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La Meloni riceve Larry Fink (BlackRock) a Roma e gli svende l’Italia

Nei giorni in cui l’Iran e l’asse della resistenza mandavano un messaggio chiaro e forte all’imperialismo di tutto il mondo, anche l’Italia – e, in particolare, con il suo eroico presidente del consiglio Giorgia Meloni – non ha voluto essere da meno: da poco rientrata da New York dopo aver ritirato l’infame premio di miglior atlantista dell’anno, Giorgia la collaborazionista ha infatti ricevuto a palazzo Chigi Larry Fink, il presidente e amministratore delegato di BlackRock. Il messaggio è stato chiaro: oligarchi di tutto il mondo, unitevi! E fate dell’Italia quello che volete. Nel corso del colloquio, la madre cristiana e Fink hanno infatti discusso dei possibili investimenti del fondo finanziario americano nell’ambito dello sviluppo di data center e nelle infrastrutture energetiche di supporto; e il presidente dell’amministrazione coloniale ha inoltre prospettato al fondo di investimento americano l’opportunità di investire in Autostrade e in altri settori di natura strategica. Ma i due punti principali dell’incontro sono stati la possibilità di creare strumenti finanziari specifici da parte di BlackRock nell’ambito del famoso Piano Mattei e la definizione di prestiti obbligazionari per la ricostruzione dell’Ucraina, concepiti da BlackRock e garantiti politicamente dall’Italia; Blackrock che, ricordiamolo, gestisce un patrimonio di 10 mila miliardi di dollari (il valore del PIL di Germania e Giappone messi insieme) ed è tra i primi azionisti di gran parte delle grandi aziende occidentali, Italia inclusa. Negli ultimi giorni, Giuliano vi aveva raccontato della scalata di UniCredit a Commerzbank proprio grazie alla collaborazione del fondo di investimento e del suo ingresso con una quota del 3% in Leonardo, la principale industria degli armamenti italiana; in fatto di infrastrutture, strategiche o quasi, è bene ricordare che un altro grosso attore statunitense, il fondo KKR, ha recentemente comprato la rete fissa di Telecom Italia per 22 miliardi di euro. Il quadro d’insieme è, insomma, quello che vi abbiamo delineato negli scorsi giorni: siamo di fronte, cioè, al distopico piano di svendita definitiva e totale di quel poco di sovranità economica che c’è rimasta da parte dell’attuale governo di amministrazione coloniale, in cambio di mancette economiche e marchette elettorali. Non solo: i monopoli finanziari Usa hanno oggi l’occasione, grazie alla crisi economica tedesca causata dalla guerra in Ucraina, di porre fine all’anomalia mercantilistica della Germania, unica roccaforte di economia produttiva rimasta in tutto l’Occidente collettivo; e l’idea degli Stati Uniti e delle sue oligarchie, come avevamo approfondito in questa puntata, è proprio quella di sfruttare l’Italia come testa di ponte per sferrare l’attacco definitivo al capitalismo produttivo tedesco, inglobandolo definitivamente ed eventualmente riconvertendolo a scopi bellici qualora il conflitto con il Sud globale si scaldasse ancora. Si tratta, insomma, dell’attacco americano all’ultimo residuo di autonomia economica rimasta nel nostro continente e il nostro Paese, tradendo ogni forma di interesse comune europeo, ha deciso di svolgere il ruolo del traditore e del Giuda.

