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Tag: cristianesimo

TERRA LAICA – perché i conflitti nel mondo islamico non hanno niente a che vedere con la religione

“I conflitti tra Occidente e Islam […] non toccano tanto i problemi territoriali, quanto più ampi temi di confronto tra civiltà”. Con queste parole, nel suo “Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale”, il prestigioso politologo statunitense Samuel P. Huntington dava inizio a una narrazione che, negli anni successivi, diventerà senso comune: l’idea che il mondo sia attraversato da uno scontro tra una civiltà occidentale e una islamica basate su valori radicalmente opposti e totalmente inconciliabili. E’ la sfumatura di suprematismo giusta al momento giusto: ridarà simpaticamente slancio a tutti i peggio pregiudizi razzisti contro le popolazioni di religione islamica – viste come inevitabilmente violente, rozze e premoderne – e, dopo l’11 settembre, servirà a giustificare senza se e senza ma tutti i crimini della war on terror che la propaganda spaccerà come una vera e propria moderna guerra di religione che, come nei bei tempi andati, vedrà nell’“Occidente” e nell“Islam” due mondi, due civiltà e due sistemi valoriali radicalmente opposti, del tutto impenetrabili. Ma quanto pesa davvero la religione negli innumerevoli conflitti che, negli ultimi decenni, hanno coinvolto in un modo o nell’altro il mondo islamico?

Arturo Marzano

“Che la religione – o meglio le religioni: islam, cristianesimo ed ebraismo – non sia la causa centrale dei conflitti in Medio Oriente” scrive Arturo Marzano nel suo “Terra laica. La religione e i conflitti in Medio Oriente”, “è qualcosa che chi si occupa di questa regione impara quasi subito”: secondo i media occidentali, al centro di tutti i conflitti in corso in Medio Oriente c’è sempre e solo l’Islam. Il Libano è uno stato fallito? Colpa dell’Islam. Iran e Arabia Saudita mettono a ferro e fuoco l’intera regione a suon di guerre per procura? Colpa dell’Islam. Il conflitto tra Israele e popolazione palestinese? Tutta colpa dell’Islam.
“A partire dal VII secolo fino all’età contemporanea” sostiene il celebre storico americano Zachary Lockman “l’Islam è stato il prisma privilegiato attraverso cui l’Europa si è rapportata alle esperienze imperiali e statuali esistenti in Medio Oriente”; “Una lettura stereotipata ed essenzialista dell’Oriente” continua Lockman “come se si trattasse di una regione incapace di mutamento, e impermeabile a qualsiasi forma di modernizzazione”. Un pregiudizio ampiamente diffuso anche nei più autorevoli ambienti accademici: l’idea di fondo è che se nell’Occidente contemporaneo l’unità di base dell’organizzazione umana è la nazione, capace di far convivere al suo interno identità religiose diverse, per il mondo musulmano – al contrario – sarebbe più opportuno parlare di un’unica religione divisa al suo interno in diverse nazioni; l’identità religiosa sarebbe quindi prevalente su quella nazionale. E di separazione tra stato e chiesa, ovviamente, manco a parlarne: mentre nell’Europa cristiana “La base religiosa dell’identità è stata sostituita dallo Stato nazione territoriale o etnico” teorizzava l’orientalista Bernard Lewis – poi ingaggiato come consigliere del governo USA ai tempi dell’invasione dell’Iraq di Saddam Hussein – lo stesso non si può dire per i paesi del Medio Oriente, dove «Il concetto importato dall’Occidente di nazione etnica e territoriale rimane, così come quello di secolarismo, estraneo e non pienamente assimilato». Peccato però che in realtà, come ricorda Marzano, “Arabismo e nazionalismo arabo furono movimenti tendenzialmente laici che superavano le differenze religiose in nome di una più ampia identità araba”, e non è certo l’unico elemento macroscopico in grado di smontare a prima vista tutto l’impianto della narrazione propagandistica dell’impero: basta ricordare – ad esempio – come, durante la prima Guerra del Golfo, il grosso dell’opinione pubblica araba sosteneva il regime laico di Saddam Hussein per la sua opposizione alle mire imperialiste di Washington, mentre contestava ferocemente regimi arabi di matrice religiosa come quello saudita perché ritenuti, a ragione, filo – USA.
Anche per interpretare il conflitto tra Israele e Palestina come una questione prevalentemente confessionale ci vuole parecchia fantasia; come sostiene Marzano nel suo libro, piuttosto, siamo palesemente di fronte a un classico conflitto di natura meramente nazionale dove a scontrarsi sono due movimenti di liberazione nazionale, entrambi con l’obiettivo di creare un proprio Stato – nazione sulla stessa terra. Anche la contrapposizione tra Iran e Arabia Saudita non può essere analizzata solo come una questione religiosa tra sciiti e sunniti: numerosi analisti e giornalisti hanno fatto spesso ricorso alla guerra di religione tra sciiti e sunniti per leggere il conflitto tra Teheran e Riad, mentre si tratta di una rivalità di natura politica, economica e culturale che vede due potenze regionali contrapporsi utilizzando tutti i mezzi, incluso il ricorso all’elemento identitario. Nonostante in Arabia Saudita – in cui, tuttora, l’islam di stato è quello wahhabita – e nella Repubblica islamica dell’Iran – a capo della quale si trova il clero sciita – la dimensione religiosa sia importante, secondo Marzano questo conflitto va letto come uno scontro principalmente geopolitico e economico.

