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L’impasse dell’impero dopo il capolavoro iraniano

Carissimi ottoliner, anche oggi, prima di passare alle cose serie, un brevissimo aggiornamento sulla nostra travagliata love story col bimbo prodigio dell’analismo geopolitico fai da te del Tubo, il dottor Parabellum 7 cervellum; grazie alla sua sconfinata cultura e alla sua irraggiungibile perspicacia, Parabellum 7 cervellum, infatti, è riuscito a dimostrare una cosa che ci mette profondamente in imbarazzo: facciamo giornalismo scandalistico e puntiamo alla pancia dei complottari più buzzurri con la favoletta del noncielodikono. La prova provata? E’ sotto i vostri occhi: il nostro motto, il media del 99% che voi ingenuotti pensavate fosse un tributo all’arcinoto slogan di Occupy Wall Street; non a caso voi siete sempre e solo i soliti poveri comunisti e Parabellum 7 cervellum, invece, è CEO di un celebre think tank e vi svela un segreto: “Prendi ad esempio la presentazione di Ottolina” ha raccontato sul canale di Iban Grieco, “loro dicono raccontiamo quello che il 99% della gente non vi racconta” e giù risate. “Cioè” continua “se lo dicono da loro: noi siamo portatori di quella verità alternativa. Io” conclude “non ho mai scritto una cosa del genere sul mio canale”; visto il livello culturale, direi che la cosa stupefacente è che – comunque – sa scrivere e, a quanto pare, anche in modo efficace: grazie a un suo reclamo, infatti, Youtube c’ha buttato giù per la seconda volta il video che lo riguarda. L’altra volta la scusa era il copyright, ora la privacy.
Non gli deve rodere poi tanto, dai; l’ha presa benissimo, talmente bene che, tra una crociata contro i complottisti e l’altra, ha anche elaborato una sua teoria del complotto: secondo Parabellum 7 cervellum, infatti, tutti i video emersi ultimamente che dimostrano come il nostro raffinato analista abbia citato spesso dati a sproposito (ma, soprattutto, abbia completamente ribaltato la sua idea sul ruolo della NATO nel conflitto Ucraino) sarebbero frutto di un coordinamento tra noi, Andrea Lombardi, Dazibao e non so chi altro, intervenuti per difendere il nostro leader maximo Marco Travaglio dopo che, con le sue argomentazioni ficcanti nella fantastica realtà parallela in cui vivono i liberioltristi, lo aveva asfaltato in diretta streaming. Non ha esplicitato, però, a che titolo e in che modo siano intervenuti anche i servizi cinesi, gli hacker nordcoreani e i delfini soldati di Putin, ma non ho dubbio che, prima o poi, riuscirà a svelarcelo; e, con questo, abbiamo finito l’ormai immancabile appuntamento quotidiano con le fantastiche rivelazioni di Parabellum 7 cervellum e torniamo a occuparci di cose serie.
Anzi, no, perché qui la situazione è drammatica, ma non seria: impanicati per le potenziali conseguenze di un’eventuale reazione muscolare da parte di Israele, dopo che sabato l’Iran ha dimostrato di essere in grado di colpire tutti gli obiettivi militari che vuole all’interno dello Stato genocidario di Israele, la propaganda suprematista è alla disperata ricerca di un qualche trofeo simbolico da offrire in pasto all’opinione pubblica e al regime suprematista di Tel Aviv come contentino. Ed ecco, immancabile, il titolone del Corriere della serva: Spinta per le sanzioni all’Iran, spiattella a 6 colonne in prima pagina; Dagli USA alla UE: studiamo le misure. Uno studio, tutto sommato, piuttosto semplice anche per degli alunni non particolarmente brillanti come i camerieri delle oligarchie che guidano le istituzioni dell’Occidente collettivo; la minaccia delle sanzioni, infatti, rischia non essere esattamente uno spauracchio efficace, soprattutto dal momento che l’Iran le sanzioni secondarie illegali degli USA (che l’impero di Washington, grazie alla dittatura del dollaro, impone anche a tutti gli altri) sono in campo ormai da oltre 40 anni e, cioè, da quando la rivoluzione khomeinista ha liberato il paese da quel pupazzo dello Scià messo lì dagli USA con un colpo di stato per rovesciare il governo popolare e sovranista di Mossadeq, e riguardano sostanzialmente tutto, aiuti umanitari e farmaci salvavita compresi.

Maurizio Belpietro

Lo ricorda, in un editoriale totalmente delirante, anche Maurizio Belpietro su La Verità, solo che per lui, appunto, è cosa buona e saggia perché è un’arma di distruzione di massa che permette democraticamente di affamare gli iraniani e mettere in ginocchio la repubblica islamica e di proteggere gli interessi di quella che ancora oggi, dopo 15 mila bambini sterminati, definisce serenamente l’unica democrazia del Medio Oriente; Belpietro, anzi, ricorda come – per un paio d’anni – il ricorso sistematico a questa arma di distruzione di massa sia stato leggermente indebolito. Ed è stata proprio quella la causa di tutti i mali: Se l’Iran minaccia il mondo, è infatti il titolo dell’editoriale, ringraziate i Dem USA; Belpietro ricorda infatti come Obama, come sempre, s’era fatto guidare dal cuore tenero e dall’infantilismo politico tipico dei democratici e aveva concesso all’Iran una riduzione delle sanzioni unilaterali illegali. In cambio, ovviamente, Obama aveva pensato di poter ottenere che l’Iran rinunciasse allo sviluppo del nucleare, per permettere a Israele di essere l’unico paese della regione a detenere segretamente il nucleare al di fuori di ogni accordo internazionale e garantire, così, la supremazia strategica dell’avamposto coloniale dell’imperialismo USA; ma siccome – si sa – gli iraniani sono cattivi, invece che sfruttare questa possibilità “per migliorare le condizioni di vita della propria popolazione… hanno usato quei soldi per armarsi e per riempire gli arsenali di una serie di movimenti terroristi dell’area, senza mai sospendere il programma nucleare”. Ovviamente l’AIEA, in realtà, dopo le sue ispezioni affermava il contrario, ma anche Saddam diceva di non avere le armi chimiche e poi Powell dimostrò il contrario con una fialetta piena di borotalco all’ONU.
Fortunatamente, però, dopo quel bambinone di Obama arrivò alla Casa Bianca un vero macho tutto d’un pezzo come Trump che, dietro consiglio di un vero statista integerrimo come John Bolton, “stracciò l’accordo con Teheran” e dichiarò guerra agli ayatollah, tra embargo, accordi di Abramo per saldare il progetto coloniale israeliano alle monarchie assolute del golfo e una bella dose di omicidi extra giudiziali ed extraterritoriali che, insieme alle sanzioni illegali, sono il vero simbolo della democrazia e dello stato di diritto con caratteristiche statunitensi; peccato, però, che dopo questa età dell’oro alla Casa Bianca siano tornati uomini senza banana arancione e senza spina dorsale che, da bravi traditori dei veri valori dell’Occidente, le sanzioni hanno deciso di allentarle e hanno permesso così all’Iran di tornare a sostenere “Hezbollah, Houthi, Hamas e qualsiasi altro movimento di tagliagole in attività nel mondo islamico” (a parte quelli democratici addestrati e foraggiati da Israele, dagli Stati Uniti e dalle illuminate petromonarchie del Golfo, ovviamente) e ora, continua Belpietro, “L’agenzia nucleare mondiale ci informa che gli ayatollah sono a un passo dalla produzione della bomba atomica”. “Insomma” conclude Belpietro, “grazie a Obama, Clinton e Biden siamo sull’orlo di una nuova guerra, che non riguarda il Medio Oriente, ma tutto il mondo”.
Ora, io di cazzate – come sapete – sono abituato a leggerne tante, ma un intero editoriale dove non c’è nemmeno una, e dico una, notizia non dico vera, ma nemmeno verosimile, forse non m’era mai capitato (e meno male che il giornale si chiama La Verità); l’Iran infatti, al contrario di cosa farfuglia Belpietro, il ramo di ulivo offerto da Obama l’ha utilizzato per dare un po’ di respiro alla sua popolazione e alla sua economia, eccome: tra il 2012 e il 2015, infatti, con l’inasprirsi delle sanzioni l’Iran aveva subìto un tracollo economico impressionante che aveva visto il PIL passare da 640 a 400 miliardi; peggio di una guerra – e con altrettanti morti. Allentate le sanzioni, che – ribadiamo – non è una concessione, ma solo un ripristino di un minimo di legalità internazionale, l’economia iraniana ha ripreso a correre: oltre il 20% in due anni, due anni di attività frenetiche e di grandi aspettative. Se Belpietro, tra una propaganda suprematista e l’altra, avesse parlato non dico con qualche antimperialista, ma anche solo con qualche imprenditore italiano (di quelli che dice di difendere e rappresentare) lo saprebbe benissimo, a partire proprio da quelli politicamente più vicini a lui: ad esempio, dallo stesso Adolfo Urso, che aveva colto l’occasione al balzo e aveva fondato una società di consulenza per le aziende ad hoc.
