NONCIELODIKONO!!! USA: “Sul pallone spia avevano ragione i cinesi”. Ma i media censurano la notizia
Fermi tutti, fermi tutti, perché finalmente abbiamo le prove! L’informazione mainstream non è semplicemente propaganda!
Magari, quello sarebbe già buono.
È proprio una fabbrica di fake news.
Sfacciata, plateale.
Febbraio del 2023.
Tra i cieli del Montana, d’improvviso appare un gigantesco pallone gonfiabile bianco. La sentenza è unanime. Tutte le prime pagine dei giornali italiani titolano all’unisono nello stesso identico modo: un sofisticato pallone spia cinese ha provocato gli USA e ha invaso il loro spazio aereo. Per tre giorni non si è parlerà di altro; d’altronde, non era mica una cosa da niente.
“Il pallone”, sentenziava Bretella Rampini, “di sicuro avrà raccolto una ricca messe di fotografie sorvolando una base di armi nucleari nel Montana”. DI SICURO, mica chiacchiere.
E ora facciamo un piccolo salto avanti nel tempo
17 settembre
Il Generale Mark Milley è ospite al celebre programma domenicale della CBS.
“Siamo piuttosto certi”, afferma il generale, “che il pallone non abbia raccolto nessuna informazione e che nessuna informazione sia stata trasmessa in Cina”.
In sala cade il gelo e pure nelle redazioni dei giornali italiane.
Come facciamo a riportare questa notizia senza perdere la faccia e dimostrare che tutto quello che diciamo sulla Cina e in generale sui paesi che non fanno da cagnolini da riporto a Washington sono gigantesche minchiate?
Semplice, basta fare finta di niente.
La clamorosa smentita a una settimana di speculazioni di ogni genere, per giustificare il muro dei guerrafondai a stelle e strisce innalzata contro il dialogo con la Cina, è letteralmente scomparsa.
Niente, silenzio, zero assoluto.
Il controllo dei media da parte del partito unico della guerra e degli affari, d’altronde, è esattamente a questo che serve: a fabbricare e dare il massimo risalto alle fake news prima, e letteralmente a nascondere le notizie vere poi.
“Un pallone aerostatico”, scriveva il 4 Febbraio scorso su la Repubblichina l’inarrivabile Paolo Mastrolilli, “può sembrare uno strumento di spionaggio rudimentale e ovviamente non è l’unico mezzo di cui dispone la Cina, che ha anche satelliti e armi moderne come i missili ipersonici. Però”, ci avvisa Mastrolilli, “l’atto di sfida, o di irresponsabilità, rivela il vero umore di Xi”.
Subito sotto, l’ineffabile Di Feo, che ha fatto della necessità di parlare di cose che palesemente non conosce una vera e propria arte, rilanciava, e metteva in allerta contro pericolose sottovalutazioni. Questi giganteschi palloni aerostatici, sottolineava Di Feo, “sono spie di sorprendente semplicità ma anche efficacia, capaci di attraversare i continenti cavalcando le correnti per raccogliere informazioni top secret”.
C’è poco da fare ironia, rilanciava Stefano Piazza su La Verità. “Occorre ricordare” infatti, scriveva, “che in Montana si trova nientepopodimeno che la Malmstrom Air Force Base, una delle tre basi americane con missili nucleari, e nello Stato sono presenti 150 missili balistici intercontinentali”.
È per questo che, come scriveva Maurizio Stefanini su Libero, “il governo degli Stati Uniti non ha la minima voglia di scherzare sul pallone proveniente dalla Repubblica Popolare che ha sorvolato una base con missili nucleari”
Quella che però in assoluto c’ha marciato di più, ovviamente, è la mitica Giulia Pompili, che le spara così grosse da essersi guadagnata un posto al sole nella capitale web dei bimbiminkia italiani nota come la miniera di Ivan Grieco. “La Cina ha ammesso che si tratta di un suo dirigibile”, scrive, che però sarebbe molto banalmente uno strumento “civile, di quelli usati da quasi tutte le agenzie metereologiche per fare rivelazioni atmosferiche”.
Ma, sostiene la Pompili, “è completamente falso: i palloni sonda meteorologici sono di piccolissime dimensioni, perché funzionano con strumenti miniaturizzati, e poi esplodono automaticamente a una certa altezza”.
Per un attimo, avevo sperato che la totale incompetenza della Pompili fosse limitata ai temi economici. E invece in tema di cazzate è proprio tuttologa la ragazza.