Ruhollah Khomeyni

La rivoluzione iraniana del 1979 ha rappresentato chiaramente uno spartiacque nella storia del paese, così come – più in generale – del Medio Oriente nel suo complesso: a livello internazionale la conseguenza più importante fu la rottura tra Teheran e Washington a seguito del cambio di regime; se l’Iran era stato, negli anni ‘70, il difensore degli interessi americani nel Golfo, dal 1979 gli Stati Uniti dovettero rinunciare al loro più stretto alleato nella regione e l’alleanza tra USA e Arabia Saudita – attaccata con veemenza dalla retorica di Khomeini, che accusava il regime saudita di essere servo degli americani – fece sì che la rivalità tra i due giganti petroliferi, prima entrambi filo – americani, esplodesse in una competizione per la supremazia regionale. In questa logica politica la religione è stata usata strumentalmente per creare divisioni all’interno dei paesi rivali e indebolire l’avversario: tra i tanti mezzi messi in campo da Teheran in funzione anti – saudita vi fu anche il tentativo di “esportare la rivoluzione” utilizzando strumentalmente la popolazione sciita sparsa nei paesi del Medio Oriente per affermare la propria supremazia. A partire proprio dall’Arabia Saudita dove, dopo il 1979, si è andata rafforzando l’ «identità confessionale» della minoranza sciita, a lungo esclusa e marginalizzata. Ad aumentare la tensione tra popolazioni sunnite e sciite ci si sono messe, da un lato, la retorica anti – saudita del presidente iraniano Ahmadinejad, eletto nel 2005, e – dall’altro – la guerra tra Israele e Hizballah del 2006 che causò un’ondata pro – iraniana e pro – sciita in tutto il Medio Oriente e la forte reazione da parte di Egitto, Giordania e Arabia Saudita. Arabia Saudita e Iran, inoltre, sono intervenute in Bahrein, Yemen e Siria sfruttando il pretesto religioso per portare avanti le proprie strategie di influenza geopolitica e di sicurezza. Parafrasando quanto scritto dallo studioso Fanar Haddad si potrebbe quindi parlare, piuttosto, di confessionalismo laico, nel senso che identità confessionali basate su questioni teologico – giuridiche sono state – e sono tuttora – utilizzate e brandite contro “l’altro” per obiettivi puramente politici con strumenti strettamente secolari.
Per chi vuole approfondire come la retorica dello scontro di civiltà e religioni sia funzionale alle élite per non farci capire nulla di quello che sta avvenendo in Medio Oriente, l’appuntamento è per mercoledì 29 novembre a partire dalle 21 in diretta su Ottolina Tv. Oltre alla solita crew di Ottosofia, sarà con noi il prof. Arturo Marzano, docente di Storia e Istituzioni dell’Asia all’Università di Pisa. E – nel frattempo – contro la propaganda che fomenta le divisioni religiose per coprire le ambizioni geopolitiche di chi la finanzia abbiamo bisogno di un media indipendente che dia voce agli interessi concreti del 99%. Aiutaci a costruirlo: aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal.

E chi non aderisce è George W. Bush