Carissimi Ottoliner, ospite di questa mattina per la nostra rubrica intervist8lina, Fiammetta Cucurnia: corrispondente dalla Russia per “la Repubblica”. Negli ultimi due anni ha più volte criticato la propaganda occidentale sul conflitto russo-ucraino, cercando di raccontare la guerra dalla prospettiva Russa. Intervista a cura di Giuliano Marrucci e Alessandro Bartoloni Saint Omer.
Il 23 novembre di dieci anni fa moriva Costanzo Preve, uno dei più grandi e controversi marxisti italiani del ‘900. Lontano da tutte le principali correnti marxiste, nemico giurato di ogni servilismo ideologico filo-americano, Costanzo Preve è stato una meteora di integrità e coraggio all’interno del panorama filosofico italiano. Anche dopo la caduta dell’Urss, mentre tanti altri intellettuali marxisti facevano pubblica abiura delle loro idee per rivendersi agli apparati culturali della nuova sinistra capitalista e alla moda, Preve è rimasto sempre coerente e l’ha pagata a caro prezzo, con un totale ostracismo da parte della cultura ufficiale e con un lungo e doloroso anonimato. Gran parte delle sue opere, infatti, sono state pubblicate da una piccola casa editrice di Pistoia, Le Petite Plaisance e, ancora oggi, nominare la sua figura in ambienti universitari comporta sicura derisione e malcelato disprezzo. Tra le sue intuizioni filosofiche più brillanti ci sono la definizione di capitalismo assoluto – per indicare l’attuale fase del capitalismo occidentale, rimasto privo di forze politiche e culturali alternative -, la definizione di filosoFiat – per indicare la filosofia di pensatori organici al pensiero dominante come Gianni Vattimo e Massimo Cacciari – e, infine, il suo tentativo di pensare una nuova forma politica di comunitarismo inteso come correzione democratica del comunismo. Poliglotta dagli anni dell’università, nel corso della sua vita Preve ha appreso inglese, portoghese, francese, tedesco, spagnolo, russo, greco antico e moderno, arabo, ebraico e latino. Coerentemente al suo modo di intendere la filosofia – lontano da formalismi ipocriti e inteso come dialogo amicale tra persone comuni – Preve amava farsi intervistare al bar o in tuta e calzini sulla poltrona di casa sua. Pochi mesi prima di morire pubblicò il suo testamento spirituale, La Nuova storia alternativa della filosofia, un’opera monumentale di rilettura integrale di tutta la storia del pensiero occidentale.
Costanzo Preve nasce a Valenza nel 1943, da madre casalinga e padre funzionario alle Ferrovie dello Stato; a Torino studia Giurisprudenza e Scienze politiche prima di recarsi in Francia, Grecia e Germania dove, oltre che studiare filosofia, lavora come operaio. Tornato in Italia, a causa della distanza dagli ambienti dell’operaismo torinese e sessantottino, Preve non trova spazio all’Università e, dal 1968 fino alla pensione, deciderà di insegnare prima letteratura francese e poi storia e filosofia nei licei. A proposito dell’Università, che svolgeva – ai suoi occhi – una funzione ideologica simile a quella che aveva il clero religioso durante l’ancien regime, scrive: “Il Nuovo Clero organizza la mediazione simbolica e fornisce le informazioni necessarie per stabilizzare il dominio dell’oligarchia finanziaria. Esso non è più composto di preti e sacerdoti […] ma è costituito di due nuovi settori, l’uno secolare (i giornalisti, o meglio il circo mediatico globalizzato che organizza lo spettacolo della simulazione quotidiana) e l’altro regolare (la corporazione universitaria mondiale, che struttura il sapere complessivo sulla base della frammentazione programmatica delle potenze mentali della produzione)”. Alla lotta intellettuale Preve affianca la lotta politica: negli anni settanta aderisce, per un breve periodo, al PCI e poi a vari gruppi della sinistra extra-parlamentare. Nei primi anni Novanta, anziché tentare la via di fuga tipica di tanti marxisti pentiti, Preve si preoccupa di capire le cause profonde della caduta dell’Urss e di porre rimedio a quello che considera il limite teorico del comunismo, cioè l’assenza di fondazione filosofica. A proposito degli intellettuali della sua generazione, scrive: “Mentre ai tempi di Hegel e Schopenhauer, ma anche ai tempi