Come avevamo sottolineato proprio mentre questa gara incredibile a chi la sparava più grossa era in pieno svolgimento, infatti, le sarebbe bastato dare un’occhiata veloce al sito della NASA, dove da anni si descrivano nei minimi dettagli missioni che sono in corso da decenni e che prevedono l’impiego di palloni aerostatici “in grado di contenere un intero stadio di football dentro” per missioni scientifiche che mediamente durano oltre 45 giorni (https://www.nasa.gov/scientific-balloons/types-of-balloons).
Ma quello che preoccupa ancora di più la Pompili, non è cosa fa quel pallone, che tanto ormai tutti spiano tutti, ma la sfacciataggine. “Non è una novità che la Cina spii l’America”, sottolinea infatti la nostra istrionica minatrice, “ma la crisi politica e diplomatica che il pallone da ricognizione ha aperto riguarda soprattutto un’operazione sfacciata, visibile, una violazione dello spazio aereo con un messaggio chiaro: arriviamo ovunque”.
Ma anche sulla provocazione sfacciata, duole dirlo, la Pompili non ci aveva visto proprio benissimo, diciamo. Il pallone cinese infatti, ha dichiarato domenica scorsa Milley, sarebbe entrato in territorio USA involontariamente, a causa del vento: “A quelle altitudini il vento è incredibilmente forte”, ha dichiarato il Generale, “i motori di quel pallone non sono in grado di andare contro quel genere di vento a quell’altitudine”. Alla ricerca spasmodica dell’ennesimo casus belli immaginario, la Pompili ha continuato a ricamare sulla faccenda per giorni e giorni, articoli su articoli.
Anche quando ormai negli USA la situazione era ormai completamente sfuggita di mano
Alla Fox News uno squadrone di attivisti neoconservatori a libro paga di vari think tank finanziati dall’industria bellica si alternava, affermando all’unisono che Pechino stava usando i palloncini per “preparare il campo di battaglia” per un intervento militare diretto sul suolo statunitense.
Il Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg affermava che il pallone spia non rappresentava solo un’evidente minaccia per gli USA, ma anche per tutti gli alleati. “Il pallone sopra gli Stati Uniti”, aveva dichiarato pubblicamente, “conferma il modello di comportamento cinese. Abbiamo bisogno di essere consapevoli del rischio costante rappresentato dall’intelligence cinese e intensificare le nostre azioni per proteggerci e reagire”.
Il top però era stato raggiunto solo alcuni giorni dopo, quando gli USA spinti dalla follia sinofobica dell’opinione pubblica, in preda al panico, avevano cominciato a tirar giù tutto quello che di gonfiabile vedevano nel cielo; fino a quando un gruppo di amatori dell’Illinois aveva denunciato che un suo pallone per le misurazioni atmosferiche da appena 12 dollari di valore, era stato tirato giù con un missile che di dollari da solo ne costava poco meno di 450 mila.
L’analisi della Pompili? “L’America abbatte quattro oggetti volanti”, scrive. Ma “non è isteria, è un messaggio chiaro alla Cina”. “Il messaggio è trasparente, chiaro”, scrive enfaticamente la Pompili, “ed è diretto contro la Cina, che invece porta le sue contro-accuse come un semplice show di propaganda”. Che tra l’altro dimostra come la Pompili, oltre a spararle grosse, scriva quasi peggio di David Puente. Ma con tutti i quattrini che c’hanno per fare propaganda, non lo trovano un pennivendolo altrettanto servizievole ma che almeno sappia scrivere decentemente?
Ma al di là della ghiotta occasione per perculare per l’ennesima volta l’Armata Brancaleone del giornalismo analfoliberale italiano e per raccontare un caso concreto di come funziona la macchina della propaganda del partito unico della guerra e degli affari, le nuove rivelazioni del Generale Milley sono interessanti anche, se non soprattutto, da un altro punto di vista. Per quanto possa apparire ridicolo infatti, le fake news sul pallone spia non sono state semplicemente l’ennesimo esercizio di retorica suprematista, ma hanno avuto conseguenze politiche piuttosto pesanti.
Come sicuramente ricorderete, poco prima si era celebrato il G20 di Bali, durante il quale Xi e Biden si erano stretti la mano, e avevano promesso una “nuova distensione”. Il primo passo, sarebbe dovuto essere il viaggio ufficiale di Blinken a Pechino previsto proprio per quel Febbraio. Ma l’isteria scatenata dall’incidente del pallone, strumentalizzata a più non posso dalle fazioni USA più radicalmente sinofobe, aveva spinto l’amministrazione Biden ad annullarlo.