Guerre, crisi climatiche e pandemiche, oligarchie globali, neocolonialismo; oggi, però, volevamo fare un passo ancora più indietro, in modo da osservare tutti questi fenomeni in una prospettiva ancora più globale e strutturale: lo facciamo attraverso l’ultimo Rapporto sulle diseguaglianze economiche dell’organizzazione internazionale OXFAM, dedicato a individuare le cause strutturali delle diseguaglianze economiche e di potere all’interno dei Paesi sviluppati, ma anche sul piano globale e internazionale. Concentrazione della ricchezza, neoliberismo, oligarchie finanziarie, capitalismo della guerra: i ricercatori di OXFAM, in uno studio che potrebbe tranquillamente essere firmato da un Marrucci o uno Xi Jinping qualunque, sostengono quello che è ormai sotto gli occhi di tutti e che solo da cavallo di Troia della propaganda capitalista e suprematista riescono ancora a nascondere e mistificare agli occhi di milioni di occidentali e, cioè, che la causa fondamentale dei problemi locali e globali che l’umanità è oggi costretta ad affrontare in termini di sottosviluppo, guerre, cambiamento climatico ed emergenze sanitarie è data dalla concentrazione di sempre più sconfinate ricchezze nelle mani di sempre meno individui occidentali, nordamericani in particolare. “Sebbene alcuni abbiano attribuito la colpa di questa situazione di stallo esclusivamente alle crescenti tensioni geopolitiche tra Paesi potenti” si legge nel rapporto “tale impostazione è incompleta. La ragione principale del fallimento della cooperazione internazionale è piuttosto l’estrema disuguaglianza economica. Oggi, l’1% più ricco del mondo possiede più ricchezza del 95% dell’umanità”; questa concentrazione della ricchezza porta, come primo risultato, una concentrazione tale di potere che il rapporto non si fa alcun problema a deridere tutti gli Jacoboni del mondo che cercano di farci credere che viviamo ancora in società democratiche: “L’immensa concentrazione di ricchezza” si legge “guidata in modo significativo dall’aumento del potere monopolistico delle imprese, ha permesso alle grandi aziende e agli ultra-ricchi che ne esercitano il controllo di utilizzare le loro vaste risorse per plasmare le regole globali a loro favore, spesso a spese di tutti gli altri. Questo nesso tra estrema disuguaglianza di ricchezza, potere delle imprese e influenza politica spinge verso un’oligarchia globale, in cui gli individui ultra-ricchi – spesso autorizzati dai Paesi più ricchi – esercitano un’influenza sproporzionata sulle decisioni politiche”. In questo contesto, come vedremo meglio nel dettaglio in questa puntata, parlare di democrazia non ha semplicemente più alcun tipo di senso e lo smantellamento dello stato sociale, il neocolonialismo, la guerra globale e la svendita della nostra comunità nazionale, portata avanti dalla collaborazionista madre cristiana, non sono che il risultato di questi fenomeni strutturali di fondo individuati da questo preziosissimo rapporto. Ma prima di iniziare, se volete che la nostra opera di controinformazione vada avanti e sopravviva a demonetizzazioni, censure e dittature degli algoritmi presenti nelle attuali democrazie rampiniane e jacoboniane, allora iscriviti a tutti i nostri canali e metti mi piace a questo video.
“La ragione principale del fallimento della cooperazione internazionale” si legge nel rapporto dell’OXFAM “è l’estrema disuguaglianza economica. Oggi, l’1% più ricco del mondo possiede più ricchezza del 95% dell’umanità” e “L’immensa concentrazione di ricchezza, guidata in modo significativo dall’aumento del potere monopolistico delle imprese, ha permesso alle grandi aziende e agli ultra-ricchi che ne esercitano il controllo di utilizzare le loro vaste risorse per plasmare le regole globali a loro favore, spesso a spese di tutti gli altri. Questo nesso tra estrema disuguaglianza di ricchezza e potere delle imprese e capacità di influenza politica spinge verso un’oligarchia globale, in cui gli ultra-ricchi – spesso autorizzati dai Paesi più ricchi – esercitano un’influenza sproporzionata sulle decisioni politiche”. Bisognava leggerlo tutto questo incipit del rapporto dell’OXFAM del 2024 sulle diseguaglianze sociali, dal titolo Il multilateralismo nell’era dell’oligarchia globale; come le diseguaglianze estreme minano la cooperazione sociale: le oligarchie del Nord globale – come sostengono da quasi 200 anni quei pericolosi dei socialisti e critici del capitalismo – sono la più grande minaccia alla pace e cooperazione internazionale, con l’aggravante, però, che oggi esistono le bombe nucleari e sfide come l’ambiente o pandemie globali che possono essere risolte solo ed unicamente sul piano internazionale. Mai come oggi, insomma, le oligarchie occidentali rappresentano il maggiore dei pericoli per tutta la razza umana: un vero e proprio cancro sociale che abbiamo tutti più o meno il dovere di fare la nostra parte per debellarlo. E a suscitare un po’ di speranza nei ricercatori dell’OXFAM – noti antisemiti, vetero comunisti e amici delle dittature – non possono che essere naturalmente i paesi del Sud globale: “Solo le recenti iniziative in gran parte guidate dal Sud globale, possono invertire il movimento verso l’oligarchia globale sostituendo la divisione con la solidarietà. Tutti i Paesi dovrebbero avere interesse ad eliminare le concentrazioni estreme di ricchezza che determinano la disuguaglianza politica. Un ordine multilaterale più giusto – in cui i ricchi paghino la loro giusta quota, la salute pubblica sia prioritaria rispetto al profitto e i Paesi possano investire nei diritti umani – alla fine giova a tutti”.