di Adorno, gli intellettuali erano generalmente più intelligenti delle persone comuni, oggi ci troviamo in una situazione nuova: gli intellettuali sono nella stragrande maggioranza più stupidi delle persone comuni. È una novità degli ultimi 50 anni e lo vediamo quando vengono interpellati nei talk show televisivi perché dicono una quantità di stupidaggini molto maggiore di quelle che si sentono pronunciare dai tassisti, dai baristi o dalle casalinghe al mercato”. Ma il distacco emotivo dalla cosiddetta sinistra avviene definitivamente nel 1999 con l’appoggio del governo D’Alema al bombardamento NATO in Jugoslavia; nel saggio del 2000 “Il bombardamento etico. Saggio sull’interventismo umanitario” Preve scrive che questa decisione ha posto fine per sempre alla legalità costituzionale italiana e che, da quel momento, l’Italia si trova di fatto senza una costituzione. In un paese serio inoltre – insiste – i vertici di quel governo sarebbero stati condannati davanti alla corte marziale per alto tradimento. Dal punto di vista filosofico, la sua diagnosi delle società occidentali – dopo la caduta dell’Unione Sovietica e l’incontrastato domino statunitense sui corpi e sulle anime degli europei – ruota intorno al concetto di capitalismo assoluto: il capitalismo, secondo Preve, non era né un’ideologia né un soggetto sociale e culturale complessivo (non possiamo infatti identificare borghesia e capitalismo), ma un processo strutturale anonimo e impersonale che si legittima in modo esclusivamente performativo, e cioè con la sua capacità di garantire merci e servizi accessibili almeno ai due terzi delle società metropolitane “laddove il restante terzo” scrive Preve “è consegnato alla polizia, alle agenzie di assistenza e beneficenza, all’emarginazione e alle reti di solidarietà prevalentemente mafiose”. Il capitalismo, inoltre, non è per nulla conservatore – come la stragrande maggioranza dei comunisti del ‘900 ha sostenuto – ma è, al contrario – come già sapeva Marx – una forza rivoluzionaria nichilista, in quanto tende a distruggere tutti i sistemi ideologici, economici e politici “tradizionali” che incontra sul suo cammino e che potrebbero rappresentare un pericoloso ostacolo al processo di mercificazione di tutte le dimensioni della vita individuale e comunitaria. Questa distruzione dei valori e dei costumi tradizionali, nonché di tutte le dimensioni dello spirito umano differenti da quella puramente economica – come la politica, la filosofia o la religione – procede attraverso la formazione di sempre nuove classi sociali e ideologie dominanti, ogni volta sempre più aderenti e funzionali al fine capitalistico di economicizzazione totale della realtà : “Perché l’economia possa avere un potere simbolico assoluto” scrive Preve “non deve essere limitata da niente di esterno, ed apparire come completamente autosufficiente e sovrana su se stessa. Si tratta di un totalitarismo concettuale che persino le religioni non hanno mai osato sostenere in questa forma […] In questo modo, il capitalismo è fondato su di una illimitatezza potenziale assoluta, perché non esistono limiti esterni, come la religione, la filosofia e la politica. L’attuale e fatale giudizio dei mercati, cui si sono sottomessi anche i vari comunisti non è che uno sviluppo di questa premessa”. Dagli anni ’70 in poi, prima negli USA e poi – a cascata – nelle sue province europee e asiatiche, grazie ad una finanziarizzazione del capitale e ad una globalizzazione di questa forma economica stiamo assistendo ad un continuo allargamento della forbice tra ricchi e poveri; queste trasformazioni strutturali, insieme alla liberalizzazione dei costumi, sono state – agli occhi di Preve – la base materiale della distruzione delle classi borghese e proletaria e dell’affacciarsi di 3 nuove classi sociali incapaci di muovere critiche radicali al capitalismo: un’oligarchia finanziaria globale, della quale qui a Ottolina parliamo ormai da anni e che rappresenta oggi la nuova nobiltà: al posto del proletariato, una massa informe di precari sempre più atomizzati, senza coscienza di classe, costretti a inseguire le opportunità di mercato in giro per il mondo e condannati a rinunciare a progetti