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IL CALENDARIO DELL’AVVENTO DELLA POST – VERITA’ Un anno di previsioni mainstream – pt. 1: GENNAIO

4 gennaio 2023, Il Giornale: “Russi in crisi, caos nell’esercito”;
6 gennaio, La Repubblichina: “Putin chiede il cessate il fuoco perché sta perdendo”;
25 gennaio, Il Giornale: “Arrivano i tank, la guerra è a una svolta”;
26 gennaio, La Repubblichina: “Ora l’esercito russo potrebbe sgretolarsi” e “Pechino scarica Mosca”.
Tra debacle ucraina, crisi economica e – per chiudere in bellezza l’anno – lo show in mondovisione della natura genocida della cosiddetta unica democrazia dell’Occidente, per la propaganda suprematista il 2023 è stato un anno decisamente complicato. In vista delle festività natalizie, allora, Ottolina Tv ha deciso di fare un suo personalissimo calendario dell’avvento dove a ogni casellina corrisponderà un video dedicato alle vaccate più incredibili apparse sui principali quotidiani italiani in un determinato mese e, alla fine, invece che la nascita di Cristo si festeggerà la nascita della Nuova Era della Post – Verità: tenetevi forte perché quelle che apparivano chiaramente come puttanate anche lì per lì, ma contro le quali – per prudenza, a suo tempo – abbiamo deciso di non inveire con troppa ferocia, concedendo il beneficio del dubbio, a un anno di distanza assumono chiaramente le sembianze di caricature satiriche esilaranti. Buon avvento a tutti!
Il 2023, in realtà, non si è aperto all’insegna delle magnifiche sorti e progressive della gloriosa guerra per procura dell’Occidente globale contro la Russia in Ucraina. La psyop suprematista che ha inaugurato l’anno della Post – Verità era talmente sconclusionata che l’abbiamo immediatamente rimossa; in ballo c’era la fine delle rigide misure zero covid in Cina che, secondo i nostri sempre obiettivi ed equilibrati media, avrebbe necessariamente causato milioni di morti e riportato il dragone al Medioevo, dal quale – peraltro – ovviamente non era mai completamente uscito. Nonostante la Cina minacci il Mondo Libero, i valori fondamentali di giustizia e di fratellanza che caratterizzano l’Occidente collettivo ci avevano spinto ad offrire al barbaro regime di Xi Jinping una via d’uscita sicura dalla catastrofe: una montagna di vaccini Pfizer a gratis. Ma Xi Jinping – che, come sempre, aveva messo davanti il suo culto per la personalità al benessere del suo popolo – ci aveva rimbalzato: “Il no di Pechino ai vaccini occidentali” titolava Il Giornale; “Xi sacrifica il popolo per salvare la faccia”. “Aprire a Bruxelles” scrive Gian sinofobia portami via Micalessin “significherebbe riconoscere il flop della cura cinese e il disastro della politica covid – zero”.