Ma andiamo con ordine e, prima di tutto, vediamo qualche qualche numero e dato riportato nel rapporto; secondo l’economista Gabriel Zucman, scrivono gli autori, la ricchezza è diventata sempre più concentrata a partire dagli anni ’80, quando le fortune dei miliardari sono cresciute più velocemente dell’economia globale nel suo complesso: “Nel 1987, lo 0,0001% delle famiglie più ricche aveva una ricchezza combinata equivalente al 3% del PIL mondiale. Le fortune di queste circa 3.000 famiglie ultra-ricche – valutate collettivamente 14.000 miliardi di dollari – ammontano oggi al 13% del PIL mondiale, con un aumento di oltre quattro volte. Allo stesso tempo, gran parte del mondo rimane impantanato nella povertà. Nel 2023, circa il 46% della popolazione mondiale – oltre tre miliardi di persone – vivrà al di sotto della soglia di povertà globale di 6,85 dollari al giorno”. Il risultato è che un numero sempre più ristretto di aziende hanno letteralmente il monopolio su settori fondamentali come, ad esempio, nel settore farmaceutico, agricolo e tecnologico: sessanta aziende farmaceutiche si sono fuse in appena dieci grandi società tra il 1995 e il 2015; due aziende controllano il 40% del mercato globale delle sementi e quasi la metà della pubblicità digitale va nelle tasche di appena tre aziende. E ancora: a livello globale, l’ 1% più ricco possiede quasi il 43% di tutte le attività finanziarie; “Tuttavia” nota giustamente l’OXFAM “gli ultra-ricchi sono spesso più che semplici beneficiari passivi del potere aziendale, e sono sempre più in grado di influenzare il modo in cui tale potere viene esercitato. Negli Stati Uniti, l’ 0,1% delle famiglie più ricche (quelle con un patrimonio netto superiore a 46 milioni di dollari) possiede quasi un quarto di tutte le azioni societarie e le quote dei fondi comuni, mentre la metà inferiore possiede solo l’1%. I miliardari sono o il principale azionista o amministratori delegati di circa un terzo delle 50 aziende pubbliche più grandi del mondo”. “Più in generale” concludono poi gli autori in vero stile ottoliner “i cambiamenti neoliberali nella governance delle imprese – spinte dagli ultra ricchi per proteggere i valori dei loro portafogli – hanno portato al fatto che oggi possiamo dire che le società agiscono per conto dei più ricchi della società”.