lavorativi e familiari stabili e, nel mezzo, una sempre più povera global middle class, la quale “unificata da viaggi facili” – scrive Preve – “dall’umanitarismo distratto e superficiale, da un inglese turistico – operazionale della comunicazione semplificata e standardizzata, da un multiculturalismo indotto in funzione della distruzione della propria cultura nazionale, dall’accettazione conformistica del politicamente corretto circostante (femminismo di genere, pacifismo rituale e puramente narcisistico – ostensivo, ecologismo da pubblicità di fette biscottate, falso interesse caritativo verso i migranti, ecc.), non è più ovviamente la vecchia piccola borghesia”. In questa nuova forma di capitalismo post-borghese e post-proletario, dunque, si è rotta – secondo Preve – la precedente alleanza tra due forme di critica al capitalismo: quella economica delle classi lavoratrici a bassi redditi (che presupponeva un radicamento territoriale e una coscienza di classe che oggi non esiste più) e quella artistico-culturale della piccola borghesia insoddisfatta dell’ipocrisia dei valori conservatori e tradizionali – critica di cui non ha più sentito bisogno una volta superato il bigottismo pretesco e raggiunta la totale liberalizzazione dei costumi. E così, negli ultimi decenni, il capitalismo è rimasto – di fatto – privo di critiche radicali e nemici politici, un capitalismo, appunto, assoluto e totalitario. Altre caratteristiche importanti del suo pensiero sono la critica alla dicotomia destra/sinistra che serviva, agli occhi di Preve, solo a distrarre gli ultimi dai reali conflitti sociali in atto, al politicamente corretto, che vedeva come una pericolosa importazione culturale dalla sinistra liberal americana e infine, naturalmente, la battaglia contro il neo-liberismoeconomico e contro qualunque ideologia reazionaria. Nemico filosofico di quello che considerava un ingenuo comunismo mondialista, Preve rivalutava inoltre il ruolo potenzialmente emancipatorio e democratico dello stato nazionale: secondo il filosofo torinese, infatti, l’internazionalismo era da intendersi come costruzione di un rapporto paritario e democratico tra Stati nazionali rispettosi delle reciproche differenze, e non certo come l’abolizione forzata – in nome di principi astratti – delle differenze stesse; un’idea in contrasto tanto con il nazionalismo quanto con il mondialismo. Nell’autunno del 2004 Costanzo Preve, in un articolo, ipotizzò una sua concreta proposta politica: il nome scelto era MOVIMENTO ITALIANO PER LA LIBERAZIONE E L’INDIPENDENZA; “Si dice italiano” scrive Preve “non certo per nazionalismo, quanto per indicare che non si pretende di rappresentare simbolicamente il mondo intero, ma ci si limita a relazionarci con altre forze a noi simili ed affini presenti in Europa e nel mondo. Il termine liberazione” poi “deve essere inteso in due sensi: liberazione dalla dittatura dell’economia capitalistica – neoliberale, che mercifica tutto e tutti, e liberazione dalla dittatura militare imperiale americana, che priva l’Italia e l’Europa di ogni sovranità. Il termine indipendenza” infine, conclude Preve, rappresenta essenzialmente il fine politico di questa organizzazione Politica. E “chi lo trova generico e poco classista” sottolinea “dovrebbe rifletterci un poco sopra. La parola comunismo come fine politico infatti implicherebbe almeno due cose: primo, che tutti gli aderenti siano d’accordo a priori con queste finalità, e secondo, che si avesse fra di noi la condivisione di un significato univoco di questa paroletta, il che ovviamente non è”. Morto nel 2013, Preve non ha fatto in tempo a vedere la profonda crisi dell’impero americano a cui stiamo assistendo oggi, né l’emergere di un possibile nuovo ordine multipolare capace di mettere in discussione il regime neo – liberale del capitalismo assoluto: ciononostante, noi non abbiamo dubbi da che parte delle barricate avrebbe deciso di combattere. E se anche a te piacerebbe veder nascere un Movimento italiano per la liberazione e per l’indipendenza, fai la tua parte: aiutaci a contrastare la propaganda di regime del capitalismo totalitario e aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal.