Italianieuropei alla prova dei BRICS
Quello che ci siamo trovati di fronte, non sono fanatiche prese di posizione vetero comuniste e terzomondiste, ma pacate riflessioni che cercano di comprendere le più importanti trasformazioni del contesto geopolitico
“D’Alema dichiara guerra agli Usa”, “la Repubblica”.
“D’Alema fa l’antiamericano sull’Ucraina, si crede Bufalo Bill, ma ricorda Scialpi” “Linkiesta”.
“D’Alema si riscopre comunista ed esalta Cina e Russia” “Il giornale”.
Ma cosa ha mai fatto Massimo D’Alema per meritarsi tutti gli strali e le maledizioni della stampa italiana?
Il casus belli sono gli articoli contenuti in “Brics, l’alba di un nuovo ordine internazionale”, l’ultimo numero della rivista Italianieuropei da lui diretta che ha commesso il più grave dei delitti possibili: lesa miestatis nei confronti della narrazione suprematista occidentale e degli interessi geopolitici americani.
Ingolositi dalla gravità del delitto e dalla ferocia del linciaggio, ci siamo dunque avventurati nella lettura della rivista, e confermiamo che l’ira dei giornali è ben giustificata: gli articoli in questione infatti, sono un insieme di serie e pragmatiche analisi geopolitiche fatta da autorevoli ex diplomatici e scienziati della politica.
Insomma, un concentrato di tutto ciò oggi l’informazione non può proprio sopportare.
Quello che ci siamo trovati di fronte, non sono fanatiche prese di posizione vetero comuniste e terzomondiste, ma pacate riflessioni che cercano di comprendere le più importanti trasformazioni del contesto geopolitico e questo sia aldilà della dicotomia hollywoodiana buoni contro malvagi, sia sottolineando le numerosissime contraddizioni dei BRICS e in generale di tutti quei paesi che stanno mettendo in discussione il vecchio ordine mondiale unipolare.
Per fare un esempio, nell’articolo di Paolo Guerrieri, insegnante alla “Paris School of International Affairs”, si legge:“Per aumentare il loro peso a livello internazionale, i BRICS dovranno innanzi tutto risolvere una serie di contraddizioni. L’eterogeneità politica ed economica al loro interno, il disaccordo sull’allargamento e su temi politici fondamentali quali la riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, l’aspra disputa territoriale tuttora non sanata tra Cina e India, rappresentano altrettanti seri ostacoli alla continua cooperazione e rafforzamento dei BRICS”.
Insomma, non proprio un’invettiva di un fanatico anti-atlantista. Ma andiamo con ordine. La rivista è composta da due parti, la prima dedicata all’allargamento e al rafforzarsi dei Brics, e la seconda, che oggi lasciamo volentieri da parte, dedicata alla figura di Silvio Berlusconi.
Nell’introduzione, firmata Redazione e con tutta probabilità scritta dallo stesso D’Alema, si fa un riassunto generale e sostanzialmente diplomatico dei temi trattati da questo numero: si parla dell’allargamento dei Brics, si evidenzia come in Italia e in Europa non esista alcun dibattito strategico su questi temi, si condanna fermamente l’invasione russa in Ucraina e si ricorda come agli occhi del resto mondo il tentativo occidentale di imbrigliare questi fenomeni nella retorica da guerra fredda democrazie vs tirannie, è destinato a fallire.
“La maggior parte dell’umanità” recita l’Introduzione “rifiuta di allinearsi alla posizione americana e dell’Occidente […] vi è una amplissima e non infondata convinzione che nella difesa dei diritti umani, della democrazia e dei principi del diritto internazionale il mondo occidentale sia tutt’altro che coerente e applichi standard molto diversi a seconda degli interessi che ha in diverse aree del mondo. Non è facile smentire la fondatezza di queste convinzioni, cui si aggiunge l’idea che oggi né l’Europa né gli Stati Uniti facciano nulla per cercare di fermare il conflitto e creare le condizioni per una pace sostenibile tra Ucraina e Russia.”
La parte più importante di questa introduzione è forse la parte finale, in cui si auspica come nel nuovo mondo multipolare che si sta prefigurando, l’Europa in forza della sua cultura e tradizione rappresenti un ponte tra i diversi poli, capace di creare un equilibrio internazionale più giusto e ragionevole. Questa considerazione è cruciale, perché ci ricorda come noi, da Italiani ed europei, dovremmo approcciarci a queste analisi e in generale a questi cambiamenti geopolitici: non ci deve infatti interessare un’astratta ridefinizione di chi sono i buoni o i cattivi della comunità internazionale, né capire se essere filo americani o anti americani, filo russi o filo cinesi, ma solo comprendere il contesto in cui viviamo, guardare agli interessi delle nostre comunità nazionali ed europee, e agire con lo scopo di riconquistare tutta la libertà, il benessere, e il potere che abbiamo perso.
