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Meloni e la destra ZTL: come dichiararsi patrioti e poi vendersi per servilismo e per denaro

Quella oggi al governo è la classica destra ZTL, ossia la variante finto-sovranista e finto-conservatrice di quel partito unico neoliberista che ha, in questi anni, distrutto lo stato sociale italiano e ha svenduto il suo popolo alle oligarchie economiche straniere; prima Berlusconi, adesso Meloni: bravissimi a prendere per il culo le classi popolari parlando di interesse nazionale e di libertà e poi sempre pronti, una volta al governo, a privatizzare settori nazionali strategici, a prendere ordini dal padroncino d’oltreoceano in nome della presunta difesa comune dell’Occidente e a tagliare fondi pubblici destinati alla cura e all’emancipazione degli ultimi. Ormai è evidente a tutti: l’unico obiettivo politico della destra ZTL è da sempre soltanto la conservazione del regime aumentando – nel frattempo – il più possibile il proprio profitto e la propria impunità (e quella degli imprenditori che la finanziano) perché pensare che ai Salvini, ai Toti e alle Santanchè di turno interessi veramente qualcosa della patria, dei valori tradizionali e della sacralità famiglia fa ridere soltanto a pensarci; e su questo non c’è davvero molto altro da dire.
Molto più interessante invece – come fa Alain De Benoist, forse il più grande intellettuale di destra degli ultimi 50 anni – è rivolgersi a chi in questi valori ci crede per davvero e mostrare loro come le attuali classi dirigenti di destra europee (la destra ZTL, appunto) sono quanto di più lontano dalla vera cultura di destra: è la destra ZTL il più grande pericolo per i valori tradizionali, sostiene De Benoist, non certo i musulmani, i cinesi o Fabio Fazio, come invece sembrerebbe sfogliando un qualunque giornalaccio della finta destra. E questo per una ragione semplicissima: sovranità nazionale, vita etica e valori della tradizione – sostiene, giustamente, il filosofo francese – sono infatti totalmente incompatibili con l’economia e la cultura capitalista e con lo status di provincia asservita dell’Europa, ossia con quei fondamenti strutturali della nostra politica nazionale ed europea che destra ZTL e sinistra ZTL condividono pienamente da 30 anni e mai si sognerebbero di mettere in discussione. Se quindi la destra volesse veramente fare la destra, riflette il filosofo francese, la smetterebbe di inventarsi nemici esterni immaginari: metterebbe la propria classe dirigente di fronte alle proprie responsabilità e tradimenti e la costringerebbe a combattere il capitalismo neoliberista e l’occupazione straniera, altrimenti continueremo ad assistere al ridicolo spettacolino che ci offrono tutti i giorni queste maschere prive di qualsiasi onore e coerenza e continueremo a vedere i rappresentanti della destra ZTL riempirsi la bocca di patria e sovranità e, al tempo stesso, essere i primi cantori dell’occupazione militare americana del nostro suolo e della presunta unità tra i nostri e loro interessi; oppure riempirsi la bocca con il primato e la salvaguardia dell’interesse nazionale e poi essere i primi che, per un po’ di profitto in più o per far contento qualche imprenditore amico, non ci pensano due volte a privatizzare aziende pubbliche strategiche, tagliano i fondi alla sanità e affermano di voler trasformare la comunità nazionale in un’azienda. E, infine, riempirsi la bocca di difesa dei valori tradizionali di religione e di sacralità della famiglia e, al tempo stesso, promuovere attivamente un ordine economico e culturale – quello neoliberista – che nulla ha a che vedere con il cristianesimo e con le nostre tradizioni e che è, invece, fondato sull’importazione dei modelli culturali anglosassoni, sull’individualismo consumistico e sulla lotta di tutti contro tutti in nome del mitologico libero mercato.
Insomma: con la destra ZTL si raggiungono vette di viltà e ipocrisia quasi irraggiungibili e, a ben vedere, l’unica grande fortuna della destra ZTL in questi anni (fortuna che gli ha permesso di avere un maggiore consenso elettorale rispetto alla sinistra ZTL) è che non esistendo praticamente intellettuali e una cultura di destra degni di questo nome, ed essendo in Italia i principali giornali di destra proprietà dei partiti di riferimento, la sua classe dirigente finto-patriottica e finto-conservatrice ha agito sostanzialmente indisturbata alla svendita del proprio paese e al tradimento dei propri valori senza che, praticamente, nessuno da destra gliene chiedesse conto. In questo video, allora, parleremo di De Benoist e alcune altre rare eccezioni che, invece, hanno deciso di non prostituire i propri valori al capitale e al denaro e, per questo, non hanno mai smesso in questi anni di incolpare la propria parte politica per la propria sfacciata ipocrisia.