Il legame tra la concentrazione della ricchezza e la concentrazione del potere aziendale contribuisce a far sì che la disuguaglianza di ricchezza si trasformi in disuguaglianza politica: gli ultra-ricchi e le potenti aziende su cui esercitano il controllo sono in grado di usare le loro vaste risorse per fare pressione sui governi – anche attraverso lobbying, donazioni politiche, sfide legali, influenza attraverso i media e minacce di trattenere gli investimenti – per attuare politiche neoliberiste, tra cui la riduzione delle tasse per loro stessi, l’indebolimento delle tutele del lavoro e la privatizzazione dei servizi pubblici. Gli ultra-ricchi spendono anche somme ingenti a titolo individuale per influenzare politici, spesso spingendo per una riduzione delle tasse o per altre politiche che aumentino il valore dei loro beni, comprese le loro partecipazioni sovradimensionate in azioni societarie: “Un’analisi di OXFAM sulle 182 maggiori società pubbliche statunitensi ha rilevato che nel 2022 hanno speso complessivamente 746 milioni di dollari in attività di lobbying, con una media di 4,1 milioni di dollari per azienda. Gli studi hanno rilevato che il lobbismo aziendale può generare ritorni finanziari di gran lunga superiori all’importo speso. OXFAM ha rilevato che, dal 2008 al 2014, per ogni dollaro che le 50 maggiori aziende pubbliche statunitensi hanno speso in attività di lobbying, hanno ricevuto 130 dollari in agevolazioni fiscali e più di 4.000 dollari in prestiti federali, garanzie sui prestiti e salvataggi”. Le politiche neoliberali abbracciate dalle potenti aziende e dagli ultra-ricchi, riflette poi l’OXFAM, non solo hanno aumentato la disuguaglianze economiche, ma hanno anche eroso il senso civico e critico della società occidentali, nonché le istituzioni democratiche che erano proprio nate per controllare il loro potere politico: “La forza dei sindacati è diminuita in quasi tutti i Paesi negli ultimi decenni, e le aziende continuano a lavorare per ridurre ulteriormente i diritti dei lavoratori”. Lo stesso Stato nazionale, nato storicamente anch’esso proprio con la funzione evitare i soprusi e lo sfruttamento dei più forti nella società, è stato – proprio per questo motivo – indebolito: “In diversi Paesi i servizi pubblici essenziali per ridurre le disuguaglianze sono stati sottoposti ad austerità o posti sotto il controllo delle imprese attraverso la privatizzazione”.
La crisi della pace e del multilateralismo poi, a cui stiamo sempre di più assistendo, non è certo una novità, ricordano gli autori; da sempre le nazioni ricche, grazie agli individui ultra-ricchi e alle società da loro controllate che traggono vantaggio e perpetuano l’estrema disuguaglianza, ostacolano gli sforzi internazionali per la creazione società più eque, sforzi oggi guidati dai paesi del Sud del mondo: “Iniziative come la Nuova economia internazionale (NIEO) che miravano a rimodellare il commercio internazionale e i sistemi monetari per colmare il crescente divario tra i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, sono stati soppiantati da un regime di sviluppo neoliberale che pone il profitto privato al di sopra delle necessità sociali. Per tutti gli anni 80’ e 90’, le istituzioni internazionali sono state cruciali nell’instaurare – e spesso nell’imporre – una forma di globalizzazione neoliberale in vari Paesi del Sud globale, fornendo guadagni spropositati a una classe ultra-ricca che manteneva quel paese in uno stato di sottosviluppo”. Oltre a plasmare direttamente le politiche dei propri Paesi, gli oligarchi occidentali usano la loro influenza per plasmare le regole globali in base al loro interesse, spesso a spese dei Paesi a basso e medio reddito; a questo punto l’OXFAM fornisce tre esempi di come l’interconnessione tra estrema disuguaglianza di ricchezza, potere aziendale e influenza politica comprometta la democrazia interna e la cooperazione internazionale anche su questioni cruciali come, ad esempio, lo sfruttamento del pianeta: “Non solo gli ultra-ricchi guidano in modo sproporzionato le emissioni (le emissioni di CO2 del top 1% superano quelle dei due terzi più poveri del mondo, ovvero cinque miliardi di persone), ma sono anche investiti in modo sproporzionato nelle aziende che causano il collasso climatico. Gli investimenti dei miliardari nelle industrie inquinanti sono doppi rispetto alla media dello S&P 500”. Le multinazionali (e i loro ricchissimi proprietari) lavorano incessantemente tutti i giorni per mantenere i propri privilegi ostacolando gli sforzi urgentemente necessari per ridurre le emissioni; lo squilibrio di potere è visibile anche nei negoziati annuali sul clima: “Durante i colloqui sul clima della COP26 nel 2021, ricorda il rapporto, erano presenti oltre 500 lobbisti dei combustibili fossili, più delle delegazioni combinate di otto Paesi – tra cui Pakistan, Bangladesh, Filippine e Mozambico – che sono state gravemente colpiti dal cambiamento climatico. Dei 34 miliardari delegati alla COP28, almeno un quarto ha fatto fortuna grazie a industrie altamente inquinanti come quella petrolchimica, mineraria e della produzione di carne”.