I mesi successivi, hanno rappresentato probabilmente il livello più basso delle relazioni tra le due grandi potenze da qualche anno a questa parte. Nel giro di pochi mesi i cinesi hanno sfornato una quantità gigantesca di documenti, studi e report che denunciavano tutte le storture degli USA con un linguaggio di un’aggressività che raramente si era vista prima: dalla critica al sistema economico e alle diseguaglianze che genera, a quella sulle violazioni sistematiche del diritto internazionale.
Ma non solo. Convinta di non poter trovare nessun interlocutore minimamente serio ed affidabile oltrepacifico, la Cina ha passato mesi e mesi a premere sull’acceleratore dei rapporti sud-sud, incentivando così quel processo di contrapposizione tra Sud Globale e Nord Globale che fino ad allora aveva sempre cercato di stemperare. In quanto di gran lunga prima potenza economica globale reale infatti la Cina ha tutto l’interesse a mantenere almeno una parvenza di pace e di ordine e poter così procedere tranquillamente con gli affari e con il commercio. In tempo di pace il declino relativo del Nord Globale e degli USA in particolare, e l’ascesa cinese, sono letteralmente inarrestabili. Ma quando arrivi a far saltare un incontro di quel livello a causa di una vaccata come quella del pallone gigante, significa che probabilmente fare lo sforzo di provare a concordare alcuni paletti per evitare un’escalation potrebbe essere una totale perdita di tempo e pure di dignità, che è una cosa che da quelle parti ha ancora un certo valore.
Ed ecco così che la nuova distensione è andata a farsi benedire.
Quando le acque poi si sono calmate però, gli USA hanno per lo meno fatto finta di voler riprendere quel percorso: la visita di Blinken alla fine c’è stata e poi pure quella della Yellen, del Segretario di Stato al Commercio e molte altre ancora. Tutti che affermavano esplicitamente che l’idea stessa di disaccoppiare le due economie è una follia e che non hanno nessuna intenzione di ostacolare lo sviluppo cinese, ma che semplicemente vogliono emanciparsi dalla Cina per tutta una serie di materie prime e di prodotti strategici, e che non sono disposti ad aiutare la Cina a colmare il gap con gli USA in termini di capacità militare.
Nel frattempo però le sanzioni unilaterali non solo sono sempre tutte lì, ma sono pure peggiorate, a partire dal decreto che ha sancito l’impossibilità per i capitali occidentali di andare a investire in Cina nei settori tecnologici più avanzati: dall’intelligenza artificiale, al quantum computing.
Insomma, pochi fatti, e tante chiacchiere.
E dopo la pagliacciata del pallone spia, i cinesi le chiacchiere che non sono accompagnate anche dai fatti hanno deciso che non gli bastano più.
E negli USA c’è chi comincia a credere che forse è arrivato il caso di dimostrare un po’ di buona volontà in più. Anche tra le fila della destra.
John Muller è uno degli analisti di punta del Cato Institute, il famigerato think tank fondato e finanziato dal miliardario ultrareazionario Charles Koch e su Foreign Affairs ha appena pubblicato un lungo articolo che traccia la strategia che gli anarcocapitalisti made in USA vorrebbero adottare nei confronti della Cina. “Il caso contro il contenimento”, si intitola. Quella “strategia non ha vinto la Guerra Fredda e non sconfiggerà la Cina”. Nell’articolo Muller fa una lunga disamina della strategia del contenimento adottata dagli USA contro l’URSS durante la Guerra Fredda, e che imponeva a “Washington di respingere i progressi politici e militari sovietici ovunque apparissero, cercando così di impedire la diffusione del comunismo internazionale, e controllando il potere dell’unione sovietica senza dover ricorrere a una guerra diretta”. Secondo Muller la buona fama di cui gode questa strategia, sarebbe del tutto ingiustificata. “In realtà”, scrive, “più che il contenimento, furono gli errori e le debolezze dell’Unione Sovietica a causarne la caduta”.