Alain De Benoist

Quando parlate con un rappresentante medio della destra ZTL, sembra che i nemici dei suoi valori vengano sempre dall’esterno: dall’eccessivo numero di ristoranti turchi nel quartiere, dai sempre sospettosi musulmani che potrebbero reclutare terroristi nelle nostre città e, adesso, dai cinesi comunisti che stanno per costringere l’Occidente ad una nuova guerra di civiltà; la possibilità che i nemici dei loro professati valori, veri o di facciata che siano, ce li abbiano in casa – e, in particolare, nelle dinamiche strutturali del capitalismo degli ultimi 40 anni – è solitamente qualcosa che va oltre le loro capacità di analisi e preferiscono pacificarsi la coscienza pensando che sia tutta colpa dei sinistroidi alla Roberto Saviano e alla Luciana Litizzetto la cui colpa sarebbe quella di essere troppo aperti e tolleranti con i presunti nemici dell’Occidente e dei suoi valori. Ma andiamo con ordine; come ci ricorda il professore di filosofia teoretica Vincenzo Costa nel suo ultimo libro Categorie della politica, per semplicità possiamo distinguere almeno quattro tipi di destra: “1) la destra neoliberale, che propugna il mercato capitalistico spacciato per libero mercato; 2) la destra conservatrice, preoccupata di mantenere la continuità della tradizione; 3) la destra fascista, a sua volta articolata e complessa e 4) la destra reazionaria, che vorrebbe ripristinare un mondo gerarchico su base aristocratica.” Ora, se la destra reazionaria è praticamente scomparsa nel ‘900, quella fascista e conservatrice erano ancora ben presenti in Italia fino alla fine dello scorso secolo prima di lasciare il posto all’unica destra compatibile con il capitalismo neoliberista e l’egemonia americana in Europa e, cioè, la destra liberista, la destra ZTL, quella che continua a fare riferimento a parole d’ordine delle altre destre come i valori tradizionali, la religione e la sovranità nazionale come mera propaganda e tentativo di accalappiare voti tra le fasce popolari ancora affezionate a questi temi.
Temi che la destra ZTL è naturalmente sempre pronta a gettare a mare quando entrano in conflitto con le forme economiche e culturali del capitalismo e con gli interessi dell’impero americano nel mondo; così, se la sinistra al caviale, come la chiama De Benoist, ha reciso completamente i propri legami con la tradizione socialista e del popolarismo cattolico, la destra lo ha fatto – oltre che con la tradizione cristiana a cui ancora la vecchia borghesia italiana faceva riferimento – anche con la destra sociale novecentesca, tradizioni politiche che erano ancora legate ad un’idea del primato della politica sul mercato, dell’interesse nazionale contro ogni ingerenza esterna e del rifiuto di forme culturali all’apparenza moderne solo perché di origine anglosassone. La destra ZTL, insomma, ha rinnegato le proprie origini e il proprio timbro religioso, nazionalistico e comunitario in nome del profitto e della merce: Dio, Patria e famiglia sono rimasti insomma, per quelli della destra ZTL, slogan puramente estetici e di rito, buoni giusto per darsi un tono da uomini forti nelle discussioni politiche, ma nei fatti privi di qualunque implicazione e conseguenza pratica, sia nella sfera privata che in quella pubblica. “Un cambiamento divenne visibile già nel passaggio dal MSI ad Alleanza Nazionale” scrive Costa “così come emerge nell’elaborazione di colui che fu, forse, il più importante ideologo di quella svolta, cioè Alessandro Campi. È così emersa una destra che usa le nozioni di tradizione, conservazione, identità come meri simulacri perché, da un lato, promuove un ordine liberale che stermina le solidarietà sociali e le forme di legame tramandate dalla tradizione proprio mentre, dall’altro, cerca di conservarle come souvenirs”; per questo, conclude, “La destra sociale e tradizionalista ha perso le sue caratteristiche per assumere i connotati di una più accettabile e moderna destra liberista in economia e con qualche richiamo di colore, quasi più estetico che altro, alla tradizione e ai valori tradizionali.” Il fenomeno di Berlusconi come leader della destra italiana fu, in questo senso, emblematico: una figura priva di qualsiasi onore e senso dello Stato capace di frodare il fisco e aprire fondi in paradisi fiscali pur di non contribuire all’interesse nazionale, una figura che parlava di voler trasformare la patria in un’azienda, una figura che con il cristianesimo non aveva mai avuto nulla a che fare e figurarsi con la famiglia tradizionale, capace – nonostante tutto ciò – di farsi passare per uomo di destra. Certo che hanno davvero avuto poca stima di se stessi e delle proprie idee gli elettori di destra in questi anni, ma, insomma, chiediamoci finalmente: perché il patriottismo, la religione e i valori tradizionali sono incompatibili con l’economia e la cultura del capitalismo neoliberista?
La cosa migliore da fare è ascoltare le riflessioni di Alain De Benoist nel suo testo Populismo: la fine della destra e della sinistra: il capitalismo, sottolinea il filosofo francese, è infatti una forza rivoluzionaria e totalitaria che distrugge tutto quello che incontra; il suo fine è quello di imporre la logica dell’interesse economico, del profitto e della merce in ogni ambito della vita individuale e comunitaria e, per farlo, distrugge ogni tradizione e visione del mondo alternativa alla propria che potrebbe rappresentare una resistenza e un ostacolo al proprio sviluppo. Nulla è sacro per il capitalismo: tutto può essere venduto e mercificato e non esistono valori superiori ai valori puramente economici; non è un caso, quindi, che Dio, Patria, famiglia, in quanto valori potenzialmente immuni e superiori a quelli economici e alle logiche del profitto e del mercato, siano stati praticamente spazzati via proprio negli ultimi 40 anni e, cioè, proprio nella fase neoliberista del capitalismo, cioè quella fase in cui il capitalismo è riuscito a fare quasi piazza pulita del nostro passato e non ha più incontrato ostacoli al proprio sviluppo. Sviluppo – ricordiamolo – di cui destra e sinistra ZTL sono le compiute espressioni politiche. Scrive De Benoist, che poi cita alcune celebri affermazioni di Marx: dove è giunto il capitalismo, esso “ha dissolto ogni condizione feudale, patriarcale, idillica. Ha distrutto spietatamente ogni più disparato legame che univa gli uomini al loro superiore naturale, non lasciando tra uomo e uomo altro legame che il nudo interesse, lo spietato pagamento in contanti. Ha fatto annegare nella gelida acqua del calcolo egoistico i sacri fremiti dell’esaltazione religiosa, dell’entusiasmo cavalleresco, del sentimentalismo piccolo borghese. Ha risolto nel valore di scambio la dignità della persona e ha rimpiazzato le innumerevoli libertà riconosciute e acquisite con un’unica libertà, quella di un commercio senza freni.”
Il capitalismo, insomma, si fonda sulla distruzione sistematica di tutte le forme culturali e dimensioni della vita privata e pubblica che eccedono la logica dell’interesse egoistico ed economico: “Se la logica del capitalismo di consumo è quella di vendere qualunque cosa a chiunque” scrive De Benoit “gli è indispensabile eliminare uno ad uno tutti gli ostacoli culturali e morali (tutti i tabù, nella neolingua liberale e mediatica) che potrebbero opporsi alla mercificazione di un bene o di un servizio”. L’idea di una superiore comunità nazionale, che dovrebbe essere anche un valore di destra, si basa sull’idea di una comunità in cui vigono logiche di solidarietà e sacrifici reciproci per salvaguardare l’interesse collettivo e per il quale, nei casi estremi, si è anche pronti a sacrificare la vita: ecco, tutto questo è completamente incompatibile con le logiche individualistiche ed economicistiche del capitalismo. L’idea che esista una vita dopo la morte che impone doveri e sacrifici in questa vita (come pensa il cristianesimo) e che implichi magari un freno alla ricerca del piacere immediato, al profitto e alla ricerca della felicità attraverso il consumo di merci esclusive, è assolutamente incompatibile con il capitalismo; l’idea che esista una cellula comunitaria, la famiglia, in cui non vigono rapporti di mero scambio di favori e interessi economici reciproci, ma in cui valgono logiche di solidarietà, dono e appartenenza, è qualcosa di insopportabile per il capitalismo, e l’idea – ancora – che in una comunità esistano delle tradizioni e dei costumi provenienti dalla storia di un popolo e dal suo rapporto con la terra e con la vita circostante, è un qualcosa di potenzialmente pericoloso per il capitalismo perché sono possibili visioni del mondo e significati della vita alternativi a quelli del consumo e della merce.
