Pink is the new black? Il femminismo dell’industria cinematografica
“And here are all the male nominees” annunciò Natalie Portman con un sorriso tirato alla cerimonia dei Golden Globes del 2018. Questa battuta, che ha fatto il giro dei social network, è la testimonianza di una nuova ventata che soffia da qualche tempo sul mondo del cinema. Sempre nel 2018, 82 donne hanno sfilato sui gradini di Cannes per protestare contro una rassegna cinematografica ancora troppo maschile. Le donne stanno rivendicando la loro presenza nell’industria audiovisiva: mentre le donne rappresentavano solo il 4% della regia e il 28% del professionismo del cinema in tutte le posizioni lavorative del settore nei primi 100 film statunitensi nel 2016, c’è stato un netto aumento della loro rappresentazione dopo il 2017; nel 2020 hanno occupato il 34% delle posizioni chiave dietro la macchina da presa e hanno rappresentato il 16% della regia nei primi 100 film statunitensi dell’anno.
Ad essere cambiati sono anche i contenuti dei film: i racconti di donne realizzati da donne e per le donne hanno ricevuto un nuovo slancio e queste storie hanno scombussolato un mondo narrativo dominato da limitati archetipi femminili. Per esempio Netflix, che si vanta di promuovere contenuti inclusivi e di essere il campione non ufficiale della diversità: il successo di Le terrificanti avventure di Sabrina, Glow e il suo sguardo sul wrestling femminile o, più recentemente, I Am Not Okay With This, La Regina degli Scacchi o Emily In Paris. Non da meno è stato il 2023 che ha visto l’uscita di pellicole di grande successo che hanno riproposto riletture più o meno pop dell’immagine della donna e del suo ruolo: Barbie del 2023 diretto da Greta Gerwig; Povere creature, sempre del 2023, diretto da Yorgos Lanthimose , C’è ancora domani di Paola Cortellesi. Insieme alla professoressa Anna Cavaliere, che avevamo già conosciuto a settembre in occasione della discussione sull’ultimo libro di Nancy Fraser Capitalismo cannibale, oggi proviamo a capire qual è l’immagine della donna che ci ha proposto la grande produzione cinematografica nell’ultimo anno: emancipazione della donna o appiattimento a nuove identità precostituite che ci dicono ben poco dell’emergenza della condizione femminile?
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brave grazie mi avete fatto ringiovanire di 60 anni!
ricordo slogan come ” il personale è politico” vorrei sottolineare come oggi stia passando il concetto che che l unico modo di liberarsi per una donna sia di essere un uomo, ora se una vuol fare il militare o guidare un treno non solo deve poter farlo senza nessun problema, ma il punto della liberazione femminile non è assolutamente questo anzi considerarlo centrale rappresenta la fine della lotta di liberazione della donna. il vero punto è il riconoscimento sociale e politico del ruolo femminile a cominciare dalla riproduzione . ora il discorso è complesso ed articolato , come donna devo avere la stessa dignità e diritti e riconoscimento sociale e politico sia che faccia l’astronauta la casalinga o tutte e due le cose. Senza di ciò non ci potrà essere alcun progresso , non sviluppo, e si perpetuerà la condizione attuale che come è evidente è disastrosa sotto tutti i punti di vista
grazie e buona lotta