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Tag: terrorismo islamico

Chi decide chi è terrorista? come la propaganda strumentalizza senza ritegno un concetto ambiguo

L’accusa di terrorismo è una delle accuse politiche più abusate dell’ultimo secolo. Sono stati chiamati terroristi gli indipendentisti Algerini, i liberatori cubani, le brigate rosse, quelle nere, l’Isis, i curdi, la Russia e pure l’Ucraina.
Ma che cosa hanno in comune tutti questi soggetti politici così diversi tra loro per ricadere tutti sotto la categoria di terrorismo? La risposta è: nulla. Perché nonostante i nostri media continuino a ripeterlo come ossessi quando si tratta di demonizzare il nuovo nemico dell’occidente americano, la verità è che a livello internazionale, sia sul piano giuridico che politologico, non esiste alcuna definizione univoca del termine terrorismo e di chi debba essere considerato come tale. Tenere presenta questa ambiguità e arbitrarietà concettuale del termine, che lo rende particolarmente strumentalizzabile dalle diverse propagande, è oggi più che mai decisivo. In questi giorni di guerra di Indipendenza palestinese infatti, sia i palestinesi che gli israeliani vengono accusati da parti diverse di terrorismo, e sia sul piano giornalistico che diplomatico, utilizzare le definizioni e il linguaggio di una delle due parti in conflitto significa sposare, anche inconsciamente, la sua visione del mondo.

Il termine terrorismo è stato utilizzato storicamente per descrivere fenomeni molto diversi: dalle uccisioni di sovrani, agli attentati di gruppi armati o individui isolati, fino ai crimini compiuti direttamente da apparati statali: il così detto terrorismo di stato. In epoca moderna comincia a diffondersi nella seconda metà dell’800 e in particolare per condannare azioni violente o attentati compiuti da anarchici o da organizzazioni nazionaliste e indipendentiste. I patrioti italiani ad esempio, mentre lottavano per la liberazione del nostro territorio dalla colonizzazione straniera, furono più volte etichettati dai colonizzatori come terroristi e uccisi e perseguitati insieme alle organizzazioni di cui facevano parte, come La giovine Italia di Mazzini, la Carboneria, o la Società Nazionale italiana di Daniele Manin.
Il ricorso al termine terrorismo torna poi in auge nei media e nel linguaggio politico occidentale tra gli anni 60-70 del novecento, e anche in questo caso nel contesto delle guerre di decolonizzazione e autodeterminazione dei popoli. Diventano così “Terroristici” atti come il dirottamento di aerei, il sequestro di persone, o attentati in cui rimangono coinvolto civili o militari al di fuori di un contesto di guerra tra eserciti regolari. In realtà però questi atti di violenza, per quanto crudeli e terrificanti, raramente sono mossi da un irrazionale volontà omicida. Piuttosto, vi si ricorre per provare a esercitare una pressione sugli Stati e i soggetti interessati, o anche solo per riaccendere l’attenzione dell’opinione pubblica su determinate rivendicazioni politiche.
All’inizio del nuovo millennio, con l’attentato alle torri gemelle prima, e con quelli di Parigi per mano di miliziani jhadisti poi, “terrorismo”, soprattutto in occidente, diventa sinonimo di terrorismo islamico.
Ma negli ultimi due anni, prima con la guerra in Ucraina e adesso con il riaccendersi della lotta di indipendenza palestinese, l’uso del termine si è di nuovo ampliato quando sia la Russia che l’Ucraina prima, sia i palestinesi e gli israeliani poi, si sono dati del terrorista a vicenda.
Questa estrema arbitrarietà di significato e applicazione, si riflette anche a livello scientifico e giuridico. Nel suo saggio “Il terrorismo nel mondo contemporaneo”, la professoressa di scienze politiche Donatella della Porta scrive: “Per essere utilizzabile a fini scientifici un concetto deve avere alcuni requisiti: deve essere neutrale e univoco, comunicabile e discriminante. Importato nel linguaggio scientifico dalla vita quotidiana, il concetto di terrorismo manca di questi requisiti: infatti quelli che alcuni chiamano terroristi sono partigiani, o combattenti per la libertà, per altri. Anche gli studi di taglio storico o sociologico sul terrorismo lamentano la difficoltà di trovare una definizione accettata del fenomeno, ricordando che il termine terrorismo viene frequentemente riservato a quelle lotte di liberazione che falliscono, resistenza invece a quelle che hanno successo.”
Non solo. Definire o meno un’organizzazione “terrorista” risulta sostanzialmente impossibile anche se ci si focalizza esclusivamente sul modo e sul metodo con cui la violenza viene esercitata. Infatti, riflette Della Porta, se tentassimo una definizione di terrorismo in base al tipo di metodi violenti utilizzati “Fenomeni eterogenei – dalle attività delle bande criminali organizzate alle contese dinastiche, dalle guerre tra nazioni a gran parte delle interazioni politiche nei regimi autoritari – verrebbero così confusi insieme in un medesimo concetto, privandolo sia di capacità euristiche che di una qualsiasi utilità descrittiva.”
Purtroppo però, qualificare un gruppo come terrorista in base al modo in cui questo uccide, è uno degli argomenti più utilizzati in queste settimane dai media occidentali. Vi ricordate quando per giorni hanno riportato la notizia ancora mai confermata dei bambini israeliani decapitati? E vi ricordate quando si portava a prova del terrorismo di Hamas il fatto che solo dei terroristi ucciderebbero in modo così crudele ed efferato? Bene, questo ragionamento “sotto-culturale”, come lo ha definito giustamente in televisione l’ex ambasciatrice Elena Basile, non poteva che sfociare in uno degli esempi più eclatanti di doppio standard degli ultimi anni: abbiamo infatti scoperto che per l’inteligencija italiana esiste un modo politicamente corretto di uccidere, ossia quello degli Stati che utilizzano droni e aerei per distruggere palazzi e far morire in agonia i bambini sotto le macerie, e un metodo non politicamente corretto, ossia quello di chi droni ed aerei non li ha e deve ricorrere all’utilizzo di armi rudimentali.

Mah si, ma vuoi mettere quei selvaggi anti-estetici di Hamas che uccidono con i kalashnikov e i coltelli, con l’eleganza e il bon ton di un bel missile Jericho lanciato comodamente dalla postazione di comando? Davvero vi serve dell’altro per capire la differenza tra i terroristi e l’unica democrazia del medioriente?! Come ormai sostanzialmente tutto, anche lo sterminio dei bambini non è più un crimine in se, ma un lusso, che deve essere riconosciuto a chi ha i mezzi per perpetrarlo in modo elegante e tecnologicamente al passo coi tempi

Ma torniamo alle cose serie.

Anche il diritto internazionale, dicevamo, non è mai riuscito a trovare una definizione unanime di terrorismo: Nel 1996, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite istituì un comitato ad hoc per predisporre una convenzione globale sul terrorismo internazionale, ma i lavori si arenarono proprio per l’impossibilità di arrivare a una definizione condivisa.
I problemi fondamentali furono due: primo; in determinati contesti come si fa a distinguere atti di terrorismo da legittime guerre di liberazione nazionale? Secondo, come si fa a distinguere il terrorismo di stato da legittime attività svolte dalle forze ufficiali dell’esercito per salvaguardare la sicurezza?
Applicando questi dilemmi alla situazione in Palestina, possiamo chiederci: Hamas è un’organizzazione terroristica o il braccio armato della resistenza palestinese che combatte con i mezzi a sua disposizione per la libertà e l’indipendenza del suo popolo? E Israele è uno stato terrorista in quanto colonizza e annette territori non suoi e stermina da 70 anni migliaia di civili inermi in operazioni militari, oppure quello che fa, pur contravvenendo le risoluzioni Onu, lo fa per legittima difesa e sicurezza?

Ognuno tragga le sue conclusioni.

Ma visto che siamo nel campo dell’arbitrarietà più assoluta, e che come abbiamo visto questo aggettivo è privo di validità scientifica e giuridica per comprendere dinamiche di conflitto, la cosa più utile e razionale sarebbe smetterla proprio di utilizzarlo. La ragione per la quale è così in auge nell’informazione di propaganda infatti, è che come per l’accusa di nazismo di cui abbiamo parlato nel video precedente, anche l’accusa di terrorismo è una forma di demonizzazione assoluta del nemico che impedisce la comprensione delle sue ragioni e quindi ogni possibilità di dialogo e di risoluzione del conflitto. Con i terroristi infatti, come ci viene insegnato dalle autorità israeliane in questi giorni, non si parla, non si tratta, li si distrugge ad uno ad uno con tutti i mezzi a disposizione, e mettendo in conto tutti i “danni collaterali” possibili immaginabili

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