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Genocidio di Gaza e Diluvio di Al-Aqsa: il punto di vista di Hamas che tutti dovrebbero conoscere

La nostra narrativa – e cioè il nostro punto di vista: così si intitola il piccolo dossier sull’operazione diluvio di al-aqsa pubblicato sabato scorso dalla divisione media ufficiale di Hamas; lo abbiamo letto per voi perché, ovviamente, siamo perfettamente consapevoli che si tratta di pura propaganda. Funziona sempre così, inevitabilmente: a ogni guerra fatta con le armi corrisponde sempre anche una guerra tra due propagande. Il punto però, esattamente come in Ucraina, è che i detentori dei mezzi di produzione del consenso del cosiddetto mondo libero fanno finta di non saperlo e assumono come verità insindacabile la propaganda di uno, e come menzogna da oscurare con ogni mezzo possibile quella dell’altro; potrebbe non essere esattamente una strategia illuminata, diciamo, e non solo perché è ovviamente una palese violazione del diritto a un’informazione un minimo equilibrata su cui si dovrebbe fondare quell’idea di democrazia in nome della quale i nostri governi si sentono autorizzati ad andare in giro per il mondo a bombardare chiunque si azzardi a dissentire, ma anche perché impedisce – anche tra le élite – quel minimo di dialettica fondata sui fatti reali che è indispensabile per non prendere cazzi per mazzi. Ed ecco così che, a botte di propaganda unilaterale, ci siamo autoconvinti che la Russia era sull’orlo del baratro e che grazie alla gloriosa resistenza e alla superiorità tecnologica dell’uomo bianco avrebbe trovato in Ucraina il suo Vietnam, o che Ansar Allah non era che un gruppetto di ribelli sprovveduti e scalmanati e che sarebbe bastato mandargli due razzetti a caso per farli sconigliare e riportare l’ordine: ecco perché, qualsiasi sia l’opinione che avete su Hamas, è comunque fondamentale conoscere e riflettere sul loro punto di vista. Buona visione.

Baruch Goldstein

“Fin dalla sua fondazione nel 1987” scrive l’ufficio media di Hamas nel suo rapporto sui fatti del 7 ottobre “Hamas si è impegnato a evitare conseguenze sui civili di entrambi gli schieramenti”; il rapporto sottolinea come – in seguito al terribile massacro della moschea di Al-Ibrahimi di Hebron avvenuto nel 1994 per mano del terrorista israelo – statunitense Baruch Goldstein e che causò la morte di 29 civili inermi riuniti in preghiera e il ferimento di altri 125 – “Hamas aveva annunciato un’iniziativa per evitare che i civili di tutte le parti rimanessero vittime dei combattimenti”, ma il governo Israeliano non si degnò neanche di rispondere. In quell’occasione, il governo israeliano guidato da Yitzhak Rabin condannò l’attentato e disarmò i militanti più in vista del movimento Kach, il gruppo dell’estrema destra sionista di Goldstein; non impedì però che a Goldstein – che venne definito dal rabbino dell’insediamento illegale di Kiryat Arba nei pressi di Hebron più santo di tutti i martiri dell’olocausto – venisse dedicato un santuario che, come un’Acca Larentia qualsiasi, divenne subito un importante luogo di pellegrinaggio per i fasciosionisti. Un milione di arabi non vale un’unghia ebrea, dichiarò il rabbino Yaacov Perrin durante il funerale: dalle ceneri del movimento Kach nascerà poi il partito Otzma Yehudit, e cioè il partito di Itamar Ben-Gvir, il famigerato ministro per la Sicurezza Nazionale del governo Netanyahu che viene citato direttamente anche nel dossier come “il ministro fascista israeliano che ha imposto l’inasprimento delle condizioni delle migliaia di prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane dove subiscono ogni forma di abuso dei diritti umani più fondamentali”. Ciononostante, ribadisce il rapporto, negli anni successivi “Hamas ha rinnovato questa offerta numerose volte, ma i vari governi israeliani che si sono succeduti hanno sempre fatto orecchie da mercante, mentre continuavano a prendere di mira e uccidere deliberatamente civili palestinesi”; ancora oggi, insiste il rapporto, “Evitare danni ai civili, in particolare bambini, donne e anziani, è un impegno religioso e morale rispettato da tutti i combattenti delle brigate Al-Qassam”, e durante l’operazione diluvio di al-aqsa “ribadiamo che la resistenza palestinese è stata pienamente disciplinata e ha operato nel rispetto dei valori islamici” e “I combattenti palestinesi che hanno preso di mira solo il soldati dell’occupazione”.
Ma come si spiegano, allora, tutte le vittime civili del 7 ottobre scorso? Molte delle accuse, sostiene il rapporto, sono “menzogne palesi fabbricate ad arte” come la storia dei 40 bambini decapitati, o le accuse di stupri di massa; inoltre, continua, “è un dato di fatto che molti dei coloni coinvolti nell’operazione erano armati e hanno avuto scontri a fuoco con i combattenti palestinesi. Questi coloni sono registrati come civili, ma la realtà è che erano uomini armati che stavano combattendo al fianco dell’esercito israeliano” e, infine, “molti di questi civili israeliani sono stati uccisi dalle forze armate israeliane stesse”. Il riferimento, ovviamente, è in primo luogo ai civili uccisi da un elicottero israeliano nell’area del Festival Musicale di Nova, ma non solo: “Altre testimonianze israeliane” continua infatti il dossier, confermano che “l’esercito di occupazione israeliano avrebbe bombardato diverse abitazioni negli insediamenti israeliani dove si trovavano combattenti palestinesi e israeliani, in una chiara applicazione della famigerata Direttiva Annibale dell’esercito israeliano che sostiene sia meglio un ostaggio civile o un soldato morto che preso vivo, per evitare di impegnarsi in scambi di prigionieri con la resistenza palestinese”.
Fatta la tara delle fake news e della propaganda suprematista, rimane ovviamente il fatto che di civili coinvolti ce ne sono stati decisamente fin troppi: secondo Hamas però, questi episodi sarebbero semplicemente una conseguenza del “rapido collasso del sistema militare e di sicurezza israeliano e il caos che ne è conseguito in tutta la zona di confine con Gaza”; insomma, sarebbero vittime collaterali, e probabilmente – come Occidente collettivo – non siamo esattamente i più titolati per scandalizzarci. “Coloro che difendono l’aggressione israeliana” sottolinea il dossier “sostengono che le vittime civili a Gaza sarebbero danni collaterali di attacchi rivolti ai militanti di Hamas. Tuttavia questa categoria pare non possa essere utilizzata quando si parla delle vittime civili dell’operazione diluvio di al-aqsa”; eppure, insistono “Come riconosciuto da molti, Hamas si è comportato in modo positivo e gentile con tutti i civili che sono stati trattenuti a Gaza e ha cercato sin dai primi giorni dell’aggressione un modo per arrivare al loro rilascio, che è esattamente quello che è successo durante la tregua umanitaria durata una settimana durante la quale quei civili sono stati rilasciati in cambio del rilascio di donne e bambini palestinesi detenuti ingiustamente nelle carceri israeliane”.
Come abbiamo premesso, ovviamente, si tratta di pura propaganda pure questa, e però un modo per vederci più chiaro tra una propaganda e l’altra, volendo, ci sarebbe: una bella inchiesta indipendente internazionale che, a differenza di Israele, è esattamente quello che chiede Hamas. “Siamo fiduciosi” scrivono “che qualsiasi indagine equa e indipendente dimostrerebbe la fondatezza dei nostri argomenti come anche la portata delle bugie e delle informazioni fuorvianti da parte israeliana. A partire dalle accuse israeliane riguardanti gli ospedali palestinesi di Gaza che la resistenza avrebbe usato come centri di comando; un’accusa che non è stata provata e anzi è stata smentita dai resoconti di molte agenzie di stampa occidentali”; “Gli eventi del 7 ottobre” sottolineano “devono essere inseriti in un contesto più ampio, che accomuna tutti i casi di lotta contro il colonialismo e l’occupazione dei nostri tempi. Le varie esperienze dimostrano come più è alto il livello di oppressione imposto dagli occupanti, più sarà violenta la reazione dei popoli che quella occupazione la subiscono”. E qui il livello, sostengono, sembrerebbe essere stato piuttosto altino – diciamo – e fanno un sintetico recap partendo da lontano: ancora nel 1918, ricordano, “il popolo palestinese possedeva il 98,5% della terra palestinese e rappresentava il 92% dell’intera popolazione”; da lì in poi, una campagna di migrazione di massa coordinata tra autorità coloniali britanniche e movimento sionista portò, in meno di 30 anni, a moltiplicare per 4 la popolazione non palestinese prima di dare il via, nel 1948, a una vera e propria pulizia etnica che portò i sionisti a impossessarsi del 77% delle terre dopo aver espulso il 57% della popolazione palestinese, a partire dagli oltre 500 villaggi rasi al suolo. Una seconda fase si ebbe poi nel 1967, quando le forze di occupazione occuparono il resto della Palestina compresa la Cisgiordania, la Striscia di Gaza, Gerusalemme e altri territori arabi confinanti con la Palestina; soltanto negli ultimi 20 anni le forze di occupazione avrebbero causato la morte di 11.300 palestinesi e il ferimento di altri oltre 150 mila, in larghissima parte civili: “Sfortunatamente però” scrivono “l’amministrazione USA e i suoi alleati non hanno prestato molta attenzione alle sofferenze del popolo palestinese, ma piuttosto hanno fornito copertura all’aggressione israeliana, e hanno cominciato a lamentarsi solo quando il 7 ottobre a cadere sono stati i soldati israeliani”. D’altronde, continuano, “l’amministrazione americana e i suoi alleati occidentali hanno sempre trattato Israele come uno Stato al di sopra della legge; gli forniscono la copertura necessaria per continuare a prolungare l’occupazione e reprimere il popolo palestinese, permettendogli nel frattempo anche di sfruttare la situazione per espropriare ulteriori terre palestinesi e violare impunemente i nostri luoghi sacri”. Il dossier ricorda inoltre come, negli ultimi 75, anni “l’ONU abbia emesso più di 900 risoluzioni a favore del popolo palestinese” con Israele che ha sempre “rifiutato di attenersi a ognuna di esse”, platealmente: “Il 29 ottobre 2021” ricorda ad esempio il dossier “l’ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite Gilad Erdan ha insultato il sistema delle Nazioni Unite stracciando un rapporto del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite durante un discorso all’assemblea generale, per poi gettarlo teatralmente nel cestino della spazzatura prima di lasciare il podio. Eppure” ricordano con una nota di ironia “l’anno successivo è stato nominato alla carica di vicepresidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite” e le rare volte che queste questioni hanno raggiunto il tavolo del Consiglio di sicurezza “a impedire qualsiasi condanna nei confronti di Israele è sempre intervenuto il veto degli USA”.

Gilad Erdan

Certo, di fronte a queste ingiustizie ci sono anche modi più pacifici e meno violenti di portare avanti la propria causa. Certo, come no! “Dopo 5 guerre di aggressione unilaterale da parte di Israele e 17 anni di assedio totale che ha trasformato Gaza nella più grande prigione a cielo aperto del paese” ricorda il dossier, nel 2018 “il popolo di Gaza ha dato vita a una serie di grandi e pacifiche proteste denominate la Grande Marcia del ritorno. Purtroppo” ricordano “le forze di occupazione israeliane hanno risposto a queste proteste causando tra i manifestanti 360 vittime e 19 mila feriti, compresi 5 mila bambini”. “Dopo tutto questo” si chiede alla fine il dossier “cosa ci si aspettava dal popolo palestinese? Che continuasse ad aspettare inerme riponendo la sua fiducia sull’impotenza dell’ONU?”; in realtà – concludono – “sulla base di quanto detto fino ad ora, l’operazione diluvio di al-aqsa è stata una risposta necessaria e un atto difensivo nei confronti dell’occupazione israeliana, nel quadro della lotta di liberazione e di indipendenza del popolo palestinese, esattamente come tutti i popoli del mondo hanno sempre fatto”. “Il popolo palestinese” concludono “si è sempre opposto all’oppressione, alle ingiustizie e ai massacri contro i civili, indipendentemente da chi li commette. E in base alla nostra religione e valori morali, abbiamo dichiarato chiaramente il nostro rifiuto a cosa gli ebrei furono esposti dalla Germania nazista. Dobbiamo però ricordare che il problema ebraico era essenzialmente un problema europeo, mentre il mondo arabo e islamico era un rifugio sicuro per il popolo ebraico come, d’altronde, anche per altri popoli di altre credenze ed etnie. Il mondo arabo è stato un esempio di convivenza, interazione culturale e libertà religiose. Il conflitto è causato dal comportamento aggressivo sionista e la sua alleanza con le potenze coloniali occidentali; e quindi rifiutiamo categoricamente la strumentalizzazione della sofferenza che è stata inflitta al popolo ebraico in Europa al fine di giustificare l’oppressione contro il nostro popolo in Palestina”.
Bon. Questo è quanto. Questa è la posizione di Hamas; non ci abbiamo aggiunto mezzo giudizio: a questo giro, l’onere di farvi una vostra idea lo lasciamo tutto a voi. E’ quello che dovrebbero fare i giornali mainstream che si riempono la bocca di fuffa liberaloide e poi fanno solo becera propaganda come in un regime teocratico qualsiasi; in questi tempi infami, a noi vecchie zecche rosse tocca pure fare il loro mestiere. Aiutaci a farlo sempre meglio, per sempre più persone: aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal.

E chi non aderisce è Paolo Mieli

OttolinaTV

23 Gennaio 2024

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