Altro esempio riguarda il sistema fiscale: le oligarchie, come prevedibile, hanno dato forma a un sistema fiscale che favorisce i ricchi a spese degli altri utilizzando meccanismi complessi e schiere di avvocati per pagare il meno possibile e privando, così, i governi di risorse fondamentali; inoltre, decenni di pressioni e lobby hanno creato una corsa al ribasso con una concorrenza distruttiva tra i Paesi per gli investimenti, che ha portato a una riduzione delle imposte su società e individui facoltosi in tutto il mondo. “Questa dinamica intrappola i Paesi in un dilemma del prigioniero, in cui gli ultra-ricchi e le multinazionali sono i carcerieri. La cooperazione internazionale può permettere ai Paesi di liberarsi, ma gli interessi delle multinazionali lavorano per impedire qualsiasi forma di cooperazione che rappresenti una minaccia per i loro interessi”; a causa del calo delle aliquote fiscali individuali e dell’uso aggressivo di strategie di elusione fiscale, gli individui ultra-ricchi hanno spesso aliquote fiscali effettive basse e il sistema attuale consente agli ultra-ricchi non solo di aumentare le loro fortune, ma anche di perpetuarle: le tasse di successione sono diminuite in tutti i Paesi ricchi e quasi la metà dei miliardari del mondo vive in Paesi che non prevedono tasse di successione sulla ricchezza trasmessa ai discendenti diretti. “Questi tagli fiscali regressivi sono stati giustificati da promesse di crescita economica e di posti di lavoro, ma una recente analisi di 50 anni di tagli in 18 Paesi ha rilevato che queste promesse non si sono mai concretizzate. Anzi, l’unico impatto è stato l’aumento delle disuguaglianze”; per non parlare dell’uso aggressivo dei paradisi fiscali – molti dei quali sono stati costruiti da banchieri, avvocati e consulenti del Nord per consentire ai coloni britannici e francesi nei Caraibi e in Africa di proteggere le loro ricchezze dalla decolonizzazione – insieme ad altre strategie di elusione fiscale utile sottrarre risorse necessarie alle economie della classi popolari di tutto il mondo.
Altro esempio fatto da OXFAM è quello relativo alle multinazionali del farmaco: le grandi multinazionali del farmaco hanno esercitato, ad esempio, un’intensa attività di lobbying per plasmare la legge internazionale sulla proprietà intellettuale, assicurandosi che questa andasse a beneficio dei loro azionisti piuttosto che dell’interesse pubblico; concedendo diritti di monopolio alle aziende farmaceutiche, le regole internazionali sulla proprietà intellettuale hanno permesso alle aziende di aumentare i loro profitti limitando la fornitura di farmaci potenzialmente salvavita e resistendo agli sforzi per trasferire la tecnologia ad altre aziende ed altri paesi. “Come la pandemia di Covid-19 ha mostrato in modo vivido” scrivono i ricercatori di OXFAM “questo potere ha conseguenze globali, minando la salute pubblica sia nei Paesi ricchi che in quelli a basso reddito. Le aziende del farmaco hanno esercitato pressioni per bloccare le proposte di rinuncia alle protezioni della proprietà intellettuale durante la pandemia di Covid-19, e continuano a opporsi alle iniziative multilaterali che mirano ad aumentare la fornitura di vaccini e trattamenti per le future pandemie”; a livello globale, le grandi aziende farmaceutiche hanno plasmato il regime internazionale di proprietà intellettuale a vantaggio dei loro azionisti, preservando la capacità di raccogliere profitti enormi da farmaci salvavita. Prima della metà degli anni Novanta, i Paesi potevano stabilire le proprie regole in materia di brevetti, alcune delle quali limitavano la capacità delle multinazionali del farmaco di ottenere diritti di produzione in regime di monopolio: “Le multinazionali