Skip to main content

Happycrazia: come la scienza della felicità ci fa assistere a un genocidio con ottimismo

Il genocidio in corso a Gaza per gli USA rappresenta un grattacapo di dimensioni cosmiche: da un lato il sostegno ad Israele, avamposto dell’imperialismo USA in Medio Oriente, è fuori discussione, come è fuori discussione la dipendenza di chiunque ambisca alla Casa Bianca dal sostegno della gigantesca e onnipresente lobby sionista statunitense; dall’altro, però, la guerra regionale che il genocidio rischia di far deflagrare è un lusso che gli USA, alla disperata ricerca di un modo per contenere manu militari l’inarrestabile ascesa cinese nel Pacifico, molto semplicemente non si possono permettere. Ma c’è anche dell’altro: da quando Israele ha definitivamente gettato la maschera sulla feroce natura suprematista e genocidiaria del suo regime coloniale, negli USA – e, in particolare, tra le giovani generazioni – si è fatta strada una vera e propria rivoluzione culturale di portata epica; per la prima volta nella storia del paese, la maggioranza della popolazione si è dichiarata favorevole alle istanze del popolo palestinese oppresso invece che a quelle del regime oppressore.

Rania Khalek

Un cambio di paradigma estremamente pericoloso per la tenuta stessa dell’egemonia dell’imperialismo USA, soprattutto dal momento che, all’opinione, è seguita anche la mobilitazione di dimensioni che non si vedevano dai tempi del Vietnam e un pezzo fondamentale di questa mobilitazione, è stata lei: si chiama Rania Khalek ed è uno dei volti di una delle più interessanti esperienze di controinformazione del web globale; si chiama BreakThrough News ed è la punta di diamante del variegato mondo dell’informazione antimperialista militante e, in particolare per noi di Ottolina Tv, una continua e inesauribile fonte di ispirazione anche perché, proprio come prevede il progetto di Ottolina, è molto di più di un canale Youtube. E’ il braccio mediatico di un movimento popolare che, giorno dopo giorno, sta guadagnando spazio nel cuore dell’impero: si chiama People’s forum e, come recita il loro sito, è “Un incubatore di movimento per la classe operaia e le comunità emarginate per costruire l’unità oltre le linee storiche di divisione in patria e all’estero”; con Rania abbiamo affrontato la tragedia del massacro in corso a Gaza e come, da quel massacro e dall’eroica resistenza del popolo palestinese non solo possiamo, ma dobbiamo trarre le energie necessarie per ricostruire un vero movimento antimperialista nell’Occidente collettivo che, al fianco dei popoli del Sud globale, metta fine a 5 secoli di feroce dominio della piccola tribù degli uomini bianchi sul resto del pianeta. Ma prima della voce di Rania, una piccola divagazione che, in realtà, ha molto a che vedere anche con la sua intervista perché mercoledì scorso le Nazioni Unite hanno pubblicato l’aggiornamento annuale dell’indice sulla felicità globale e Israele svetterebbe in quinta posizione su 143 paesi. Sterminare un intero popolo, a quanto pare, è fonte di felicità; com’è possibile?
Siete depressi per la crisi economica, i vari stermini di massa che ci circondano e per il pianeta che procede dritto verso l’autodistruzione? Beh, rimandate tutto a domani perché oggi si festeggia! Come tutti gli anni a partire dal 2012, infatti, oggi 20 marzo si festeggia nientepopodimeno che la giornata internazionale della Felicità che non è più un’ambizione e tantomeno un diritto, ma un vero e proprio dovere; benvenuti nell’era dell’HappyCrazia dove, se sei triste, sotto sotto – necessariamente – sei anche un po’ stronzo e, alla fine del giro, te la sei cercata: è questa, in estrema sintesi, la tesi di fondo della cosiddetta scienza della felicità e, cioè, la scienza che dovrebbe consentire a ogni individuo “di individuare e rafforzare i tratti positivi che già possiede in termini di serenità, ottimismo e progettualità, al fine di vivere sempre ai massimi livelli del proprio potenziale di benessere”; sono le parole usate direttamente da Martin Seligman, autore di testi dai titoli accattivanti come Imparare l’ottimismo, Come crescere un bambino ottimista, La costruzione della felicità. La cosa grave, però, è che non ci troviamo semplicemente di fronte a uno degli innumerevoli imbonitori da strapazzo che si fanno d’oro grazie al fiorente e delirante mercato delle vaccate motivazionali; Seligman, infatti, è stato a lungo nientepopodimeno che il presidente dell’American Psychological Association che, con la bellezza di 117500 membri, è l’associazione di psicologi più importante dell’intero Occidente collettivo e che detta la linea a tutti gli altri, una la linea che dal suo famoso discorso del 1998 è piuttosto chiara: gli sforzi degli psicologi non si devono più indirizzare alla cura della patologie mentali, ma a rendere la vita di tutti più appagante e, soprattutto, più produttiva – e non c’è al mondo persona più produttiva di una persona felice. Da lì in poi, per le masse teleguidate è stata tutta un’escalation di rinforzi positivi: “Se vuoi puoi”, “Se puoi sognarlo, puoi farlo” e via cianciando; la felicità, insomma, è qualcosa che è sempre a portata di mano e se non sei in grado di comprenderla e di afferrarla, nella migliore delle ipotesi è perché sei un po’ choosy e non ti impegni abbastanza; nella peggiore, appunto, sei proprio stronzo, una retorica che fa il paio con la fama che, negli ultimi anni, si è guadagnato il concetto di resilienza.

Il trait d’union è piuttosto evidente: ti girano i coglioni perché fai un lavoro di merda e le relazioni sociali – in un mondo distopico fondato sull’iperindividualismo e la mercificazione di qualsiasi ambito vitale – ti mandano in paranoia? Ma fottitene! Coltiva il tuo orticello e pensa al successo e alla salute; un’ideologia che – scrivono Edgar Cabanas e Eva Ilouz nel loro Happycracy, come la scienza della felicità controlla le nostre vite – permette “di scaricare sulle spalle dei dipendenti i problemi legati all’instabilità del mercato, alla scarsità delle prospettive d’impiego, all’inefficacia strutturale del sistema e alla concorrenza”. Ma la scienza della felicità non si limita a tentare di convincerci che il mondo è bello com’è e che se, non ci piace, è solo perché siamo degli inguaribili frignoni; va ben oltre: “Le ricerche sulle banche dati” dei paladini del giustificazionismo delle ingiustizie e delle diseguaglianze, sottolineano infatti Cabanas e Ilouz, arriverebbero a dimostrare addirittura che “la disparità economica e la concentrazione del capitale hanno un rapporto positivo con la felicità” e che “più le diseguaglianze sono marcate e più gli individui sono contenti perché vedono maggiori opportunità per se stessi”. Insomma: un potentissimo apparato ideologico teso a fornire alle più feroci politiche neoliberiste nientepopodimeno che un fondamento scientifico basato sulle caratteristiche intrinseche dell’essere umano stesso; “Sotto la veste del positivismo” sottolineano, infatti, i due autori “lo studio scientifico della felicità umana ha trasformato questa nozione in un potente strumento ideologico, che sottolinea la responsabilità individuale per il proprio destino e veicola valori fortemente individualisti, camuffandoli da teorie psicologiche ed economiche”. Grazie a questa fuffa scientista, così, l’equa redistribuzione dei redditi, una sanità efficiente e alla portata di tutti e, in generale, i pilastri dello stato sociale diventano magicamente contrari agli interessi stessi di chi si vorrebbe difendere, un approccio profondamente reazionario che ormai permea completamente la psicologia collettiva e che si traduce in un concetto molto semplice e molto comodo per le élite al potere: a cambiare devono essere le persone, non la società.
Contrariamente al senso comune di noi residuati bellici del ‘900, la felicità non è più un obiettivo da perseguire una volta che sono state soddisfatte le condizioni basilari di serenità e sicurezza economica, ma, al contrario, diventa un prerequisito per il raggiungimento delle stesse; a incarnare al meglio i valori fondanti di questa ideologia distopica, ovviamente, non possono che essere gli imprenditori: “Resiliente, strategico, autonomo, temerario e motivato” sottolineano Cabanas e Ilouz, “l’imprenditore viene visto come il motore del cambiamento sociale e del progresso economico: il cittadino neoliberista per eccellenza”. In questa ottica, il perseguimento della felicità diventa l’unico imperativo morale possibile immaginabile: essere felice è un dovere e qualsiasi azione compiuta per raggiungere la felicità è non solo giustificata, ma dovuta; “Seligman” ricordano i nostri due autori “afferma che qualsiasi azione derivata dall’espressione delle proprie qualità individuali è per forza felice, e poco importa se si sta parlando di un sadomasochista che che gode ad ammazzare le persone […], o di un killer che trae enorme gratificazione nel pedinare e poi trucidare le sue vittime […]”. Ed ecco, così, come si spiega il quinto posto nella classifica mondiale della felicità per un paese che sta commettendo il più grande massacro del XXI secolo e anche perché, alla fine, questo dato sconvolgente non ha fatto notizia: se gli piace, chi siamo noi per dirgli di darsi una regolata?

Dimitri d’Andrea

Se volete approfondire il tema, l’appuntamento è per stasera mercoledì 20 marzo alle 21 con la nuova puntata di Ottosofia: a guidarci nei meandri della scienza della felicità ci penserà Dimitri d’Andrea, docente di filosofia politica all’Università di Firenze; nel frattempo, ecco in esclusiva per il pubblico di Ottolina Tv Rania Khalek, la regina dell’informazione antimperialista globale. Disgustati e sconvolti dal comportamento di Israele a Gaza e dal fatto che il proprio paese stia attivamente supportando e contribuendo al primo genocidio in diretta streaming della storia dell’umanità, molti cittadini statunitensi – in particolare i più giovani e gli appartenenti alle minoranze, sostiene Rania Khaelk – stanno cominciando ad aprire gli occhi: mai si erano visti nella storia USA così tanti giovani partecipare a organizzazioni e manifestazioni pro Palestina e mai il partito democratico era stato così tanto in imbarazzo con il proprio elettorato per questioni di politica estera. E non solo: questi movimenti dal basso stanno diffondendo, forse per la prima volta dalla guerra nel Vietnam, anche idee e correnti di pensiero smaccatamente anti – imperialiste e anti – suprematiste, quando addirittura non dichiaratamente socialiste, che cominciano a esercitare un’influenza sempre crescente sulle nuove generazioni e aprono finalmente uno spazio concreto per una svolta storica nella sinistra americana che, fino ad oggi, non si era mai riuscita ad emancipare dall’eccezionalismo suprematista americano. L’esempio di Rania e di BreakThrough ci insegna che per dare basi solide a questo cambio di paradigma, prima di tutto serve lavorare giorno e notte alla costruzione di un vero e proprio media che dia voce al 99% – negli USA come in Italia – e per farlo, proprio come BreakThrough negli USA, abbiamo bisogno del tuo sostegno: aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal.


E chi non aderisce è Giuliano Ferrara

P.S.: L’intervista a Rania che avete visto è un estratto dell’intervista che trovate in forma integrale sul nostro canale Youtube in lingua inglese.

OttolinaTV

20 Marzo 2024

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *