveva bisogno di mettersi in pari rapidamente e, da vera patria dell’ipocrisia qual è, non poteva che farlo reintroducendo la solita vecchia ingegneria istituzionale spacciata come tecnica e che, invece, è pura lotta di classe dall’alto contro il basso; un processo che rende strutturale la sottomissione dell’Europa agli USA non più solo dal punto di vista politico e militare, ma anche economico e finanziario.
Insomma: mentre in tutti gli angoli del mondo le ex colonie alzano la testa e mettono fine al Washington consensus, all’interno dell’Occidente globale le vecchie potenze coloniale vogliono provare l’ebbrezza di trasformarsi definitivamente in protettorati, e utilizzano l’arma dell’austerity per imporci di aderire a quello che Daniela Gabor chiama il Wall Street Consensus e, in tutto questo, l’Italia – grazie alla dimensione complessiva della sua economia e con la scusa del livello del suo debito – diventa la preda per eccellenza, il vero laboratorio della nuova svolta autoritaria e neofeudale del capitalismo occidentale che prova a serrare le fila per opporsi alla storia, a partire dalla svendita di Poste Italiane. Buon Natale […contenuto non disponibile].

Durante tutto questo lunghissimo e intensissimo anno, noi di Ottolina Tv, le decine e decine di volontari che ci gravitano attorno, le centinaia di ospiti che hanno contribuito al nostro lavoro e le centinaia di migliaia di persone che hanno guardato, condiviso, discusso e anche criticato i nostri contenuti, abbiamo lavorato per mettere a punto gli strumenti che ci permettono di capire quali sono gli interessi concreti in ballo e in che direzione vanno al di là delle vaccate della propaganda, delle false illusioni delle anime belle e del vocìo inconcludente dei vomitatori d’odio di professione; anticipando gli eventi e sforzandoci continuamente di inserirli in un contesto più complessivo, abbiamo dimostrato, giorno dopo giorno, fatto dopo fatto, come il grosso degli eventi più significativi che la propaganda ci vorrebbe rivendere come un fiume in piena di elementi tutti scollegati tra loro non sono frutto del caso o dell’arbitrio, ma seguono tutti una logica piuttosto coerente e razionale: il tentativo estremo di una ristrettissima classe sociale di ultraprivilegiati di impedire al resto dell’umanità di riprendere in mano il suo destino e partecipare attivamente alla costruzione di un Mondo Nuovo.
Dal profondo del nostro cuore, un ringraziamento enorme a tutti quelli che hanno reso possibile questa bellissima avventura e un auspicio: che questa avventura non sia che un primissimo passo e che, con l’aiuto di tutti, Ottolina Tv, giorno dopo giorno, riesca davvero a diventare il primo media che dà al 99% una voce abbastanza grossa da farsi sentire in tutti gli angoli del paese, e oltre.