farmaceutiche hanno esercitato pressioni per cambiare questa situazione e sono state la forza trainante dell’Accordo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio sugli aspetti della proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS) del 1995, che ha istituito un sistema globale per la gestione dei brevetti che di fatto imponeva a tutti i Paesi di adottare leggi sui brevetti favorevoli alle imprese”. Questo regime di proprietà intellettuale aumenta i costi e limita l’accesso ai farmaci sia nei Paesi a basso che ad alto reddito, ma i suoi impatti negativi sono avvertiti più duramente dai Paesi del Sud globale, che sopportano il peso del cosiddetto razionamento artificiale in cui le aziende farmaceutiche mantengono alti i costi dei farmaci – e quindi i profitti – limitando la produzione di farmaci generici e, contemporaneamente, non investendo nella loro ricerca e sviluppo. Anche durante il Covid, le multinazionali del farmaco hanno cercato di massimizzare i profitti degli azionisti opponendosi alle deroghe ai diritti di monopolio concesse loro dai TRIPS: “Solo nel 2021, le grandi aziende farmaceutiche e i gruppi di pressione hanno speso 15 milioni di euro in attività di lobbying nell’Ue e oltre 360 milioni di dollari negli Stati Uniti. Secondo un rapporto di Politico e del Bureau of Investigative Journalism, le multinazionali hanno persino minacciato di ritirare gli investimenti da Paesi – tra cui l’Indonesia e il Belgio – se avessero appoggiato sforzi di deroga”. L’apartheid vaccinale durante la pandemia di Covid-19 chiarisce che la preparazione alle pandemie è un bene pubblico globale: tutti, compresi i Paesi ricchi, traggono beneficio dalla disponibilità diffusa di vaccini, trattamenti e diagnostici, ma le multinazionali farmaceutiche hanno interesse, invece, a trattarli come beni scarsi; solo nel 2021, la vendita dei vaccini Covid-19 ha generato 50 miliardi di dollari di profitto netto per i sette maggiori produttori. Quell’anno, Pfizer ha versato 8,7 miliardi di dollari in dividendi agli azionisti; questi enormi profitti – sovvenzionati con denaro pubblico e guidati da diritti di brevetto in regime di monopolio – non sono altro che benefici per gli ultra-ricchi: “La pandemia ha creato almeno 40 nuovi miliardari, che hanno accumulato fortune grazie alla loro proprietà di aziende coinvolte nello sviluppo di vaccini, test, dispositivi di protezione personale e trattamenti per la Covid-19”. Per proteggere questi profitti spropositati in caso di future pandemie, le multinazionali del farmaco” conclude il rapporto “stanno esercitando pressioni per influenzare i negoziati sul trattato dell’OMS sulle pandemie, opponendosi a misure che renderebbero più accessibili i vaccini e i trattamenti; in particolare, si sono opposte alle proposte del Sud globale di condividere in modo più equo le terapie, incluse quelle sviluppate con i dati sugli agenti patogeni forniti dagli stessi Paesi del Sud globale”.
Insomma: gli esempi potrebbero continuare e OXFAM si sofferma anche su quella che chiama debitocrazia, ossia il meccanismo attraverso cui le oligarchie costringono – attraverso l’aumento del debito pubblico degli Stati nazionali – a tagli sociali e privatizzazioni utili ai loro interessi, ma di questo abbiamo già parlato tante volte. Quello che è sicuro, è che se anche voi fate la vostra parte e continuate a sostenerci condividendo i nostri video, iscrivendovi ai nostri canali e aderendo alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal, vi promettiamo che l’unica informazione che sentirete non è quella dei media al servizio di queste oligarchie.

E chi non aderisce è Giorgia Meloni

OttolinaTV

4 Ottobre 2024

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