Un periodo che ricordo benino perché, a differenza di Belpietro, ogni tanto (per mia disgrazia) ho anche lavorato e dovevo andare con una delegazione di imprenditori italiani a Teheran per documentare alcune trattative molto importanti e promettenti, a partire dai mega progetti di ammodernamento della rete ferroviaria – dove l’Italia e alcune sue eccellenze l’avrebbero fatta da padroni – fino a che non arrivò parrucchino e la sua gang di guerrafondai suprematisti che, su richiesta dello stato terrorista di Tel Aviv, mentre in Siria foraggiavano insieme il terrorismo islamista della peggior specie, ingaggiarono una guerra per la distruzione e il regime change a Teheran e l’Italia perse di botto commesse da centinaia di milioni e potenzialmente, in prospettiva, plurimiliardarie. E l’Iran ripiombò nella crisi e comprese che ogni tentativo di trovare un nuovo dialogo con l’Occidente era del tutto velleitario. L’unico obiettivo degli USA era impedire in ogni modo la stabilità di uno Stato sovrano nella regione che mettesse a rischio il suo progetto imperiale e neocoloniale, e l’obiettivo dell’Europa, molto banalmente, non c’era: era solo obbedire a Washington e smentire sistematicamente accordi presi il giorno prima; da lì, tutti gli sforzi della repubblica islamica si sono concentrati nell’organizzazione dell’asse della resistenza per mano di uno dei più grandi strateghi militari degli ultimi decenni, il leggendario generale Soleimani, poi barbaramente assassinato da Washington nell’ennesimo omicidio extragiudiziale.
La bomba più eclatante, però, Belpietro la tira quando afferma che l’IAEA (che non sa manco come si chiama) avrebbe affermato che “Gli ayatollah sono a un passo dalla bomba atomica”; peccato che, durante la conferenza stampa di martedì, Rafael Grossi, che dell’IAEA è il direttore generale, abbia detto esplicitamente che “Per quanto riguarda l’Agenzia non abbiamo alcuna informazione o indicazione che l’Iran abbia un programma di armi nucleari” . L’editoriale infarcito di fake news di Belpietro, purtroppo, però è soltanto il caso più sguaiato ed eclatante di una propaganda che dalla notte di sabato lavora instancabilmente per tentare di rovesciare completamente la realtà e, ancora una volta, trasformare l’aggressore in aggredito, fino al paradosso. Il nostro amico Paolo Ferrero, ex ministro della solidarietà sociale, ieri infatti è stato intervistato da una piccola radio: Ferrero, ovviamente, ha ricordato il precedente dell’attacco illegale criminale del regime genocida al consolato iraniano di Damasco, al che il giornalista ha spiazzato tutti ed ha chiesto “Ministro, ma lei come ha saputo di questo bombardamento contro l’ambasciata iraniana? Perché io non l’ho letto da nessuna parte”; ma non solo, perché oltre a ribaltare platealmente il rapporto aggredito – aggressore, nell’agenda della propaganda suprematista, infatti, ci sono almeno altre due partite altrettanto importanti.
La prima è decantare la supremazia militare dell’uomo bianco, che non può mai essere confrontata con quella dei popoli inferiori, ma – come ricorda anche Guido Olimpo sul Corriere della serva – a febbraio la TV di Stato iraniana aveva trasmesso in pompa magna una strana esercitazione militare: in un poligono, erano stati ricostruiti degli hangar che assomigliavano in tutto e per tutto alle strutture della base di Nevatim, la famosa base aerea del deserto del Negev, che sono stati raggiunti da una selva di missili con gittate dai 1.400 ai 2.000 chilometri e, cioè, esattamente quello che è successo sabato scorso; nello sciorinare le altissime percentuali di abbattimenti effettuati con successo dalla possente alleanza messa in piedi in fretta e furia dagli USA a sostegno del genocidio, si dimenticano di sottolineare che, per la stragrande maggioranza, si trattava di droni da due bicci che sono stati lanciati apposta per essere abbattuti, ma che, per essere abbattuti, hanno impegnato una bella fetta dell’antiaerea che ha lasciato dei buchi grossi come case dove i missili veri, invece, sono passati eccome. Risultato: gli obiettivi militari che l’Iran voleva dimostrare di essere in grado di colpire e, cioè, tre installazioni (tutte e tre coinvolte, a vario titolo, nell’attacco criminale al consolato iraniano di Damasco), sono stati tutti colpiti. L’entità dei danni non è chiara, ma, con ogni probabilità, sono minimi – e graziarcazzo, non era quello lo scopo: lo scopo era semplicemente dimostrare che l’Iran è in grado, dal suo territorio, di colpire gli obiettivi che vuole.
La seconda partita, invece, è quella di dimostrare che in ballo non c’è la guerra tra l’imperialismo colonialista bianco e il resto del mondo, ma che abbiamo un sacco di amici anche nell’islam moderato – e, cioè, quello delle monarchie, meglio se assolute; il culmine del trash della propaganda woke al servizio di questa retorica coloniale l’ha toccato La Stampa con un articolo imbarazzante di Francesca Paci, scandalizzata perché “La sfida del velo non ci scalda più”, una battaglia coraggiosa per permettere alle donne gazawi di essere sterminate liberamente senza velo.
Ma – al di là delle solite trashate dell’imperialismo delle ZTL – in questa partita c’è anche un aspetto decisamente più inquietante: sin dall’inizio, infatti, si è giocata una partita delicatissima sul ruolo dei paesi arabi nell’alleanza che ha intercettato l’attacco iraniano. Quali paesi arabi siano stati coinvolti, e come, rimane ancora ad oggi un mistero; una cosa però è certa: se hanno aiutato Israele, lo hanno fatto contro le loro opinioni pubbliche che, anche laddove abbiano una pessima opinione dell’Iran, ovviamente questo sentimento non è comparabile con il disprezzo viscerale per l’entità sionista e l’imperialismo USA. Ergo, anche nel caso venga confermata la loro collaborazione, il loro interesse fondamentale è che rimanga tutto dietro le quinte (come d’altronde sono sempre rimaste le trattative e i negoziati, in particolare tra sauditi e israeliani) e tutto questo ancora prima che Israele sterminasse decine di migliaia di bambini e affamasse tutti gli altri; e visto che questi eventuali partner locali per Israele e per l’imperialismo USA sono fondamentali e sono in una posizione delicatissima, a rigor di logica il primo obiettivo della nostra propaganda dovrebbe essere quello di negare un loro ruolo anche di fronte all’evidenza.
Eppure, a questo giro, è successo esattamente il contrario: nonostante non vi siano notizie certe – e nonostante sauditi ed emiratini abbiano addirittura evitato sistematicamente anche solo di condannare l’operazione iraniana, al contrario di quanto avvenuto nel caso dell’attacco terrorista di Tel Aviv al consolato iraniano di Damasco, prontamente condannato in mondovisione da tutte le cancellerie dell’area – già domenica tutti i nostri media di regime sottolineavano con forza il ruolo attivo dei paesi arabi; forse, come dice Parabellum, sono diventato complottista e cavalco la retorica del noncielodikono, ma a me, sinceramente, questa roba mi è puzzata un po’ di operazione piscologica spinta dai servizi sin da subito. E quel sospetto è diventato, ieri, un’ossessione quando su La Stampa ho visto questa intervista qua: un giornalista anonimo intervista un riservista anonimo israeliano che parla di piani anonimi che prevedono il coinvolgimento anonimo di paesi arabi anonimi; quanto sono complottista inside, da 1 a 10, se mi viene il sospetto che questo articolo l’abbia pubblicato direttamente l’intelligence senza neanche passare dalla redazione? “Ci sono rapporti e smentite a proposito del ruolo svolto dai paesi arabi” chiede l’intervistatore anonimo; “qual è stato l’apporto degli stati arabi?”. “Quello che posso dire” risponde il riservista anonimo “è che per dispiegare questo tipo di difesa, in grado di bloccare un attacco di quella portata, abbiamo utilizzato risorse che non sono solo di dominio israeliano. E che a livello di spazio aereo, per affrontare qualcosa che viene da est, abbiamo dovuto volare da qualche parte a est di Israele, sopra territori che sono al di fuori dei nostri confini. Tutto è stato fatto in coordinamento, ma non posso entrare nel dettaglio di chi esattamente ha fatto cosa”; “Cosa comporta la cooperazione, in materia di sicurezza, tra Israele e i partner arabi?” rilancia l’intervistatore anonimo: “Non aspettatevi che condivida i termini esatti dell’accordo, sempre che esista questo tipo di documento. Come si può immaginare, se uno Stato partecipa a questo tipo di coordinamento e ti permette di sorvolare il suo spazio aereo, si tratta di una relazione unica. Non sono qui per svelare alcun segreto. Ma chiunque sappia fare due conti, se si pensa a un missile che vola da centinaia di chilometri verso Israele e si vuole intercettarlo prima che arrivi a destinazione, bisogna volare in cieli altrui. E non è stato certamente fatto senza chiedere permesso”.
Ora, io purtroppo non ho il curriculum di Giuliano Ferrara e devo dire che non ho mai avuto a che fare con nessun servizio di intelligence; quindi, in realtà, esattamente come operano non lo so, ma questa intervista dove nessuno dice niente, priva di ogni qualsivoglia minimo riferimento a qualcosa di verificabile, che può voler dire tutto e il contrario di tutto, tutto sotto forma anonima, non è proprio palesemente e platealmente una roba da servizi?
Ora, ovviamente qui c’è un aspetto piuttosto comprensibile che è, appunto, la necessità dell’imperialismo di far finta di fare anche gli interessi almeno di pezzi di popolazione locale, una battaglia di propaganda che ha assunto toni paradossali nel solito articolo di Di Feo: USA, Israele e sunniti: la nuova alleanza che ha fornito lo scudo politico militare anti-Iran, titolava; cioè, non i loro governi dispotici, ma proprio i sunniti come etnia che, ovviamente, prima di dare una mano al regime genocida che sta sterminando in diretta streaming i loro fratelli, si tagliano un braccio. Come ha riportato candidamente anche Deutsche Welle per mano del suo inviato in Giordania: “L’Iran non è popolare in Giordania, in generale, ma rifiuto l’intercettazione dei missili iraniani da parte della Giordania e il suo coinvolgimento involontario in questa guerra” avrebbe affermato una manifestante pro Palestina che, secondo la giornalista, rappresentava lo spirito diffuso nella piazza. Nelle ore successive, diverse fonti saudite, tra cui al Arabiya, hanno riportato dichiarazioni anonime che escludevano categoricamente ogni coinvolgimento saudita nell’alleanza costruita in fretta e furia dagli USA a difesa del genocidio. Ovviamente non significa che sia vero, anzi; ma ovviamente, immagino – che abbiano dato un sostegno o no – vedersi sputtanati così su tutti i media occidentali non credo gli abbia fatto piacere. E non credo che aumenti la capacità di USA e Israele di riportarli nettamente dalla loro parte, dopo le manovre di avvicinamento agli iraniani magistralmente coordinate l’anno scorso dalla diplomazia cinese.
Sarò ottimista, ma in questa maldestra operazione psicologica da parte della propaganda occidentale io vedo un chiaro segno di debolezza che non può che spostare ulteriormente i rapporti di forza a favore dell’asse della resistenza e convincere ancora di più le petromonarchie che il regime coloniale non è più in grado di garantirne la sicurezza in opposizione alle forze popolari e antimperialiste dell’area e che, se vuole tentare di far sopravvivere il suo regime feudale, deve provare attivamente a trovare un nuovo equilibrio regionale che le permetta di emanciparsi dal ruolo di cagnolino obbediente dell’imperialismo. L’operazione psicologica fatta dall’impero ai danni dei suoi partner arabi, da questo punto di vista, potrebbe essere un tentativo disperato di entrare a gamba tesa sulla dialettica interna a questi paesi per metterli di fronte a un fatto compiuto: è inutile che vi arrampichiate sugli specchi per dimostrare all’opinione pubblica della regione che non siete gli utili idioti dell’imperialismo, perché vi abbiamo già sputtanato. E potrebbe anche essere il tentativo di fornire un assist alle fazioni più filo-occidentali e più dubbiose sulla possibilità di costruire una nuova distensione con l’Iran e l’asse della resistenza che non metta automaticamente a rischio la sopravvivenza del loro regime premoderno.
Una cosa è certa: l’era dove USA e Israele colpivano a destra e manca senza dover temere le ripercussioni e disponendo a loro piacimento degli Stati pupazzo dell’area sembra essere definitivamente tramontata ed essere ancora in salute solo nella propaganda delle SS, gli specializzati in stronzate che ancora parassitano il nostro sistema mediatico. Mentre l’asse della resistenza dà il benservito all’imperialismo, noi almeno facciamo la nostra parte per dare il benservito ai suoi pennivendoli. Aiutaci a costruire un vero e proprio media alternativo, che dia voce al 99%: aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal.

E chi non aderisce è Maurizio Belpietro

OttolinaTV

18 Aprile 2024

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