Il virus SARS-CoV-2

Ovviamente oggi sappiamo che quell’offerta, più che con la generosità della civiltà dell’uomo bianco e “la superiorità scientifica degli USA” – come sottolineava il Giornale – aveva a che fare col fatto che, per due anni, tutto l’Occidente ha lasciato che a dettare la sua politica sanitaria fosse una spregiudicata multinazionale come Pfizer, che ha registrato per due anni profitti record vendendoci una quantità spropositata di vaccini dei quali non sapevamo assolutamente cosa fare; e anche l’annunciato disastro della politica covid – zero che, secondo la propaganda, non aveva fatto altro che rinviare l’appuntamento con la pandemia aggravandolo – dopo aver imposto per due anni inutili misure draconiane a un popolo sostanzialmente schiavizzato – non si è rivelato esattamente conforme alle previsioni: secondo i numeri di Our World in Data aggiornati al 2 dicembre, la Cina – in tutto – avrebbe registrato appena 85 morti ogni milione di abitanti, contro una media di oltre 2700 nell’Unione europea e i circa 3400 degli USA e della Gran Bretagna, ovviamente distribuiti in modo incredibilmente diseguale tra le diverse classi sociali all’interno dei singoli paesi. Il fallimento della politica covid – zero cinese, quindi, sarebbe consistito nel salvare la vita a circa 4,5 milioni di lavoratori mentre, nel frattempo, il prodotto interno lordo cresceva di poco meno del 25%; quello dell’eurozona sarebbe cresciuto dello 0,1%. Un po’ diverso dalle previsioni che Angelo Panebianco, mosso da disinteressato senso civico, aveva deciso di condividere con il pubblico dalle pagine del Corriere della serva quel fatidico 4 gennaio: “è al tempo stesso spaventoso e rassicurante” scriveva “il clamoroso fallimento cinese nella gestione della pandemia. E’ spaventoso” argomentava “per le conseguenze sanitarie: quel fallimento sta facendo ammalare milioni di cinesi e mette tutto il resto del mondo a rischio di una nuova ondata pandemica”. Ma allo stesso tempo – ci risollevava il morale l’umanissimo Panebianco – “è rassicurante per due motivi. Il primo” continuava “è di carattere geopolitico. I teorici dell’inevitabile tramonto dell’Occidente forse si sbagliano”. D’altronde – spiega lucidissimo l’Angelone nazionale – “l’autocrazia ha un prezzo: il prezzo di una rigidità che impedisce ai governanti di fronteggiare sfide impreviste con pragmatismo e capacità di correggere gli errori”. Giuro, scriveva proprio così: la Cina è destinata a fallire perché non è pragmatica. Ma non è tutto; c’è anche un altro motivo per festeggiare perché – scrive con sprezzo per il pericolo Angelo Panesuprematistabianco – “il fallimento cinese dimostra urbi et orbi la superiorità delle società aperte e democratiche rispetto alle autocrazie. Una superiorità molto concreta,” sottolinea “non astratta e ideologica. Il confronto sui risultati concreti è impietoso”.
Insomma, l’anno zero dell’era del ribaltamento radicale della realtà iniziava alla grande, e non solo per questo delirio anti – cinese; sempre il 4 gennaio, infatti, Il Giornale titolava così: “Russi in crisi, caos nell’esercito”, e con l’immancabile Ian ndocojocojo Bremmer che rilanciava dalle pagine de La Stampa: “Mosca non riesce a fermare gli ucraini”. Secondo Bremmer, Putin – ormai – era già nel panico e a un passo da “arrivare a utilizzare tecniche terroristiche” ed era solo l’inizio, perché “con l’arrivo dei sistemi di difesa Patriot” a breve “la capacità russa di rispondere alle controffensive sarà limitata” e quindi, nell’arco di poco, c’era da aspettarsi di poter assistere a qualche grande successo ucraino, addirittura “nell’arco delle prossime settimane”. Ancora aspettiamo.
2 giorni dopo arriva l’ora del Natale ortodosso; Putin, cogliendo l’appello del patriarca Kirill, avanza l’idea di una tregua, e sapete perché? Ma “perché sta perdendo”, ovvio: così titola la sua intervista su la Repubblichina Paolo Mastrolilli, probabilmente – in assoluto – uno dei giornalisti più divertenti viventi. Per l’occasione, Mastrolillo & Greg ha avuto l’intuizione di farci spiegare come funziona il mondo dall’ex comandante della NATO, marchio di garanzia di equilibrio e ricerca spassionata della verità: “Quindi la proposta di Putin è un segnale di debolezza?” chiede Mastrolillo & Greg con quel tono inquisitorio da vero giornalista d’inchiesta di razza; “Assolutamente” risponde Clark “non ci sono dubbi. È chiaro che il Cremlino ha preso l’iniziativa perché è in difficoltà. Ciò segnala solo la sua debolezza, tanto sul fronte ucraino, quanto su quello interno”. Due pagine dopo, a rincarare la dose ci pensa il migliore amico del nostro Francesco Dall’Aglio, il grandissimo esperto di armi e di guerra Gianluca di Feo, che ci mette in guardia: “I timori delle cancellerie” titola. “Dopo le nuove offensive la Russia si sgretolerà”; “Nelle cancellerie del pianeta” ci svela Di Feo “c’è la sensazione che sia scattato un conto alla rovescia”. D’altronde, basta guardare le simulazioni: alcune, un po’ pessimistiche, dicono che ci sarà uno stallo ma il grosso – rivela Di Feo entusiasta – ci anticipano che “sarà Mosca a uscirne peggio, subendo una distruzione di quel che resta del suo potenziale bellico”. A quel punto, però, bisognerà fare attenzione perché “l’avanzata ucraina” sottolinea Di Feo “rischia di far crollare Putin aprendo un’era di instabilità”; da lì in poi, questo sarà uno dei grandi cavalli di battaglia della propaganda suprematista: ormai Putin è finito, però attenzione a menarlo troppo forte perché prima bisogna capire bene come garantire alla Russia una transizione dolce. Un concetto che, il giorno dopo, viene rilanciato da Viviana Mazza sul Corriere della serva: per non correre il rischio di essere accusata di privilegiare interlocutori non esattamente imparziali, come l’ex capo supremo della NATO Clark, la brillantissima Viviana decide di interpellare nientepopodimeno che Anne Applebaum, già premio Pulitzer nel 2004 grazie a Gulag, un originalissimo e coraggiosissimo lavoro di propaganda antisovietica in un periodo in cui erano diventati antisovietici anche i sovietici stessi. Anne, nell’intervista, ammette che a un certo punto, nella primavera scorsa, si era anche quasi rassegnata all’idea che, per chiudere la partita, l’Ucraina dovesse sì – ovviamente – riconquistare tutti i territori perduti a partire dall’invasione, ma magari, per il momento, rinunciare alla Crimea e anche a umiliare Putin obbligandolo a presentarsi davanti a una qualche corte internazionale. Ma, di fronte a tutti questi incredibili successi sul campo dell’Ucraina, “Vittoria per Kiev ormai non significa solo recuperare territori, ma anche ottenere risarcimenti economici e giustizia per i crimini di guerra”: ovviamente questo significa necessariamente “mettere fine al regime di Putin” e questo, però, “in assenza di meccanismi chiari di successione, comporta opportunità, ma anche rischi”. Che Putin ormai stia con le pezze al culo è così eclatante che – come il giorno dopo svela Marco Imarisio sul Corriere della serva – “oltre ai trecentomila coscritti richiamati alle armi lo scorso ottobre se ne aggiungeranno presto molti altri, tra cinquecentomila e un milione”. Ma che dico un milione… un miliardo! Ma che dico un miliardo… un fantastilione di milioni di triliardi!
In mezzo a questa disfatta, però, fortunatamente c’è anche chi trova il tempo per riflessioni più profonde, che vanno oltre gli aridi numeri della cronaca e aprono uno squarcio negli abissi dello spirito umano; a questo giro tocca a Carlo Nicolato, brillante vice caporedattore di Libero. Ad ispirarlo è questa foto:

