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Tag: orwell

COME WASHINGTON E LE OLIGARCHIE HANNO PRIVATIZZATO ANCHE IL NOSTRO LINGUAGGIO

Resilienza, riforma, modernizzazione, Spendig review, governance. Anche nel 2024, nell’occidente collettivo, si continuerà a combattere una guerra invisibile ma decisiva. Il campo di battaglia sono le nostre parole, e l’obiettivo finale è il controllo totale del nostro linguaggio e quindi del nostro pensiero. Come nel romanzo 1984 di Georg Orwell, nel quale un distopico governo totalitario coniava una neolingua che rendeva di fatto impossibile criticare il regime o anche solo formulare idee critiche e non allineate, anche il regime neoliberale è da tempo partito all’assalto del nostro vocabolario per coniarne uno nuovo più funzionale ai propri scopi. La neo-lingua liberista, sotto la sua patina smart e human friendly, ha lo scopo deliberato di mascherare in modo perverso la realtà delle cose e, come scrive Orwell, “di far suonare vere le menzogne e rispettabile l’assassinio”. Anche in Italia, con buona pace della nostra millenaria cultura e tradizione linguistica, molti termini scompaiono per fare posto a una retorica d’accatto infarcita di locuzioni ideologiche e parole anglosassoni, che, come sottolinea il giornalista Luciano Lago, “non hanno apportato niente di nuovo rispetto ai concetti del vecchio vocabolario ma che piuttosto hanno il più delle volte mascherato concetti relativi all’ideologia del mercato caratterizzati da elusione di responsabilità, di limitazione o taglio di diritti, di spese sociali e di compatibilità con il mercato”.
Il nuovo lessico neoliberista ha quindi adottato le stesse tecniche messe in atto dai precedenti regimi totalitari con l’obiettivo di rieducare le masse. Esempi tangibili sono il linguaggio utilizzato in fondamentali progetti politici neoliberali come il Jobs act e il Recovery plan, o ancora, come dimostrato da Marco D’Eramo nel suo libro La guerra Invisibile, il nuovo significato che stanno assumendo parole come “ottimizzazione”, “efficientamento”, “progresso”. Clamoroso in questo senso è il caso di “Riforma”, che per il nostro stato sociale e per gli interessi del 99 per cento è diventato sinonimo di minaccia e maledizione; “riforma delle pensioni” significa lavorare sempre più a lungo per sempre meno contributi; “riforma della scuola” significa assorbimento dell’educazione pubblica nelle logiche del capitale e del mercato privato; “riforma del welfare” significa riduzione delle protezioni sociali; “riforma della sanità” significa tagli pubblici alla sanità pubblica e nuovi incentivi alla sanità privata e “riforme strutturali” significa riadattamento dello stato nazionale democratico alle necessità economiche del neoliberismo.

Ma questa subdola e pervasiva neolingua, che tenta di mascherare l’ ideologia neoliberista e gli interessi delle oligarchie finanziarie, non è che il sintomo terminale della nostra sottomissione culturale e politica nei confronti di queste stesse oligarchie, e della definitiva sottomissione del resto dell’occidente agli Stati Uniti, che attraverso il controllo delle parole mira a governarci senza troppe polemiche e rotture di scatole.

Siamo sicuri di volerglielo lasciar fare?