Muller ricorda come quella strategia fosse stata descritta in dettaglio in un altro articolo del 1947 pubblicato proprio su Foreign Affairs. “Le fonti della condotta sovietica”, si intitolava. Firmato dal padre ufficiale della strategia del contenimento: l’ambasciatore e studioso di Scienze Politiche George Frost Kennan. Ma “Nei decenni successivi all’articolo”, sottolinea Muller, “il contenimento, oltre a ispirare fallimenti come l’invasione della Baia dei Porci e la guerra del Vietnam, sembrava aver impedito a pochi paesi di diventare comunisti”
Nei confronti diretti dell’espansionismo sovietico, invece, riflette Muller, il contenimento era tutto sommato inutile. “I sovietici”, scrive Muller, “non avevano bisogno di essere scoraggiati: cercavano di aiutare e ispirare movimenti rivoluzionari in tutto il mondo, ma non avevano mai avuto interesse a condurre qualcosa di simile al ripetersi della Seconda Guerra Mondiale” e “dopo aver analizzato gli archivi sovietici, lo storico Vojtcch Mastny osservò che tutti i piani di Mosca erano difensivi e che l’enorme rafforzamento militare in Occidente “era irrilevante nel scoraggiare una grande guerra che il nemico per primo non aveva intenzione di lanciare””.
Secondo Muller, tutte le sconfitte subite dal comunismo in quegli erano autoinflitte: dai conflitti interni al campo comunista stesso, alle repressioni anticomuniste in alcuni paesi del sud del mondo, come la carneficina indonesiana. E quando invece vincevano da qualche parte, era una vittoria di Pirro, come nel caso del Mozambico nel ‘77, o in Nicaragua nel ’79.
Tutti paesi, scrive Muller, che “presto divennero casi disperati a livello economico e politico”. E anche nel crollo finale dell’impero sovietico, il contenimento secondo Muller c’entrerebbe poco o niente. “A quel punto”, sostiene Muller, “Washington aveva da tempo assunto che la Guerra Fredda fosse finita e aveva ufficialmente abbandonato quella politica. E Anche Mosca”.
Ora, ovviamente si tratta di una sequenza di puttanate che suscita quasi ammirazione. Se fosse italiano Muller lavorerebbe senz’altro per Il Foglio. Ma le implicazioni di questa analisi totalmente delirante invece sono bellissime. Secondo Muller infatti, come il contenimento non avrebbe avuto nessun ruolo nell’ostacolare l’ascesa dell’Unione Sovietica, allo stesso modo sarebbe del tutto inefficace per contrastare quella cinese. “La cosa più preoccupante per la Cina, come lo è stata per l’Unione Sovietica”, scrive Muller, in realtà, “è la sua crescente serie di difficoltà interne”.
Muller a questo punto fa un altro lungo elenco completamente delirante dei fallimenti immaginari della Cina: dalla corruzione endemica, al degrado ambientale, passando per il rallentamento della crescita e pure ovviamente il sostanziale fallimento della Via della Seta. Quasi per caso in mezzo a questa sequela di minchiate, ne dice una giusta. Come per l’Unione Sovietica, sottolinea infatti Muller, “la maggior parte delle mosse espansionistiche della Cina non hanno nulla a che fare con la forza. Come ha affermato l’ex diplomatico statunitense Chas Freeman: “Non esiste una risposta militare a una grande strategia costruita su un’espansione non violenta del commercio e della navigazione””.
Quindi non c’è motivo di allarmarsi, e basta “sedersi tranquilli ed aspettare”
“Si tratta della saggezza di restare indietro”, scrive Muller, “mantenere la calma e lasciare che le contraddizioni nel sistema del tuo avversario diventino evidenti”. “I politici”, conclude Muller, “dovrebbero tenere a mente una massima di Napoleone Bonaparte: “Non interrompere mai il tuo nemico quando sta commettendo un errore””.
Ecco, esatto. È quello che diciamo pure noi di fare per accelerare il declino.
Che vi state a sgolare a fare voi analfoliberali. Il globalismo neoliberista è un modello di sviluppo troppo superiore rispetto al multipolarismo industriale e produttivo, è evidente.
Basta che abbiate un po’ di pazienza, la smettiate di fare colpi di stato, cambi di regime, guerre e sanzioni economiche illegali a destra e manca e il vostro amato sistema alla lunga non potrà che dimostrare tutta la sua superiorità. E alla fine vincerete, insieme a Koch, a Giulia Pompili, a Federico Rampini e a John Muller.
Più o meno intorno al 31 settembre del duemilacredici.
Se anche tu sei per un media che incentivi gli analfoliberali a crogiolarsi nelle loro fantasie suprematiste senza rompere troppo i coglioni mentre il mondo nuovo avanza e gli prepara il funerale, aiutaci a costruirlo.
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E chi non aderisce è Giulia Pompili.