Alla luce di tutto questo – quantomeno a partire dai tanto amati Thatcher e Reagan – la destra del denaro, pur avendo continuato (per propaganda e marketing elettorale) a fare riferimento alla famiglia, alla nazione, alla religione e ai valori tradizionali, ha poi nei fatti portato avanti politiche ultracapitaliste che tutte queste dimensioni le ha materialmente distrutte; la destra del denaro e la sinistra del caviale hanno così insieme, in questi anni, diffuso senza più incontrare limiti e resistenze la riduzione del valore del mondo a merce, del pianeta a parco giochi dei ricchi e della vita a mero intervallo tra la nascita e la morte in cui non resta che cercare di godere il più possibile consumando i prodotti più esclusivi. Hanno così creato la figura antropologica dell’infelice atomo consumatore che, permanentemente privato di passioni utopiche e di appartenenza alla propria terra e comunità, non crede più in nulla se non nel mercato; hanno svuotato le nuove generazioni di ogni spirito critico e di ogni legame con le identità e con le tradizioni, privandoli così degli strumenti culturali per opporre qualunque resistenza alla violenza del nichilismo economico. In nome del mitologico mercato hanno poi deregolamentato la finanza e il lavoro rendendo questi stessi giovani precari il più a lungo possibile, impedendo loro di formare una famiglia e rendendoli quanto più ricattabili possibile dalle oligarchie economiche; infine, hanno promosso l’imperialismo americano nel mondo come strumento armato della globalizzazione capitalista e come imposizione, attraverso le sanzioni economiche e le bombe, di questa unica, nichilistica visione del mondo a tutti i popoli nella terra.
Per tutto questo noi non finiremo mai di ringraziare i popoli resistenti, i cosiddetti Stati canaglia, per aver resistito (e, forse, fatto fallire per sempre) questo progetto di imposizione, in ogni angolo del globo, del nichilismo capitalistico e dell’egemonia del suo braccio armato. Si chiede però amareggiato De Benoist: “Come ha potuto la destra, legata per sua natura alla conservazione, sostenere tanto costantemente un sistema capitalistico così distruttore di tutto ciò che essa intende conservare?”. Anche in politica estera, riflette “Dopo il 1945, nel contesto della guerra fredda, l’antisovietismo ha portato la destra a solidarizzare con un mondo libero dominato dall’imperialismo americano, che essa ha rumorosamente sostenuto nelle sue imprese predatrici, tanto politiche e commerciali quanto belliche (ricordiamo le manifestazioni di solidarietà con il regime molto corrotto del Vietnam del Sud), facendola così ritrovare all’avanguardia di una difesa dell’Occidente che, in ultima analisi, altro non era che la difesa dell’internazionale del Capitale.” Insomma: la destra del denaro, conclude De Benoist, distruggendo tutte le altre culture di destra in quanto potenzialmente anticapitaliste, è solo l’altra espressione vincente dell’occupazione americana nel nostro Paese (e delle nostre coscienze) e dell’eterna lotta di classe dall’alto verso il basso. E non è sempre stato così: “In passato” riflette De Benoist “le poche volte in cui la destra ha sviluppato una dottrina economica e sociale, lo ha sempre fatto con la dichiarata intenzione di mettere fine alla lotta di classe. Questa volontà di riconciliare il padrone e l’operaio, il capitale e il lavoro, spesso per mezzo di una mistica dell’unità nazionale, la si ritroverà anche nel fascismo. La grande idea è sempre quella di armonizzare gli interessi in campo, invece di opporli. Si mirava alla pace sociale, sforzandosi di convincere lavoratori e padroni che i loro veri interessi sono comuni.” Si potrebbe certo ribattere qualcosa a questa ricostruzione del fascismo di De Benoist, ma tant’è; ma quello che è sicuro è che non ci si può aspettare nulla di buono dalla destra ZTL, ossia quella classe dirigente che ha venduto – probabilmente in contanti – tutti i propri valori (perché il contante è importante!), si è prostituita all’occupante straniero e che ha poi avuto persino il coraggio di incolpare gli altri per tutto questo – che fosse la cosiddetta sinistra, qualche disgraziato sbarcato a Lampedusa o i presunti nemici esterni dell’Occidente. Che dire: tanta roba! Voi sì che siete uomini d’altri tempi, di principio, e tutti d’un pezzo!
La buona notizia è, però, che adesso anche tu puoi decidere di smettere di farti prendere in giro dalla propaganda dei tuoi beniamini al governo e dei pennivendoli al loro libro paga e, magari, cominciare a pretendere da loro un minimo in più di coraggio, statura morale e senso dello Stato. E se anche tu hai voglia di lasciarti alle spalle questo ridicolo teatrino messo in piedi dalla destra e dalla sinistra ZTL per difendere con le unghie il regime e non permettere di cambiare le cose, aiutaci a costruire un media che ti racconti il mondo dagli occhi degli interessi italiani, europei e del 99 per cento: aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal.

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OttolinaTV

22 Maggio 2024

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