Le analisi geopolitiche disincantate sono preziose proprio per questo, ci aiutano a scrollarci di dosso la mentalità da tifoserie di provincia e capire come perseguire meglio i nostri interessi in un dato contesto internazionale. Ed è esattamente per questo che un’informazione di propaganda come la nostra continuerà a delegittimarle e a fare loro la guerra. Andando avanti, troviamo articoli di approfondimento su India, Brasile, Africa e il loro ruolo nei Brics, mentre le analisi di più ampio respiro sono quelle Marco Carnelos ex ambasciatore in Iraq e inviato speciale per la Siria e il processo di pace israelo-palestinese, e Alberto Bradanini, ex-diplomatico e presidente del Centro Studi sulla Cina Contemporanea.
Nell’articolo “Il mondo della contrapposizione tra Global Rest e Global West”, Carnelos scrive che le interminabili guerre statunitensi in Medio Oriente e la crisi finanziaria del 2008 hanno inflitto un duro colpo alla credibilità globale degli Stati Uniti, e che il conflitto in Ucraina ha svolto in questo senso un ruolo di spartiacque nella storia avendo avuto implicazioni che sono andate ben oltre le storiche recriminazioni tra Mosca e Kiev. Quella che si profila, è una disarticolazione tra quella parte di umanità, il Global West che per cinquecento anni ha dominato il sistema internazionale, e il resto del mondo, il Global Rest, che si sta oggi organizzando in istituzioni separate come i Brics, i quali contano già diciannove membri e molti altri aderiranno, la Shanghai Cooperation Organization (SCO), e l’EurAsian Economic Union (EAEU). Ridurre questa competizione alle semplicistiche dicotomie democrazia/autocrazia, libertà/tirannia, bene/male, sarebbe, scrive l’ex ambasciatore “un evocativo strumento retorico fondato sul consueto e ben collaudato metodo di governare attraverso la paura, e un’abile scorciatoia.” . A questo proposito, basti ricordare che Brasile e India sono la prima e terza democrazia del mondo e che oggi le principali minacce alle democrazie occidentali vengono tutte dall’interno e non dall’esterno. Prima di tutto dalle politiche neoliberiste, che stanno trasformando le nostre socialdemocrazie in oligarchie finanziarie mascherate, e poi da problemi di ordine sociale e culturale: negli Stati Uniti ad esempio “il maggior numero di americani uccisi ogni anno in conflitti a fuoco avviene per mano di altri americani ossessionati dal possesso di armi da fuoco, e che, con il 5% della popolazione mondiale, il paese consuma l’80% degli oppiacei prodotti in tutto il pianeta. Il semplice buon senso leggerebbe questi due dati – ma se ne potrebbero citare molti altri – come un irreversibile segnale di decadenza, ma i poderosi apparati mediatici occidentali sono concentrati altrove.”.
Infine, l’articolo di Albero Bradanini Multilateralismo, de-occidentalizzazione e bi-globalizzazioneè quello forse più deciso nel prendere posizione contro il vecchio ordine unipolare. “Il paradiso dei ricchi” scrive Bradanini citando Victor Hugo “è fatto dell’inferno dei poveri”.
Quella a cui stiamo assistendo sarebbe “una campagna storica per la riconquista di sovranità e indipendenza d’azione, presupposto strutturale affinché anche i popoli oppressi possano generare benessere e contenere la bulimia d’arricchimento infinito delle oligarchie globaliste. È dunque intuibile la ragione per la quale tale disegno è avversato dal corporativismo militarizzato dell’impero atlantico”.
E per una buona volta, scrive Bardanini, i nord americani dovranno “accettare di tornare ad essere un paese normale, non la sola nazione indispensabile al mondo”.
Per concludere, voglio precisare che nessuno di OttolinaTv si sognerebbe mai di fare l’apologia di D’Alema nè della sua carriera politica, infarcita di ipocrisie e ambiguità e macchiata per sempre dall’appoggio da presidente del consiglio ai bombardamenti NATO in Serbia.
Ma visto che la verità ha la testa più dura della menzogna e che c’è bisogno di tutte le forze e intelligenze possibili, la speranza è che Italianieuropei possa davvero continuare su questa linea editoriale.
E chi non aderisce è Vittorio Parsi