Vladimir Putin

“Guardate il suo sguardo,” sottolinea Nicolato “il destino segnato in quelle pupille appuntite perse nel nulla”; è un attento osservatore Nicolato, un profondo pissicologo, ma anche un discreto esperto di politica internazionale che ci ricorda come Putin non sia semplicemente ormai “solo e isolato in patria”, come svelano le sue pupille, ma anche “nel mondo, perché anche i suoi alleati lo stanno abbandonando o lo hanno già abbandonato”. L’unica cosa che ancora “resta da capire” – riflette Nicolato – è “se la guerra la perderà sul campo di battaglia, o sul tavolo delle trattative. Resta da capire” cioè, continua Nicolato, “fino a che livello vorrà scendere negli abissi della ignominia e dell’umiliazione”; “ma la sua fine” conclude Nicolato “è già lì in quello sguardo, in quella postura sconfitta in un angolo di una chiesa”. Raga’, questo non è solo grande giornalismo: questa è grande letteratura. A confermare che Putin è stato definitivamente mollato da tutti gli alleati, due giorni dopo ci pensa di nuovo Il Giornale: “Pechino scarica mosca”, titolano. Nella settimana successiva, però, tutta questa ondata crescente di entusiasmo subisce una piccola battuta d’arresto e a la questione ucraina sostanzialmente sparisce dalle pagine della stampa di regime, ma quando una settimana dopo comincia a riapparire, lo fa in grande style: “Kyev, ti armo da impazzire” titola Il Foglio il 18 gennaio; in ballo c’è la fornitura di nuovi carri armati all’ultima moda all’Ucraina che, scrive il Foglio, permetterebbero di “passare dalla resistenza alle forze russe all’espulsione delle forze russe dal territorio ucraino”. E’ solo l’ultima gocciolina di un vaso che trabocca di successi incredibili per l’Occidente collettivo, anche se l’onnipresenza della propaganda putiniana prova, in ogni modo, a screditarli; ed ecco allora che Il Foglio ci propone la sua AGENDA ANTI – CATASTROFISMO. “Le sanzioni?” si chiede retoricamente il Foglio: “Funzionano. L’economia russa? Crolla. Il prezzo del gas? Cala. I consumi? Non si fermano. L’inflazione? Rallenta.” Ma per quanto sia spinto, il premio di titolo della giornata il 21 gennaio per me rimarrà sempre al Giornale: “Altro che democratici” scrive; “sono sempre i soliti comunisti”. Sapete di chi stava parlando? Di Bonaccini. Giuro: manco della Schlein o di Zingaretti, che ovviamente fa ride’; di Stefano Bonaccini, che è un po’ come dare a Berlusconi del bacchettone o a Gasparri dell’intelligente. Comunque al Giornale non sono da premiare solo i titolisti, eh? Per apprezzare in pieno il talento, gli articoli li devi pure leggere; questo, ad esempio, firmato Martina Piumatti (che non sapevo chi fosse ma, ora che l’ho scoperta, non me la lascerò sfuggire più). L’altro giorno, riguardo ad Hamas, ha tirato fuori questa perla: “Godono per i civili morti” ha scritto. Martina però è preoccupata: “non si può più dire niente” scrive “come funziona la dittatura del politically correct”. Ha ragione. Di questo passo non si potrà dire neanche più che i neri hanno il ritmo nel sangue, però – fortunatamente – si potrà continuare a fare un titolo così. “Putin perde consenso. Il collasso della Russia sarà senza precedenti”; ad essere intervistato è Vladimir Milov, che non ha dubbi: “Nessun tentativo dello zar di contrastare le sanzioni” afferma “salverà la Russia da un collasso economico senza precedenti”. La gente lo sa, e infatti il sostegno per Putin di cui parliamo in Occidente, in realtà, è tutta fuffa: “I sondaggi che lo danno oltre il 70%” afferma infatti Milov “nascondono una realtà molto più complessa. Chi è contro” – svela – “non lo dice perché teme per la propria incolumità”. Ma ora che Putin, innegabilmente, sostanzialmente è finito – gli chiede la Piumatti – chi lo sostituirà? Prigozhin? Kadyrov? Macché, dice Milov: “Prigozhin e Kadyrov non hanno nessuna chance. La loro importanza è gonfiata dai media. Nel futuro della Russia è Navalny che può avere un ruolo”. Firmato Vladimir Milov, numero due del partito di Navalny; l’ultimo sondaggio sulla popolarità di Navalny lo dava abbondantemente sotto al 10%: è un po’ come quando Matteo Renzi parla a nome degli italiani, diciamo.
D’altronde, però, si sa: perdere una guerra cambia rapidamente tutto e Putin è incredibilmente vicino a perderla; lo ribadisce il solito Mastrolillo & Greg sulla Repubblichina il 25 gennaio, tramite un’intervista all’affidabilissimo falco neocon Kurt Volcker. “La fornitura dei carri armati” afferma Volcker “può diventare la svolta che metterà Kiev in condizione di vincere la guerra”. Il giorno dopo, sempre su La Repubblichina, è il turno dell’ex capo della CIA David Petraeus che, ultimamente, ha bazzicato parecchio l’Italia perché è un alto dirigente del fondo speculativo KKR e doveva convincere il governo a lasciargli comprare una delle infrastrutture più strategiche del paese – la rete delle telecomunicazioni – e, per farlo, ha puntato tutto sulla credibilità: “Ora l’esercito russo potrebbe sgretolarsi”, ha affermato; “Esiste la possibilità dello sgretolamento o addirittura del collasso delle unità russe”. Insomma: la nostra rete di telecomunicazioni è in ottime mani, direi.

Merchandising bello bello

Tra le cose che stavano per mettere nei guai Putin, il fatto che ormai aveva finito i missili. Due giorni dopo,
Corriere: “Ucraina, tempesta di missili”. Potremmo andare avanti per giorni; ci fermiamo qui per pietà di patria. Ci rivediamo presto con un’altra puntata del nostro calendario dell’avvento dell’era della Post – Verità. Per tutti quelli che, invece, sono eretici di fronte a questa montagna di monnezza, è arrivato il momento di unire le forze e costruire davvero un vero e proprio media che, invece che ai deliri della propaganda suprematista, dia voce al 99%; per farlo – anche di fronte alla censura democratica delle piattaforme che, come ovvio e prevedibile, ci stanno segando le gambe – abbiamo sempre più bisogno del tuo aiuto: aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal.
E siccome insieme alla natività dell’era della Post – Verità si avvicina anche quella del Bambingesù, se sei in vena di regali visita il nostro sito e accàttati un po’ di merchandising bello bello!

E chi non aderisce è Paolo Mastrolillo & Greg